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Borsa: l’Europa teme più Covid che Trump, fermento sui Bond

Wall Street ignora la bufera su Capitol Hill e i listini europei guardano ai timori Bce sulla pandemia piuttosto che a Trump. Treasury Note in rialzo. Del Vecchio critico su Mps-Unicredit

Borsa: l’Europa teme più Covid che Trump, fermento sui Bond

Borse quasi piatte in Europa dopo la folle giornata politica di Washington. Piazza Affari, la borsa peggiore, è in lieve ribasso (-0.26% a 22.675 punti) a fronte del rialzo di Francoforte +0,43% e i progressi meno marcato del resto dell’Eurozona.  I futures sul Nasdaq e sull’indice S&P segnalano progressi attorno al mezzo punto percentuale. 

Il Btp decennale tratta a 0,58%, spread a 109 punti.  Il dollaro è poco mosso nei confronti delle principali valute. 

Petrolio Brent a 54,2 dollari il barile, in ribasso dello 0,2%.
Le scorte di greggio degli Stati Uniti sono scese di circa 8 milioni di barili, molto più del previsto. L’Arabia Saudita, dopo essersi accollata buona parte dei tagli alla produzione decisi dall’Opec +, ha deciso di alzare i prezzi ai clienti dell’Asia e del Nord America. Eni -0,3%. Tenaris +1%

La crisi istituzionale americana, vista da Wall Street, è durata meno di ventiquattr’ore. Questa almeno è l’impressione che emerge dalla serenità, se non l’indifferenza, con cui le piazze finanziarie guardano alle contorsioni di Donald Trump che oggi tenta di minimizzare l’accaduto. Sembra pesare di più almeno nell’Eurozona, la preoccupazione “per l’impatto della pandemia sull’attività economica più pronunciato nel breve termine e una debolezza dell’inflazione più duratura rispetto a quanto precedentemente previsto” segnala il primo Bollettino Economico della Bce nel 2021.  Ma conforta il recupero degli ordini all’industria tedesca, saliti del 2,3% in novembre. 

Più attenzione, comunque, riscuotono le prossime mosse della nuova amministrazione di Washington dopo che la vittoria dei democratici in Georgia ha consegnato a Joe Biden (e al neo segretario al Tesoro Janet Yellen) la maggioranza necessaria per sviluppare una politica espansiva: Mitch Mc Connell, il mastino repubblicano al Senato (mercoledì protagonista di  vibrato rifiuto  alle richieste di Trump) lascia l’incarico di portavoce della Camera al democratico Charles Schumer  di New York, senz’altro sensibile ai guai finanziari della Grande Mela a rischio default.

Le aspettative di incrementi della spesa pubblica in grado di risollevare l’inflazione negli Stati Uniti, stanno buttando giù le obbligazioni: il Treasury Note a dieci anni arriva a 1,04% di rendimento, massimo da marzo. La curva dei tassi di mercato, espressa dal differenziale tra il rendimento del decennale ed il biennale, è sempre più ripida: stamattina tra dieci anni e due anni ci sono 90 punti base, massimo degli ultimi tre anni.

Continua a Milano la corsa di Buzzi  +2,28%, giudicato un buon modo per sfruttare gli investimenti nelle infrastrutture della nuova amministrazione Usa. In tensione anche le banche. L’attesa di un merger spinge Bper +2,64%. 

Ritraccia invece Unicredit -0,59% dopo il rally di mercoledì: per Fidentiis la banca milanese “non ha 14 miliardi di crediti deteriorati, ma solo 10 miliardi”. Quindi l’accordo con il Tesoro per favorire il merger con Mps -0,80% potrebbe tecnicamente coinvolgere anche 4 miliardi di crediti Unlikely to pay che incidono per circa un terzo dei 12 miliardi totali (dati alla fine del terzo trimestre).  Credit Suisse abbassa il target price a 8,80 euro. Il Sole24 Ore riporta che una parte dei soci, tra cui la Delfin di Leonardo Del Vecchio, la Fondazione CariVerona e la Fondazione Crt, non gradiscono l’ipotesi di una fusione con Banca Monte Paschi [BMPS.MI]. Tutti insieme, questi azionisti valgono circa il 5% del capitale. 

Si ridimensiona anche l’appeal per Cnh +0,36% anche se gli analisti giudicano con favore la possibile cessione di Iveco ai cinesi di Faw. 

Guadagni superiori al 2% per Prysmian e Poste Italiane.

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