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Bestsellers italiani dal fascismo ad oggi e da Moravia a Camilleri

Pubblichiamo la seconda parte del saggio di Michele Giocondi nel volume “Schermocracy. Libro o ebook” edito da goWare, in cui si passano in rassegna i maggiori casi letterari italiani che vanno dal periodo tra le due guerre, con la nascita dei mass media, fino ad oggi quando la scena inizia ad essere dominata dai nuovi media – Da Moravia a Camilleri

Bestsellers italiani dal fascismo ad oggi e da Moravia a Camilleri

Il periodo tra le due guerre

Con il primo dopoguerra nacque una nuova generazione di scrittori che si impose all’attenzione del pubblico e vi rimase saldamente per almeno un paio di decenni, e in qualche caso anche di più. Sono nomi oggi pressoché sconosciuti, ma che allora furoreggiarono, con un seguito formidabile di lettori: Guido Da Verona, Mario Mariani, Pitigrilli, Virgilio Brocchi, Salvator Gotta, Lucio D’Ambra, Guido Milanesi, Angelo Frattini, Arnaldo Fraccaroli, Achille Campanile, Liala, Gianni Mura, Nino Salvaneschi, solo per citare gli autori seriali. Non mancarono anche nomi che si imposero, con un solo titolo, come Giovanni Papini con la sua Storia di Cristo, o Aldo Palazzeschi con l’indimenticabile Sorelle Materassi, per non parlare poi di Giorgio Pini, autore di Mussolini che risulta il bestseller di maggior successo del periodo, tallonato da Dux di Margherita Sarfatti.

Da Verona e Pitigrilli

I casi più eclatanti furono quelli di Guido Da Verona e di Pitigrilli. Il primo era salito alla ribalta nel 1908 con L’amore che torna, ma il grande successo venne alcuni anni dopo con Colei che non si deve amare del 1911 e Mimì Bluette, fiore del mio giardino del 1916, il volume che in migliaia e migliaia di copie circolava nelle trincee ad allietare, per quanto possibile, la vita dei nostri poveri soldati al fronte. Con questi titoli Da Verona raggiunse le 300.000 copie, tiratura altissima a quei tempi. A essi seguì quasi annualmente una serie di altri romanzi, molto apprezzati dai lettori, sia pur in maniera inferiore. La sua fortuna, grazie a quel suo stile dannunziano, in grado però di raggiungere livelli di vendita di cinque, sei volte superiori a quelli del suo maestro, non ebbe uguali nel periodo, se si eccettua, appunto, Pitigrilli.

Il suo fu un caso un po’ diverso in quanto a modalità di successo, ma sempre della stessa entità. Pitigrilli si impose nel 1920 in maniera bruciante, senza alcuna anticamera, dove pure aveva dovuto un po’ sostare Da Verona. Per lui fu un successo immediato con bestseller da 300.000 copie a titolo, fin dal primo libro che fu Mammiferi di lusso, seguito da Cocaina, La cintura di castità, Oltraggio al pudore e altri, che lo mantennero sempre nei primissimi posti delle classifiche librarie, anche grazie all’attività giornalistica che svolse con uguale successo almeno fino agli anni Quaranta. Dopo la guerra emigrò in Sud America, dove riprese la sua intensa attività, senza però più raggiungere neppure lontanamente i livelli di vendita precedenti.

Una produzione di scarsa qualità

Di questa produzione di bestseller, che coincise grosso modo con il ventennio del fascismo, si può ricordare oggi la scarsa qualità letteraria. Gli autori e i titoli più venduti furono di livello artistico e letterario scadente, pur con qualche rilevante eccezione. Non è quindi una grandissima perdita per la cultura e la storia letteraria del nostro paese se ne è persa in fretta la memoria.

È un po’ quello che si suppone possa avvenire anche ai nostri tempi, con i tanti nomi furoreggianti al botteghino, ma dei quali forse pochi reggeranno all’urto del tempo, e resteranno solo come documento del gusto di un’epoca. Ma questa sembra essere la sorte della grande maggioranza dei bestseller.

Una eccezione importante può essere costiyuito dal romanzo d’esordio di Alberto Moravia, Gli indifferenti, uscito nel 1929. Il libro di Moravia ottenne sin da subito un enorme successo di pubblico e di critica. Un certo alone di scandalo per i fatti e le vicende descritti nel libro, portò al successo popolare l’opera che però venne criticata dalla classe dirigente di quel periodo per la sincerità realistica e cruda in esso contenuta.

