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Bankitalia alza le stime di crescita: Pil +0,6% nel 2023. Ma senza gas russo l’Italia rischia la recessione

L’inflazione non tornerà al 2% fino al 2025, nel frattempo l’economia italiana tornerà in stagnazione con una crescita ridotta e se Mosca chiudesse i rubinetti con il rischio di recessione

Bankitalia alza le stime di crescita: Pil +0,6% nel 2023. Ma senza gas russo l’Italia rischia la recessione

L’Italia non finirà in recessione quest’anno, sempre se la Russia non taglia totalmente le forniture energetiche all’Europa. Il 2022, invece, si avvia ad essere chiuso con una crescita del 3,9% con un indebolimento nel quarto trimestre rispetto al terzo (+0,5% quest’ultimo), per effetto soprattutto dei prezzi energetici ancora elevati, della politica zero Covid in Cina, della debolezza del reddito disponibile delle famiglie (con i salari fermi) e di condizioni finanziarie meno favorevoli. Le cifre sono contenute nel Bollettino economico della Banca d’Italia e riguardano lo “scenario di base”, in cui si assume che la Russia non taglierà le forniture di energia. E poi c’è lo “scenario avverso”, in cui Mosca chiude i rubinetti all’Europa e in questo caso il Pil diminuirebbe e l’inflazione salirebbe ancora.

Nell’area dell’euro frena la crescita, mentre l’inflazione resta alta

Secondo gli indicatori congiunturali più recenti, il Pil dell’area euro sarebbe rimasto pressoché “stazionario”. L’inflazione al consumo si è mantenuta elevata (9,2% in dicembre su base annuale), benché in flessione da novembre; soprattutto a causa dei passati rincari energetici. La dinamica retributiva si è lievemente accentuata da ottobre. Il marcato recupero del tasso di partecipazione e il ristagno della produttività del lavoro – andamenti che si differenziano da quelli osservati negli Usa – insieme alle misure governative di sostegno alle famiglie hanno contribuito a contenere le richieste di aumenti salariali.

Banca d’Italia ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l’anno in corso, mentre quelle per l’inflazione sono state riviste al rialzo per il biennio 2023-24, “riflettendo la trasmissione più intensa e persistente delle pressioni all’origine ai prezzi al consumo e l’innalzamento delle stime di crescita dei salari”.

Via Nazionale, sottolinea che si tratta di una “proiezione puramente indicativa” per l’elevata incertezza, dovuta soprattutto agli sviluppi della guerra in Ucraina. E “in uno scenario in cui si ipotizza la sospensione permanente delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia all’Europa, il prodotto si contrarrebbe nel 2023 e nel 2024 – avverte – e crescerebbe moderatamente nell’anno successivo”. Per l’inflazione, Bankitalia prevede che resti elevata, con una moderazione al 6,5% nel 2023 – il dato è stato rivisto al ribasso rispetto alla stima del 7,3% dell’aggiornamento di metà dicembre – e poi un rallentamento “più marcato in seguito”, al 2,6% nel 2024 e al 2% nel 2025.

Nel quarto trimestre l’attività economica in Italia si è indebolita

Secondo le stime di Via Nazionale, in Italia l’attività si è indebolita nell’ultimo trimestre del 2022. Per due motivi: l’attenuazione del recupero del valore aggiunto dei servizi, ritornato sui valori pre-Covid già nei mesi estivi, sia la flessione della produzione industriale. La spesa delle famiglie avrebbe rallentato, nonostante i provvedimenti di sostegno al reddito disponibile in un contesto di elevata inflazione. Le imprese intervistate nell’ambito delle indagini della Banca d’Italia considerano le condizioni per investire ancora sfavorevoli.

ll disavanzo di conto corrente si è ampliato, a causa soprattutto del peggioramento del deficit energetico. Ma la posizione creditoria netta sull’estero si conferma comunque solida per Via Nazionale.

L’occupazione è cresciuta leggermente, mentre la dinamica salariale resta contenuta

ll numero di occupati è tornato ad aumentare leggermente tra ottobre-novembre, ancora sostenuto dalla componente a tempo indeterminato per effetto delle trasformazioni delle posizioni temporanee avviate nel 2021. Mentre la dinamica salariale resta contenuta, anche per il protrarsi dei processi negoziali nei servizi, dove è ancora alta la quota di dipendenti in attesa di rinnovo del contratto collettivo. Nel 2023 la dinamica salariale accelererebbe “moderatamente”.

Mercato del lavoro: confronto tra area euro e Usa

Nel Bollettino economico, Bankitalia mette a confronto il mercato del lavoro dell’area euro con quello statunitense. Nel corso del 2022 il numero di occupati nell’area dell’euro e negli Usa ha superato i livelli pre‐Covid, contribuendo a ricondurre il tasso di disoccupazione ai minimi storici. Nel terzo trimestre del 2022 era pari al 6,7% nell’area, un valore superiore di oltre 3 punti rispetto a quello degli Stati Uniti. “Differenze significative negli andamenti dell’offerta e della domanda di lavoro e della riallocazione degli occupati determinano ampie divergenze nelle condizioni del mercato del lavoro nelle due economie”.

