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Argentina, Banca centrale vieta acquisto di dollari americani

I risparmiatori non potranno più comprare valuta estera per mettere al sicuro i propri risparmi – La Banca centrale ha prestato oltre 10 mld di dollari al Governo per pagare il debito e spese correnti – La Kirchner ha obbligato le banche a prestare il 5% dei loro depositi alle imprese e ieri il settore bancario ha perso oltre il 7% alla Borsa di Buenos Aires

Argentina, Banca centrale vieta acquisto di dollari americani

La “pesificiazione” dell’economia è sempre stato il chiodo fisso della Presidenta argentina. E, con la misura approvata questa notte dalla Banca centrale della Repubblica Argentina (Bcra), sta andando verso questa direzione. Non si tratta di una mossa definitiva, ma di una misura temporanea con cui Cristina Fernandez de Kirchner cerca di rimpinguare come può le troppo leggere casse dello Stato argentino. La Bcra ha annunciato che è “sospeso l’accesso al mercato locale di cambio per l’acquisto di attivi stranieri”.

Nessun risparmiatore potrà più scegliere di cambiare i propri pesos in dollari per mettere al sicuro i propri risparmi da una possibile svalutazione della moneta locale. In questo modo, l’autorità monetaria spera di incentivare i suoi cittadini a conservare i propri eccedenti finanziari nella moneta nazionale. La Bcra ha aggiunto che continuerà a essere permesso l’acquisto di valuta straniera in caso di turismo, acquisto di immobili, importazioni, acquisto di materiali scientifici o per aerei e navi. Ma è già iniziata la corsa agli sportelli.

Basterà questa mossa per trovare i capitali necessari a Cristina per sostenere le sue politiche sociali e ripagare il debito estero? L’Argentina ha circa 17 miliardi di dollari di debito in scadenza nei prossimi cinque anni, pari al 36% delle riserve valutarie della banca centrale. Finora l’ipotesi che il governo di Buenos Aires potesse decidere di convertire in pesos le emissioni domestiche denominate in dollari risultava improbabile, in quanto sarebbe risultato un default selettivo. Ma ora non si esclude che questo possa avvenire. La fame di dollari dell’Argentina non deve essere sottovalutata.

Ieri la Casa Rosada (la sede del Governo a Buenos Aires) ha ottenuto dalla Banca centrale 6 miliardi di dollari in forma di misure “straordinarie” per affrontare costi correnti e altri 4,165 miliardi di dollari per il pagamento del debito sovrano verso creditori privati e multilaterali. Quest’anno la Kirchner ha già utilizzato quasi 10 miliardi di riserve in dollari della banca centrale a servizio del debito – lo scorso anno ne aveva prelevati 7,5 miliardi – aumentando la pressione inflazionistica nel Paese. Il ministro dell’Economia, Hernán Lorenzino, giustifica la richiesta “in virtù delle sfide che affronterà la politica economica nei prossimi mesi” e per “il contesto di crisi internazionale che non mostra prospettive di recupero nel breve periodo”. Eppure secondo molti analisti privati le cause del rallentamento dell’economia argentina sono in gran parte legate a problemi interni. 

Intanto, sempre da ieri, le maggiori banche operanti nel Paese sono state costrette dal Governo a prestare il 5% dei loro depositi per dare credito alle imprese. Si tratta di almeno 15 miliardi di pesos (circa 3,3 miliardi di dollari) a un tasso di interesse minore dell’inflazione con l’obiettivo di ridare fiato all’economia in un momento di fiacchezza. A maggio i depositi di tutte le banche presso la Banca centrale erano 434 miliardi di pesos, secondo la stessa Bcra. Le banche, che possiedono depositi in valore maggiore dell’1% del totale, dovranno stipulare questi contratti a un tasso fisso di 400 punti base in più rispetto al tasso di deposito benchmark. A giugno il tasso medio pagato dalle banche private per i depositi di 30 giorni per un valore superiore a un milione di pesos è stato il 12,1%. “Ai tassi imposti ora dalle banche, nessuno chiede più un prestito”, ha dichiarato il presidente Kirchner, “. La banca centrale dovrà stabilire le condizioni che renderanno il credito accessibile”. Ieri, alla Borsa di Buenos Aires, il settore bancario è arrivato a perdere fino al 7%. 

Secondo i dati Cepal, la seconda economia del Sudamerica quest’anno crescerà del 2.75%, quasi un terzo dell’8,9% del 2011 e del 9,1% del 2010. Secondo le stime di molti economisti indipendenti, nonché del Fondo Monetario e Goldman Sachs, l’inflazione è ben oltre il 20%. Mentre l’agenzia nazionale di statitica, i cui dati sono stati messi in dubbio da molte istituzioni internazionali, ha dichiarato che a maggio i prezzi al consumo sono aumentati del 9,9% anno su anno. 

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