Dal dopoguerra agli anni Ottanta

Nel dopoguerra, in particolare dagli anni Cinquanta ai Settanta, il distacco evidenziato fra valori letterari e alte tirature fu molto meno marcato che nel ventennio precedente. In questo periodo, cioè, si ebbero numerosi casi di bestseller di qualità, che si sono stabilmente inseriti nelle storie della letteratura, a riprova del loro elevato tasso artistico. Ci riferiamo ad autori come Carlo e Primo Levi, Pier Paolo Pasolini, Giorgio Bassani, Carlo Cassola, Alberto Moravia, Italo Calvino, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Dino Buzzati, Vasco Pratolini, Ignazio Silone, Leonardo Sciascia, Elsa Morante: scrittori che hanno ottenuto alti livelli di vendita grazie a opere di buona, se non di ottima, qualità.

In sostanza in questi decenni, caratterizzati da una grossa crescita dell’economia nazionale, che è riuscita a colmare il secolare distacco con i paesi più sviluppati del continente, si ebbe la presenza di bestseller di alto livello, quale non si era mai vista in precedenza. Romanzi come Cristo s’è fermato a Eboli, Se questo è un uomo, Una vita violenta, Il Gattopardo, Il giardino dei Finzi Contini, La ragazza di Bube, Fontamara, Metello, La noia, Il giorno della civetta, La storia, solo per citarne qualcuno, pur con le dovute differenze e vicissitudini nelle loro vicende editoriali, sono opere di sicuro tasso artistico, che hanno appassionato i lettori di quei decenni, trionfando anche nelle vetrine dei librai. Non mancarono, ovviamente, anche opere di scarso valore letterario fra i bestseller, ma la tendenza prevalente presso il pubblico è stata quella di premiare opere che hanno rappresentato il meglio della nostra narrativa.

Il Gattopardo

Un caso emblematico di quel periodo è stato Il Gattopardo, che fu il bestseller di maggior successo del periodo, e forse dell’intera storia repubblicana, e che incontestabilmente ne rappresenta anche uno dei livelli letterariamente più alti.

Interessante sarebbe ripercorrerne nei dettagli la vicenda sotto il profilo delle disavventure editoriali cui andò incontro prima della definitiva consacrazione: i rifiuti di case editrici blasonate, Mondadori ed Einaudi per prime, pur dotate di direttori editoriali assai agguerriti, capaci di cogliere il valore là dove si trovava. Eppure non riuscirono a intravedere le straordinarie possibilità del Gattopardo anche dal punto di vista dell’impatto sul pubblico.

Il romanzo alla fine, dopo tanti rifiuti, approdò a Feltrinelli, e Giorgio Bassani, che ne era il direttore editoriale, sollecitato da Elena Croce, figlia del grande filosofo, intuì le potenzialità del romanzo, ne curò l’editing e lo lanciò con straordinario successo nel 1958.

L’anno prima era morto Tomasi di Lampedusa, amareggiato dai rifiuti. La splendida riduzione cinematografica che ne fece Luchino Visconti nel 1963 con un cast di attori di primario livello mondiale ampliò ancora di più la misura del successo del romanzo.ù

Eco e la Tamaro

La vicenda del Gattopardo sta a confermare anche quanto già detto in precedenza, e cioè che il bestseller è un “oggetto” molto difficile da prevedere in anticipo, a meno che non si tratti di opere di autori già affermati e con largo seguito di lettori. Ma quando si tratta di esordienti è molto difficile intuirne i pregi e la portata del successo, e molti degli scrittori, che poi sono approdati al successo hanno dovuto ricevere numerosi rifiuti. Verità questa che calza perfettamente anche per gli altri due maggiori bestseller dell’età repubblicana: Il nome della rosa di Umberto Eco e Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro.

Del primo romanzo, opera del grande semiologo, nonché storico collaboratore di Valentino Bompiani, possiamo solo dire che nessuno si aspettava un tale riscontro dal suo primo romanzo, tanto che la prima edizione fu di poche migliaia di copie e i diritti ceduti per la traduzione in America furono straordinariamente bassi, proprio perché nessuno si attendeva un esito così fortunato. Del romanzo della Tamaro basta riportare quanto ha scritto di lei il maggior esperto di editoria del paese, Gian Carlo Ferretti, nel recente volume Siamo spiacenti (Bruno Mondadori, Milano, 2012, p. 175), e cioè che ricevette ben 53 rifiuti prima di riuscire a pubblicare il suo libro dalla fortuna poi calcolata in diversi milioni di copie.

Il caso della Fallaci

Il caso di Oriana Fallaci, cui si debbono alcuni reportage giornalistici di grande successo e alcuni romanzi che raggiunsero altissime tirature, come Lettera a un bambino mai nato, Un uomo, Insciallah, può essere presa invece a testimonianza, di come sia facile, una volta raggiunti i vertici delle classifiche librarie, tornarci con le opere successive. Tutti i suoi libri, infatti, dopo essere diventata un’autrice di punta, hanno conseguito alti risultati di vendita, fino all’ultimo Un cappello pieno di ciliege uscito nel 2008 dopo la morte.

