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Auto Italia: -97% vendite ad aprile, incentivi in vista?

Il mese scorso in tutta Italia sono state vendute complessivamente 4.279 auto – In rosso tutti marchi di oltre il 90%, tranne Tesla – Il 70% dei concessionari a rischio chiusura – I produttori chiedono “una terapia d’urto immediata”

Auto Italia: -97% vendite ad aprile, incentivi in vista?

Per il mercato dell’auto, aprile è stato un mese da apocalisse. Secondo i dati diffusi dalla Motorizzazione, le vendite in Italia si sono quasi azzerate: appena 4.279 immatricolazioni in tutto il Paese, -97,55% rispetto alle 174.924 di aprile 2019. Il crollo è molto più grave di quello registrato a marzo (-85,42%, a 28.326 unità).

Se si allarga lo sguardo ai primi 4 mesi dell’anno, includendo anche periodi che non hanno risentito della pandemia di Covid 19, emerge che le vendite si sono più che dimezzate su base annua, scendendo da 712.911 a 351.611 (-50,69%).

Per quanto riguarda il mercato delle auto usate, ad aprile il numero di trasferimenti si è fermato a 23.020, il 93,60% in meno rispetto allo stesso mese dell’anno scorso (dopo il -62,33% registrato a marzo).

Ad aprile 2020, dunque, il volume globale delle vendite (27.299 autovetture) ha interessato per il 15,67% auto nuove e per il 84,33% auto usate.

Tutti i marchi fanno segnare una flessione delle nuove immatricolazioni superiore al 90%. Fa eccezione solo Tesla, che – visti i volumi già limitati – lascia sul terreno il 50% delle vendite rispetto ad aprile 2019, con 104 unità immatricolate.

Secondo il Centro studi Promotor, considerando “che le immatricolazioni di aprile valgono circa il 9% di quelle di un intero anno, proiettando il dato dell’aprile scorso su un intero anno si ottiene un volume di immatricolazioni analogo a quello del 1949, quando le immatricolazioni furono 48.883”.

È vero però che ad aprile l’Italia è rimasta quasi completamente chiusa, una circostanza che non si dovrebbe ripetere nei prossimi mesi. “Le concessionarie hanno riaperto oggi – rileva ancora Promotor – ma il cammino da percorrere per ritornare alla normalità è lungo e accidentato”, anche perché “il clima di fiducia degli operatori del settore auto è crollato da quota 33,3 di gennaio a quota 3,6 di aprile”.

Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, sostiene che “per tornare alla normalità” sia necessaria “una terapia d’urto” fatta di “incentivi alla rottamazione anche per l’acquisto di vetture nuove ad alimentazione tradizionale”, non solo di quelle ecologiche, che in questo momento sono sarebbero in grado di soddisfare la domanda. Un intervento simile, tuttavia, incontrerebbe probabilmente l’opposizione del Movimento 5 Stelle, che in un emendamento al Milleproroghe presentato a febbraio – prima quindi della pandemia – proponeva di ridurre progressivamente gli incentivi anche per le auto ibride, in modo da destinarli solo a quelle elettriche.

Sulla stessa linea Paolo Scudieri, presidente di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), che propone “un incremento del fondo Ecobonus 2020 per proseguire l’incentivazione delle auto BEV e PHEV e la previsione di una estensione del bonus (ad oggi in vigore per le auto fino a 60 g di CO2/km) alle auto ad alimentazione alternativa con emissioni di CO2 da 61 a 95 g/km”. Considerando però “il numero di vetture accumulate in stock da concessionari e produttori durante il lockdown – continua Scudieri – per evitare che il loro smaltimento blocchi il riavvio della produzione”, Anfia ritiene suggerisce di “prevedere un incentivo all’acquisto delle vetture in stock prodotte prima del lockdown”.

Michele Crisci, presidente Unrae, l’Associazione delle Case automobilistiche estere, chiede al Governo anche “un piano strutturale per il ricambio del nostro vetusto parco circolante”. Crisci sottolinea poi che “in questo momento la velocità è tutto: un mercato che versa in queste condizioni non può affrontare anche il rischio di una ulteriore paralisi, dovuta magari a indiscrezioni o dibattiti su tempi e modi delle eventuali misure”.

Infine, Adolfo De Stefani, presidente di Federauto, ha detto nel corso di un’audizione parlamentare sul decreto liquidità che “dei 1.500 concessionari italiani, il 70% è a rischio chiusura. Insieme ad Anfia ed Unrae abbiamo presentato un unico blocco di richieste al governo. Ma la cosa più importante è questa: possibile che in tutta Europa c’è un solo paese in cui il popolo delle partite Iva non può detrarre l’Iva sulle auto ed è l’Italia?”.

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