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Argentina, lascia il governatore della Banca Centrale e il peso crolla

Dopo soli tre mesi di incarico Luis Caputo lascia la guida della Banca Centrale argentina – Il peso arriva a quota 40 sul dollaro – Macri rassicura: “Non c’è verso che l’Argentina sia insolvente”

Argentina, lascia il governatore della Banca Centrale e il peso crolla

E’ durato solo tre mesi l’incarico di Luis Caputo alla guida della Banca Centrale argentina. L’ormai ex governatore, insiediatosi solo lo scorso giugno, ha deciso di rassegnare le dimissioni nel bel mezzo della crisi del peso. Al suo posto andrà Guido Sandleris, già viceministro delle Finanze.

Alla base della decisione, ha sottolineato Caputo in una nota, ci sarebbero “motivi personali”, ma appare difficile pensare che i mercati ignorino l’ennesimo intoppo nel percorso che Buenos Aires sta cercando di intraprendere per arrestare la svalutazione del peso che continua da mesi.

“Le dimissioni sono state presentate per motivi personali, con la convinzione che l’accordo preso con il Fondo Monetario Internazionale ristabilirà la fiducia nella situazione fiscale, finanziaria, monetaria e dei tassi di cambio”, si legge nel comunicato.

Caputo è il secondo presidente del Banco Central a lasciare durante la presidenza Macri. Prima di lui a rinunciare all’incarico fu Federico Sturzenegger, che decise di andarsene subito dopo aver negoziato l’accordo con il Fmi.

Attualmente la moneta argentina viaggia a 39,40 rispetto al dollaro (-5,6%) nonostante il prestito da 50 miliardi di dollari ottenuto dal Fondo Monetario Internazionale dopo la richiesta presentata lo scorso giugno dal presidente, Mauricio Macri. Da inizio anno il peso ha perso oltre il 50% del proprio valore rispetto al biglietto verde nonostante i tassi di interesse siano ormai schizzati al 60%.

Da sottolineare anche che ieri, 24 settembre, l’indice Merval della borsa argentina ha registrato un tonfo del 3,39% sebbene Macri abbia cercato di rassicurare il Paese: “Riceveremo maggiori aiuti dall’FMI, anche se non posso dire quanto perché stiamo ancora negoziando. Non c’è verso che l’Argentina sia insolvente” – ha affermato Macri durante un’intervista a Bloomberg.

Ricordiamo che, in base all’accordo con il Fmi, l’Argentina metterà in campo un piano di risanamento massiccio, grazie al quale potrà accedere a 50 miliardi in tre anni, una cifra che rappresenta la più grande linea di credito mai concessa nella storia del Fondo Monetario Internazionale, ma che però potrebbe non bastare.

Pochi giorni fa, il portavoce del Fmi ha dichiarato inoltre che l’istituto di Washington vuole concludere “il più presto possibile” le trattative che consentiranno a Buenos Aires di ricevere prima del previsto i soldi del piano d’aiuti.

Nel frattempo i cittadini scendono in piazza con uno sciopero generale di 36 ore per protestare contro il ritorno del Fmi in Argentina, un ritorno che riporta alla mente della popolazione le grandi crisi economiche vissute nel passato con i default del 2001 e del 2014 che ancora oggi non hanno smesso di far paura.

AGGIORNAMENTO

I rendimenti dei titoli di Stato argentini hanno registrato sensibili rialzi nel giorno delle dimissioni del Governatore della Banca centrale che ha innescato una reazione a catena che ha investito la moneta e la Borsa. In particolare, sulla scadenza decennale in dollari si è registrato un rialzo nell’ordine del 10 punti base, in linea con quanto segnato dai bond di altri Paesi dell’area latinoamericana, Brasile in testa. Sui bond in euro il rialzo è nell’ordine dei 25 punti base. Sulla scadenza quinquennale il rialzo dei rendimenti dei bond in valuta estera si è attestato intorno ai 5-6 punti base. Oggi il calendario del Tesoro argentino prevede la riapertura di un Letras con scadenza 12 aprile 2019 e tasso nominale annuo del 6%.

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