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Banche, Corte Ue: gli Stati possono imporre aumenti capitale

Nel respingere il ricorso di una banca irlandese, i giudici europei hanno stabilito che, in condizioni di crisi e rischi sistemici, gli Stati possono obbligare le banche a rafforzare il capitale anche contro la volontà degli azionisti

Le singole autorità nazionali hanno diritto d’imporre aumenti di capitale alle banche in crisi finanziaria, anche contro la volontà degli azionisti. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea, respingendo il ricorso presentato dagli azionisti di una banca irlandese, Ilp, che venne sottoposta a una procedura di questo genere nel 2010.

IL CASO IRLANDESE

La giustizia irlandese aveva concluso che la Ilp non avrebbe potuto aumentare il proprio capitale minimo regolamentare dell’importo richiesto, cosicché la mancata ricapitalizzazione nel termine previsto avrebbe portato a un’insolvenza che avrebbe avuto gravi conseguenze per l’Irlanda e che avrebbe probabilmente aggravato la minaccia incombente sulla stabilità finanziaria di altri Stati membri e dell’Unione. La “High Court” irlandese aveva poi chiesto alla Corte di giustizia Ue se la direttiva europea in materia impedisse l’emissione di un’ordinanza ingiuntiva come quella adottata nel caso di Ilp.

E i giudici europei hanno dato ragione a Dublino, stabilendo che – dopo la decisione dell’assemblea generale straordinaria della Ilp di rigettare la proposta di ricapitalizzazione avanzata dal ministro irlandese –, l’ordinanza ingiuntiva fosse il solo mezzo per evitare l’insolvenza dell’istituto prevenire così una grave minaccia per la stabilità finanziaria dell’Unione.

LE RAGIONI DELLA CORTE UE

Secondo la Corte di giustizia europea, infatti, gli interessi degli azionisti e dei creditori – che pure devono essere tutelati – non possono prevalere in ogni circostanza rispetto all’interesse pubblico e alla stabilità del sistema finanziario.

I giudici rilevano perciò che l’ordinanza ingiuntiva costituisce una misura eccezionale applicabile in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro e che mira a rimediare ad una minaccia sistemica per la stabilità finanziaria dell’Unione.

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