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Austria torna al voto: test sul populismo

TRATTO DA AFFARINTERNAZIONALI.IT – In Austria si ripete il ballottaggio tra l’ex leader dei Verdi Alexander van der Bellen e il numero due dei “libertari” (destra nazionalista) Norbert Hofer – Nonostante i sondaggi lo diano sconfitto, il rischio serio è quello di una vittoria del populismo anti-politico di Hofer.

Austria torna al voto: test sul populismo

Dopo gli tsunami Brexit e Trump, il prossimo appuntamento con la marea populista è quello del 4 dicembre in Austria (in Italia il populismo c’è, eccome, sia a destra che a sinistra e anche al centro, ma non fornisce la chiave di lettura dell’esito del prossimo referendum).

Una consultazione, quella austriaca, dalle conseguenze infinitamente meno sconvolgenti, e tuttavia significativa in quanto misurerà l’incidenza di quegli stessi fattori socio-culturali – rivolta contro l’establishment, sfida al politically correct, paura dell’immigrazione incontrollata, insofferenza contro l’Unione europea – anche in un Paese di vecchia democrazia dell’Europa centrale.

Come alcuni ricorderanno si tratta della ripetizione del ballottaggio per l’elezione del Capo dello stato tenutosi in maggio, vinto dal candidato di sinistra con un margine di soli trentamila voti e poi annullato per irregolarità di poco conto, del tutto irrilevanti ai fini dell’esito del voto.

Al primo turno gli elettori avevano voluto dare uno schiaffo ai due partiti tradizionali (tuttora al governo in una poco armoniosa “grosse Koalition”) eliminando i loro candidati e consegnando il ballottaggio a due outsider: l’ex-leader dei Verdi Alexander van der Bellen e il numero due dei “libertari” (destra nazionalista) Norbert Hofer.

Un nuovo rinvio, questa volta dovuto a un difetto tecnico delle schede già ristampate, ha prolungato di altri tre mesi la vacanza della più alta carica della repubblica.

Effetto populismo in Austria
Chi aveva previsto la rimonta nello sprint finale dei leavers inglesi e poi di Donald Trump, intuendo che i sondaggi sottovalutavano l’effetto “populismo” (anti-politica, gusto dello schiaffo anonimo, nazionalismo) prevede ora per analoghe ragioni una vittoria di Hofer, pur in svantaggio di due punti negli opinion polls.

Durante la campagna della primavera scorsa l’esponente della Fpoe aveva indicato una propensione ad interpretare in modo estensivo la funzione del Capo dello stato, che nella costituzione materiale, o prassi, è analoga a quella del nostro Presidente della repubblica, ma secondo la Costituzione scritta comprende il potere di licenziare il governo.

Ultimamente ha messo in sordina questa velleità interventista e puntato invece sull’immagine di padre di famiglia, giovane, sorridente, moderato, rassicurante, in grado di rappresentare degnamente il Paese all’estero.

Al futuro di Hofer è legato quello di Strache
Se eletto, non sarà in grado di riorientare la politica estera dell’Austria; ma, nel giro di un paio di anni, potrebbe facilitare in qualche misura l’avvento del ben più battagliero Strache alla Cancelleria (verosimilmente in coalizione con i “popolari”, cioè i cristiano-democratici).

Questa sarebbe, sì, una svolta preoccupante. Non nel senso di un rigurgito di vecchie ideologie autoritarie, fascistoidi, razziste (come all’estero alcuni commentatori solo superficialmente informati non mancheranno di sostenere), ma di una affermazione della retorica nazionalista ed euro-scettica, unita al rifiuto di subire l’ondata migratoria. Un’involuzione, insomma, simile a quella della Polonia e dell’Ungheria.

Kurz, l’uomo per scongiurare l’allineamento con il gruppo di Visegrad
Le speranze di chi teme questa prospettiva di allineamento con il gruppo di Visegrad si appuntano non tanto sul socialdemocratico Kern, Cancelliere da alcuni mesi, con solide credenziali di manager ma visto come incarnazione della continuità; bensì sul giovane e dinamico Sebastian Kurz, astro in ascesa del partito democristiano OeVP e Ministro degli Esteri.

Kurz ha fatto inarcare qualche sopracciglio, anche da noi, non esitando a dire quello che molti pensano, ma per lo più non osano esprimere, sull’incompatibilità della Turchia di Erdogan con i valori dell’Ue e sulla necessità di frenare (non vietare del tutto) l’afflusso di rifugiati e migranti. Ma quel che conta è che offre una credibile alternativa di centro-destra alla destra di Strache, una alternativa europeista alla deriva populista, lepeniana, anti-europea.

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