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Usa, i fan di Trump assaltano il Congresso: è quasi un golpe

L’assalto con le armi al Campidoglio Usa provoca scontri, feriti e quattro morti, ma alla fine il Congresso ratifica la vittoria di Biden, che ha conquistato anche la maggioranza in Senato con il successo in Georgia – Trump alla fine si arrende: “Ci sarà una transizione ordinata” – Imbarazzante Conte: condanna i fatti ma non cita Trump

Usa, i fan di Trump assaltano il Congresso: è quasi un golpe

Negli Stati Uniti va in scena un incredibile tentativo di golpe antidemocratico. Mercoledì 6 gennaio, il giorno in cui il Congresso si riunisce per la ratifica finale dell’elezione di Joe Biden alla presidenza, Donald Trump scatena un assalto violento alla sede parlamentare di Washington, incitando una folla dei suoi sostenitori più fanatici ad agire. L’obiettivo dei facinorosi è occupare il Congresso per tutta la notte, al fine di bloccarne i lavori e impedire così la nomina di Biden, che Trump continua a contestare, malgrado tutti i suoi ricorsi legati a presunti brogli siano stati rigettati dalle autorità per insufficienza di prove.  

All’inizio del pomeriggio, Trump arringa migliaia di manifestanti riuniti di fronte alla Casa Bianca su sua istigazione: “Non ammetterò mai di aver perso – dice – e se Pence fa la cosa giusta, ho vinto io. Le elezioni americane sono peggiori che nel Terzo Mondo”.

Tra i suoi sostenitori ci sono anche gruppi in tuta mimetica, forse armati, che hanno preparato l’assalto al congresso scambiandosi messaggi sui social network. Facebook ha chiuso (troppo tardi) le pagine in cui i raid a sorpresa sono stati organizzati. All’una alcuni gruppi si muovono verso il Congresso, dove sta cominciando l’altra insurrezione, quella capitanata dal senatore del Texas Ted Cruz e da un’altra dozzina di trumpiani, più un centinaio di deputati repubblicani alla Camera decisi a seguire Trump contestando fino all’ultimo l’esito delle elezioni.

All’esterno, i rivoltosi premono contro un cordone di polizia del tutto insufficiente e intorno alle tre riescono a fondare, penetrando all’interno del Congresso, dove si lasciano andare ad atti di vandalismo e di saccheggio. Colpi d’arma da fuoco sparati dalla polizia uccidono una manifestante, Ashli Babbit.

Solo alle tre e mezza, Trump twitta: “Niente violenza, ricordatevi che siamo il partito della legge e dell’ordine”. Intanto, la sindaca di Washington ordina lo stato di emergenza e il coprifuoco a partire dalle sei; misure in seguito estese per altri 15 giorni, ovvero il tempo necessario a concludere la transizione presidenziale. Alle tre e 45 vengono mobilitati 1.100 uomini della Guardia nazionale per aiutare una polizia allo sbando (la loro assenza al momento dell’assalto sarà oggetto di polemica, visto che tre giorni prima la sindaca della capitale aveva chiesto che fossero presenti).

A quel punto arriva un altro tweet di Trump, che non condanna affatto l’accaduto: “Siete stati vittima di un’ingiustizia – scrive – So come vi sentite. Ma andate a casa, e fatelo in pace”.

Poco dopo le 16 prende la parola Biden: “La democrazia è fragile; è in corso un attacco alla nostra libertà, allo Stato di diritto, alla sovranità popolare”. Il senatore repubblicano Mitt Romney, ex candidato alla Casa Bianca contro Obama, non ha dubbi: “Quello che sta accadendo è colpa di Trump”. E l’ex presidente George W. Bush ha rincarato la dose: “È così che i passaggi di potere avvengono nelle repubbliche delle banane”.

L’episodio è talmente grave che il vice di Trump, Mike Pence – chiamato a presiedere la sessione speciale del Congresso – scrive una lettera pubblica per prendere le distanze dal presidente uscente, dissociandosi dal tentativo di sovvertire con la violenza il risultato del voto popolare. “Amo la Costituzione – si legge nel testo – e questa non mi dà l’autorità unilaterale per decidere quali voti devono essere contati”.

Non fa sconti a Trump nemmeno il capogruppo repubblicano al Senato, Mitch Mc Connell: “Guai a noi se creiamo questo precedente pericoloso, per cui un partito sconfitto alle elezioni usa il Parlamento per capovolgere la volontà degli elettori. Un giorno questo si ritorcerebbe contro di noi”.

Alla fine è proprio Pence a riportare l’ordine, disubbidendo al suo superiore e schierando la Guardia Nazionale. I vertici parlamentari riprendono a tarda sera i lavori interrotti e poco prima di mezzanotte bocciano gli ultimi ricorsi contro la vittoria di Biden, proclamandone ufficialmente l’elezione. Un segnale di ritorno alla normalità dopo ore di follia golpista che ha prodotto in tutto quattro morti e 13 feriti.

Malgrado tutto, alla fine Biden ne esce rafforzato, perché nelle stesse ore ha conquistato i due seggi senatoriali della Georgia che gli consegnano una maggioranza omogenea nei due rami del Parlamento.

Intanto, Trump è stato bannato temporaneamente dai principali social media: Twitter, Facebook e Instagram. Il Presidente uscente ha quindi pubblicato un comunicato che sa molto di resa: “Anche se sono totalmente in disaccordo con il risultato delle elezioni ci sarà una transizione ordinata verso il 20 gennaio“, giorno del giuramento e dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca. “È la fine del più grande mandato presidenziale della storia, ma è solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande. Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che solo i voti legali contino”.

“La violenza è incompatibile con l’esercizio dei diritti politici e delle libertà democratiche”, ha commentato il premier italiano, Giuseppe Conte, che però non ha mai citato Trump, suscitando imbarazzi nella maggioranza. Parole di condanna sono arrivate anche da tutti i leader europei, da Merkel e Macron a Von der Leyen passando per Johnson, ex amico di Trump.

Proteste si sono sollevate anche dal mondo dello sport americano. Hanno fatto breccia soprattutto le parole di Doc Rivers, uno dei più celebri allenatori della Nba: “Riuscite a immaginare cosa sarebbe successo, oggi, se ad irrompere nel Congresso fossero state tutti manifestanti neri?”.

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