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Autostrade, una public company piena di incognite

Chi affiancherà la Cdp nel capitale di Autostrade se la riduzione delle tariffe ne limiterà la redditività? Il rischio che alla fine paghino i contribuenti non è peregrino, così come l’intervento dello Stato in Alitalia non è un buon viatico per Autostrade

Autostrade, una public company piena di incognite

Secondo le informazioni sull’accordo Governo Benetton, alla fine del lungo processo che si sta per avviare, la rete autostradale di ASPI, all’insegna della sua invocata italianità, sarà governata dalla Cassa Depositi e Prestiti con una quota del capitale sociale non inferiore al 30,01 % per non correre il rischio di una Opa ostile. L’ipotetico scalatore dovrebbe infatti lanciare una OPA sull’intero capitale sociale, con un esborso finanziario assai rilevante. A meno che non torni in auge il modello  sperimentato, in omaggio alla italianità, nel 1999 da Massimo D’Alema (allora Presidente del Consiglio) e dai famosi capitani coraggiosi guidati da Colaninno che scalarono Telecom soltanto con debito fornito dalle banche, che poi si riversò nel bilancio della stessa Telecom che non resse a lungo a siffatto indebitamento. Fu un coinvolgimento dei cosiddetti poteri forti che oggi godono della permanente ostilità dei grillini, di una parte del PD (si vedano le recenti  dichiarazioni di Bettini, uomo forte del PD romano), e per assonanza politica anche da parte del Presidente Conte. 

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Oggi il modello proposto  è quello della public company resuscitato dagli anni novanta quando si cominciò a discutere dei modelli di governance per le imprese pubbliche che i governi intendevano privatizzare. Oggi, nel caso di Autostrade, per raggiungere un tale obiettivo sembra di capire che sarà la progressiva diluizione della quota del capitale sociale posseduto da Benetton. Ma per giungere alla public company ci si deve fin da oggi domandare chi saranno i sottoscrittori del capitale sociale , con esclusione della quota detenuta dalla CDP.  Si vocifera che saranno i risparmiatori italiani a sottoscrivere tali azioni, potendo così sostenere che Autostrade è stata restituita al popolo italiano, ancorchè limitato a quella parte del popolo che dispone di risparmio sufficiente per diversificare il proprio portafoglio titoli e la propria ricchezza finanziaria. Ovviamente il tutto dipenderà da quali rendimenti sul mercato finanziario saranno offerti ai potenziali sottoscrittori. Obiettivo assai arduo da raggiungere se si afferma che la nuova società quotata dovrà anche avere la missione di tenere basse le tariffe, di non indebitarsi oltre certi limiti per il finanziamento degli investimenti, lasciando alle gettito tariffario il ruolo di finanziatore della manutenzione ordinaria delle autostrade. 

Ma non si dimentichi che il modello della public company suggerisce  anche la partecipazione al capitale sociale di fondi di investimento, al fine di favorire la stabilità dell’azionariato (poteri forti nella vulgata italiana), che di norma partecipano al Cda con i cosiddetti amministratori indipendenti che potenzialmente dovrebbero tutelare anche gli azionisti di minoranza. E se i poteri forti non si presteranno alla sottoscrizione delle azioni provenienti dalla diluizione, la sottoscrizione delle azioni da parte del pubblico dipenderà soltanto dalla combinazione di rischio e dal rendimento dei titoli quotati. Altrimenti lo stato tornerà a svolgere il ruolo non encomiabile precedente alle privatizzazioni. E così sarà la collettività nel suo complesso a sostenere con le imposte le autostrade. Così come nel caso di Alitalia. Alla compagnia aerea con vessillo italiano sarà affiancata con analogo vessillo la compagnia autostradale. 

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