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Autostrade, tutti i conti dopo l’accordo

Chiusa l’intesa tra Autostrade e governo, si fanno le prime stime. Aumento di capitale da 3-4 miliardi, diluizione, scissione di Aspi, ingresso in Borsa. Ma siamo appena all’inizio e molti punti sono ancora da chiarire. Realizzi su Atlantia dopo il rally di giovedì

Autostrade, tutti i conti dopo l’accordo

Si fanno i primi conti su Atlantia, dopo l’accordo di giovedì con il governo su Autostrade, l’ingresso di Cdp, il ridimensionamento dei Benetton. E i primi conti indicano un costo stimato tra 3 e 4 miliardi per l’aumento di capitale che dovrebbe aprire le porte all’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti con una quota del 33%. In Borsa scattano i realizzi: dopo il picco negativo a 11,5 euro e il rally di giovedì a 14,4 euro i trader incassano. E forse ringraziano il premier Conte per la sparata sulla revoca della concessione, lunedì mattina, che ha bruciato qualche miliardo di capitalizzazione in poche ore.

Ma vediamo come si potrebbe articolare l’accordo su Aspi (Autostrade per l’Italia) raggiunto alle prime ore dell’alba di giovedì. Intanto, va ricordato che in base all’accordo, la concessionaria ha messo sul piatto un pacchetto di risarcimento per il crollo del Ponte Morandi – tra indennizzi, taglio tariffario e investimenti – di 3,4 miliardi complessivamente.

L’accordo prevede poi la possibilità per la Cdp di diventare azionista di riferimento attraverso un aumento di capitale compreso tra 3 e 4 miliardi. La Cdp – controllata dal Tesoro per l’82,7% e per il resto in mano ad alcune Fondazioni bancarie – sottoscrivendo la ricapitalizzazione (cui invece i Benetton non aderirebbero) si ritroverà in mano una quota del 33% che corrisponde ad una valutazione attuale di Autostrade tra 9 e 12 miliardi, secondo le indiscrezioni riportate da diversi quotidiani. I 3-4 miliardi che Cdp sborserà la porteranno ad un ruolo di azionista di riferimento analogamente a quanto già avviene per Eni ed Enel, controllate con una quota di circa il 30%. La ricapitalizzazione va a beneficio di Aspi che si rafforza e riequilibra il patrimonio, attualmente sbilanciato rispetto ai debiti, dopo la modifica introdotta dal Milleproroghe 2019 all’indennizzo in caso di revoca della concessione.

A fine giro, la famiglia Benetton verrà diluita nel capitale di Aspi a circa il 10%. L’accordo prevede poi la riscrittura della concessione con incluso un abbassamento dei pedaggi autostradali.

Atlantia oggi controlla Aspi con l’88% del capitale ed è a sua volta controllata con poco più del 30% da Edizione Holding, la cassaforte finanziaria della famiglia Benetton. Il resto è sul mercato. Il meccanismo della diluizione della quota di capitale in mano ai Benetton, avverrà gradualmente: oltre all’aumento di capitale di Aspi, è prevista la vendita di quote a fondi di investimento – si è fatto il nome di Macquarie e Blackstone – che consentiranno ad Atlantia di incassare, secondo le prime stime, tra 2 e 2,64 miliardi. Soldi la famiglia Benetton non potrà però incassare sotto forma di dividendo straordinario perché l’accordo sottoscritto giovedì con il governo lo vieta espressamente. Per quanto tempo e in che modo? Al momento nessuno può dirlo.

L’ultimo tassello sarà la quotazione in Borsa. Dovrebbe avvenire per scissione di Aspi da Atlantia all’inizio del 2021. Significa che Atlantia distribuirà le sue azioni in Autostrade a tutti gli azionisti (compresi perciò i Benetton) e sarà così quotata automaticamente a Piazza Affari dove rientrerà al listino dopo esserne uscita nel 2013.

A Edizione Holding resterà a quel punto il 10% circa di Autostrade potrà sceglierne cosa farne: se vendere, incassando un valore introno al miliardo (in base alla capitalizzazione attuale) o restare, si vedrà.

Se queste sono, dopo la bozza di accordo raggiunta tra governo e Aspi all’alba di giovedì, gli scenari più attendibili, molte sono però le variabili e i punti ancora da chiarire. Molto stretti appaino i tempi per una quotazione all’inizio del 2021 così come tutta da chiarire è la questione del valore di indennizzo riconosciuto ad Aspi in caso di revoca della concessione: il Milleproroghe 2019 lo ha abbassato da circa 23 a 7 miliardi ma solo una revisione verso l’alto di questo indennizzo potrà ribilanciare l’indebitamento (9,3 miliardi) rispetto al patrimonio – anche dopo l’aumento da 3-4 miliardi – e consentire alla società di riconquistare un rating investment grade con cui finanziarsi sul mercato.

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