Dopo il deciso calo durante le fasi iniziali della pandemia, nell’area dell’euro il tasso di partecipazione delle persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni è aumentato sensibilmente e si colloca attualmente sui valori massimi dall’inizio della rilevazione. Il buon andamento dell’offerta di lavoro si è associato al recupero dell’occupazione, tornata sopra i livelli precedenti la pandemia in tutti i settori ad eccezione dell’agricoltura e dei servizi.

Nonostante la più rapida e marcata ripresa dell’attività economica, che normalmente traina l’offerta di lavoro, negli Stati Uniti il tasso di partecipazione ha invece registrato un recupero molto più graduale e tuttora incompleto: nel quarto trimestre del 2022 era ancora di 0,3 punti percentuali inferiore al livello pre‐pandemico nella fascia di età tra i 16 e i 64 anni. Questa evoluzione, dato l’intensificarsi della domanda, alimenta difficoltà di reperimento del personale da parte delle imprese. Il tasso di posti vacanti ha raggiunto valori molto elevati, in particolare nei settori – come quello relativo al tempo libero, agli alloggi e alla ristorazione – in cui l’occupazione è ancora ben al di sotto dei livelli del 2019. La carenza di manodopera si è anche riflessa nell’incremento, riconducibile a cambi di posizioni lavorative, della quota relativa alle dimissioni sul totale delle cessazioni dei rapporti di lavoro.

Crescita salariale più contenuta nell’area euro che negli Usa

Anche per effetto di questi andamenti, la crescita salariale è molto più contenuta nell’area che negli Stati Uniti. Nell’area l’incremento delle retribuzioni per ora lavorata è stato del 3,1% nel terzo trimestre rispetto a un anno prima. I trasferimenti pubblici alle famiglie a fronte dei rincari energetici hanno contribuito a contenere le richieste di aumenti salariali da parte dei lavoratori. Negli Usa la dinamica retributiva è ben più marcata e si colloca al 5,2%, 3,1 punti in più rispetto alla media del decennio precedente; l’incremento delle retribuzioni è particolarmente elevato per i lavoratori che hanno cambiato impiego e nei settori in cui si manifestano maggiori difficoltà di reclutamento.

Bankitalia: prosegue l’aumento del costo del credito bancario

Tra agosto e novembre i prestiti bancari al settore privato non finanziario hanno rallentato, risentendo dell’indebolimento sia della domanda delle imprese per finalità di investimento sia di quella delle famiglie per l’acquisto di abitazioni. Il rialzo dei tassi da parte della Bce si è trasmesso al costo del credito bancario, in misura sostanzialmente in linea con l’incremento medio nell’area dell’euro. Anche in Italia le condizioni dei mercati finanziari sono nel complesso migliorate dalla metà di ottobre. Lo spread si è collocato alla metà di gennaio intorno a 185 punti base, ben al di sotto dei valori massimi raggiunti durante lo scorso anno.

Nel 2022 sono migliorati i conti pubblici

Nel 2022 si segnala anche una riduzione del disavanzo e dell’incidenza del debito pubblico sul prodotto. Nelle valutazioni ufficiali, rispetto al quadro a legislazione vigente, la legge di bilancio approvata dal Parlamento accresce il disavanzo di 1,1 punti percentuali di Pil nel 2023; il debito pubblico in rapporto al prodotto continuerebbe a diminuire, seppure a ritmi più̀ contenuti. Lo scorso novembre l’Italia ha ricevuto la seconda tranche dei fondi del PNRR, pari a 21 miliardi di euro.

La detenzione di criptoattività da parte delle famiglie italiane

Infine, uno sguardo sulle criptoattività. Negli ultimi anni l’interesse verso questi asset da parte delle famiglie è cresciuto a livello globale, anche se in modo eterogeneo tra paesi. Negli Stati Uniti il 12% degli individui adulti ha dichiarato di avere utilizzato o detenuto criptoattività nel 2022; conto il 4% dell’area euro. Banca d’Italia ha condotto un sondaggio sperimentale presso 1.700 famiglie tra giugno e luglio del 2022, in cui chiedeva alla persona di riferimento della famiglia se alla fine del 2021 all’interno del suo nucleo qualcuno possedesse criptoattività e, se sì, per quale ammontare.

Sulla base dei dati raccolti da Via Nazionale, il 2,2% delle famiglie italiane deteneva criptoattività. Analogamente a quanto avviene per le attività finanziarie tradizionali, la quota di possessori è più̀ elevata tra i nuclei abbienti: si passa dal 4,3% delle famiglie nel quartile più elevato della distribuzione del reddito a meno dell’1% di quelle nel secondo quartile. La diffusione delle cripto è inoltre maggiore tra i più̀ giovani (5,7% delle famiglie in cui il soggetto rispondente ha meno di 45 anni, a fronte dello 0,2% della fascia più̀ anziana). La percentuale è più̀ alta tra i liberi professionisti e gli altri lavoratori autonomi (6,7%); sale al 19% tra i soggetti meno avversi al rischio. Per quanto riguarda l’ammontare: due terzi dei nuclei hanno riportato di possederne fino a 5.000 euro, mentre solo l’11% ha dichiarato importi superiori a 30.000 euro.

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