E questa semplice e scontata verità vale per tutti gli autori, che una volta composto un bestseller si sono poi trovata la strada spianata per le successive realizzazioni, a partire dallo stesso Eco, che dopo la clamorosa affermazione del Nome della rosa ha centrato ogni volta l’obiettivo con gli altri romanzi, sino alla recente e ultima opera, Numero zero, senza però mai ripeterne gli altissimi livelli di vendita.

Dagli anni Ottanta a oggi

Dagli anni Ottanta in poi i due termini del variegato mondo dei bestseller, e cioè valori letterari e alte vendite, che erano andati ad avvicinarsi nei decenni precedenti, tornarono a essere, pur con le dovute eccezioni, di nuovo distanti. Non che siano mancati libri e autori di grande spessore, che sono riusciti ad accedere ai piani alti delle classifiche librarie, come per esempio Antonio Tabucchi, Alessandro Baricco o Andrea De Carlo, ma complessivamente si può affermare che della generazione di autori che si sono imposti al “botteghino” non ne rimarranno poi molti nel pantheon della letteratura.

E i nomi di Paolo Villaggio con il suo fortunato Fantozzi, di Giorgio Saviane, di Piero Chiara, di Luca Goldoni, di Luciano De Crescenzo, solo per citare alcuni beniamini del pubblico di quegli anni, si fa fatica a immaginare che possano collocarsi sullo stesso livello dei vari Levi, Cassola, Bassani, Pasolini, Moravia, Silone, Pratolini, Tomasi di Lampedusa, Morante e via dicendo, gli autori cioè che si erano imposti nel ventennio precedente.

Il fenomeno Camilleri

Ai nostri tempi, la figura assolutamente dominante del panorama editoriale è quella di Andrea Camilleri, indiscusso leader delle classifiche librarie da una ventina di anni a questa parte. I suoi innumerevoli romanzi, sia della serie del commissario Montalbano, che di varia, sbancano ogni volta il botteghino e ne escono solo per cedere il posto al titolo successivo.

Oramai a lui si debbono un centinaio di titoli, dei quali oltre trenta dedicati al popolarissimo commissario, la cui figura si accredita di tirature di poco sotto al milione di copie a titolo, a riprova di un successo stabile, continuo, duraturo. Sotto questo punto di vista, l’autore al quale lo potremmo avvicinare come tipologia di successo è, gli chiediamo scusa in anticipo, Carolina Invernizio, autrice di oltre 120 romanzi, scritti con la regolarità dell’impiegato statale e che fece la fortuna dell’editore Salani, come Camilleri ha fatto quella della Sellerio.

Faletti e gli altri

Accanto a lui è doveroso ricordare Giorgio Faletti, autore di alcuni gialli dalle tirature ultramilionarie, Federico Moccia, Fabio Volo, Niccolò Ammaniti, Paolo Giordano, Gianrico Carofiglio, Andrea Vitali e Sveva Casati Modigliani, prolifici autori con le loro decine di titoli già all’attivo, fino ai recentissimi, Marco Malvaldi, Massimo Gramellini e chissà quanti altri abbiamo dimenticato, per limitarsi solo agli autori seriali più in voga.

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Conclusioni

Il bestseller dunque, nella frammentaria e assolutamente incompleta rassegna che abbiamo per forza di cose rappresentato, rimane l’oggetto dei sogni di ogni editore, il miraggio in grado di mettere ordine nei conti talvolta disastrati di una casa editrice, specie in un paese come il nostro che continua a rimanere complessivamente di scarsa lettura. È un oggetto misterioso alla cui caccia si affannano le innumerevoli figure che lavorano in una casa editrice e che quotidianamente sono assediati da una mole abnorme di manoscritti di esordienti, o giù di lì, che propongono le fatiche del loro ingegno con il malcelato sogno di aver finalmente partorito l’oggetto di tale spasmodica ricerca: un bestseller. Ed è proprio la quantità di proposte narrative che perviene alle agenzie letterarie e alle case editrici a costringerle a una drastica selezione, potendone pubblicare solo una frazione infinitesimale, nemmeno l’uno per cento di quanto viene loro proposto. Molti autori rifiutati dalle case editrici oggi ricorrono all’autopubblicazione in ebook che è diventato un fenomeno di grandissima rilevanza e che in alcuni casi è un viatico alla pubblicazione con gli editori maggiori.

