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Baldassarri: un uovo di Colombo per salvare l’Italia e abbattere subito il debito

Mario Baldassarri, presidente della Commissione Finanze del Senato, appoggia la proposta Savona-Rinaldi per tagliare il debito pubblico e risparmiare circa 20 miliardi l’anno in conto interessi, da utilizzare per rilanciare la crescita e attenuare le tensioni finanziarie sul debito sovrano.

Baldassarri: un uovo di Colombo per salvare l’Italia e abbattere subito il debito

Secondo Christine Lagarde abbiamo tre mesi di tempo per salvare l’euro. Per Mario Baldassarri, presidente della Commissione Finanze del Senato, ne resta solo uno per salvare l’Italia.

Con una drastica operazione di dismissione del patrimonio pubblico finalizzata ad abbattere al di sotto del 100% il rapporto debito/Pil. Un’operazione coraggiosa che necessita di uno “scatto d’orgoglio” da parte della politica italiana, ha notato Vincenzo Scotti durante l’incontro di stamattina a Palazzo Marini intitolato “Il futuro dell’Europa si decide a Roma”.

Una provocazione? Forse. Ma per gli intervenuti è tempo di tirare le somme e rimboccarsi le maniche. Nota Guido Salerno Aletta: “L’Italia non è in recessione, è in depressione. Se il Pil nominale cade del 2% nel 2012, un’inflazione al 3% implica una contrazione in termini reali del 5%. Inoltre abbiamo un settore industriale in flessione del 14%, vendite di automobili a -14%, settore immobiliare in crollo (-19%), e le vendite degli immobili, secondo gli ultimi dati Istat, a -42%. L’economia è in paralisi“.

Cosa c’entra questo con le dismissioni del patrimonio pubblico? E’ presto detto: vendere quote delle proprietà immobiliari e mobiliari delle pubbliche amministrazioni permetterebbe di riacquistare i titoli in circolazione e annullarli, riducendo lo stock del debito, che attualmente veleggia verso il 124,7%.

Il debito pesa sulla crescita del paese: drena 80 miliardi di spesa in conto interessi dalle tasche degli italiani. Basti pensare che il Sistema Sanitario Nazionale costa all’erario circa 130 miliardi l’anno. Mentre il gettito dell’Iva è appena sufficiente a coprire la spesa per gli interessi.

Vendere una quota significativa (circa 380-400 miliardi) del patrimonio permetterebbe di ridurre gli interessi di una ventina di miliardi. Da restituire agli italiani sotto forma di riduzioni d’imposte o da utilizzare per ridurre il cuneo fiscale.

La proposta è stata già formulata e pubblicizzata dal duo Savona – Rinaldi, ma oggi l’endorsement da parte di Baldassarri apre nuovi scenari nelle stanze della politica. Secondo l’esponente del Terzo Polo, l’idea dei due economisti è un “geniale uovo di Colombo“. Un uovo che qualcuno, però, deve mettere sul tavolo, dal momento che il Governo, per ora, ha varato un micro-piano, del tutto insufficiente, da appena 10 miliardi, con la cessione alla Cdp di Fintecna, Sace, Simest.

Per Baldassarri l’emissione di titoli obbligazionari garantiti da asset statali, con tanto di opzione sull’acquisto posticipato dei beni, assegnati ad un veicolo ad-hoc, presenta elementi che fanno sperare in una buona riuscita dell’operazione.

Che però deve essere comunque affiancata ad un sano rigore di spesa per evitare che tra qualche anno, a patrimonio venduto, ci si ritrovi di nuovo con un debito pubblico al 120%.

In questo senso la disciplina di bilancio ha un ruolo fondamentale di stabilizzazione. Ma per come viene interpretata dal Fiscal Compact e dai parametri di Maastricht, mette in moto un ciclo perverso. Nota Baldassarri: “All’epoca di Maastricht si fecero due ipotesi su cui si è basato il trattato: assegnazione alla Bce del 2% come target d’inflazione, crescita media strutturale di lungo periodo del 3%, ovvero di un aumento del pil nominale del 5%, e siccome il 5% del 60% di debito ammonta al 3%, ecco spiegato il limite al deficit pubblico imposto da Maastricht per mantenere la stabilità del debito pubblico.”

Si tratta di una vera follia dal punto di vista economico, perchè fotografa la situazione in modo statico: ciò che conta non è il livello dello stock del debito ma la tendenza alla crescita (o decrescita) dello stesso, e la velocità della variazione. Non è un caso che la Spagna abbia imboccato, dopo la crisi finanziaria, una traiettoria rialzista degli spread, con un debito pubblico di poco superiore al 60%.

Ciò non toglie che il costo in conto interessi sia insostenibile per le finanze del Paese. E c’è anche un effetto di credibilità nei confronti dei mercati. Lo ricorda un caustico Paolo Savona, che nota come, secondo l’indice “Z”, elaborato dal prof. Altman, la probabilità di un default del settore pubblico, in Italia, sia aumentata dal 17% al 50%.

Inutile e controproducente, secondo Baldassarri, continuare a rivendicare l’emissione di eurobond e sperare in una risoluzione europea della crisi: “Gli eurobond chi li firma? La Merkel no di certo. Allora siccome non c’è ancora un Ministro delle Finanze europeo bisogna far finta che esista: deve essere la Bce a garantirli e fungere da debitore di ultima istanza”. E deve farlo subito, dal momento che le riforme strutturali dell’apparato istituzionale europeo richiederanno anni. Un lusso che non possiamo permetterci. E intanto l’Italia deve continuare con i compiti a casa, riducendo lo stock debitorio.

Il supporto di Baldassarri, come detto, fa ben sperare. I tecnici firmatari del progetto, nato negli studi della Link Campus University di Roma, verranno consultati dal Parlamento per passare alla fase propositiva al più presto possibile, sempre che la proposta non venga strumentalizzata – come già accaduto in passato – per pura convenienza politica.

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