Come dire che su duecento proposte questi ultimi riescono a pubblicarne sì e no una. E quelle che accedono alla pubblicazione cartacea hanno compiuto solo il primo passo del lungo cammino verso il successo, perché tra loro solo una ulteriore minima percentuale riuscirà a ottenere una certa visibilità fra i lettori, e fra queste un’altrettanto piccola percentuale potrà alla fine fregiarsi del titolo di bestseller. Si capisce pertanto come quello del bestseller sia il traguardo di una lunga corsa a ostacoli, cosa che ovviamente non deve scoraggiare coloro che si sentano attratti dal fascino della scrittura, ma solo renderli consapevoli della lunga gara che li attende e prepararli a una dura selezione.

Scuole di scrittura e agenzie letterarie

Questo spiega da una parte il proliferare di scuole di scrittura creativa, che proprio sulla voglia dei potenziali autori di narrare e di affermarsi hanno la loro ragione di esistere o fondano il loro business. Dall’altra il diffondersi di agenzie letterarie più o meno qualificate, che effettuano una prima cernita delle innumerevoli proposte narrative, incoraggiate dalle stesse case editrici che non sono più in grado di far fronte con i lettori ed esperti interni a tale mastodontica offerta, e delegano loro il compito di una prima selezione e di una segnalazione dei casi promettenti.

Regole per la composizione di un bestseller? Magari!

A questo punto possiamo porci la domanda centrale di tutto il discorso sin qui fatto: esistono delle regole, dei segreti, dei sistemi che permettano di comporre un bestseller? Di decaloghi più o meno attendibili ne circolano molti, e tutti insistono sulla buona qualità che debba avere il testo, sulla efficacia della sua narrazione, sul rispetto di alcune regole a volte sconcertanti nella loro ovvietà. Noi riteniamo che questi decaloghi possano sì contribuire a rendere migliore un libro, a evitarne gli errori più marchiani, a correggerlo nella sua struttura, a suggerire una visibilità più accentuata al protagonista e alle figure secondarie, a caratterizzare meglio ambienti, personaggi e dialoghi, ma non siano assolutamente in grado di portare alla realizzazione di un bestseller, troppi sono gli elementi che vi concorrono e per i quali è praticamente impossibile dettarne regole ed accorgimenti.

Solo dopo che un bestseller si è imposto si potrà cercare caso mai di spiegarne i motivi del successo, ma a priori il discorso non funziona. Tanto è vero che, se fosse possibile, si dovrebbe concludere che molti direttori di collane e di case editrici sono dei perfetti sprovveduti per essersi fatti sfuggire la maggior parte dei bestseller che sono stati loro offerti, e che sono divenuti tali solo dopo una lunga serie di rifiuti. E sulla storia dei bestseller rifiutati si potrebbero citare innumerevoli altri esempi, oltre a quelli riportati, ai quali aggiungiamo solo altri due casi: la non quantificata serie di rifiuti che incontrò Marcello d’Orta per il suo milionario Io speriamo che me la cavo o i 55 rifiuti di Antonio Pennacchi per il suo bel Canale Mussolini. Per non parlare poi degli oltre 10 rifiuti incassati dalla Rowling (ma qui noi si è parlato solo di bestseller nazionali), prima di trovare un editore che pubblicasse il suo Harry Potter, forse il più grande bestseller di tutti i tempi. E di casi analoghi ne potremmo citare in quantità industriali!

Quindi, a nostro modesto parere, il bestseller rimane tuttora un oggetto assolutamente imprevedibile, non programmabile, spesso casuale, a meno che non si tratti di autori già affermati per i quali è scontato prevederne la fortuna presso i lettori.

Un discorso sempre aperto

Si conclude qui il discorso? Assolutamente no, anche perché un tema così centrale per l’editoria non può mai essere conclusivo. Diciamo solo che da una parte il bestseller necessiterebbe di una ulteriore formulazione teorica, tendente a evidenziarne meglio, anche numericamente, le caratteristiche, le dimensioni, le specificità. Dall’altra necessiterebbe di una ulteriore riclassificazione nei termini più precisi di fastseller, longseller, midseller, istantseller e via dicendo, evidenziando quindi la vasta casistica che si racchiude sotto il termine, tutto sommato generico, di bestseller. Un lavoro ancora tutto da fare, sia per i nostri tempi, che per i secoli passati, per i quali non esiste ancora una valida e completa storia del bestseller nel nostro paese, ma solo monografie, sicuramente ben curate e documentate, su questo o quell’autore, su questo o quel libro, su questa o quella casa editrice, su questa o quella epoca. Ma un quadro d’insieme ancora no.

In ogni caso il bestseller continuerà a travagliare i sogni di autori ed editori e a riproporsi, nelle sue tematiche di fondo, in termini non molto dissimili da quelli nei quali, in maniera parziale, inadeguata e incompleta, l’abbiamo affrontato noi.

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