Condividi

ANNUARIO R&S MEDIOBANCA – Centralità dell’industria nei grandi gruppi ma il privato batte pubblico

ANNUARIO R&S MEDIOBANCA – La manifattura resta l’architrave delle nostre grandi imprese e i privati, in termini di fatturato, fanno meglio dei gruppi pubblici, condizionati dal ristagno dell’industria energetico – I pubblici però sono più solidi patrimonialmente – Declino dei grandi player dei servizi – Nelle banche resta il problema dei ricavi

ANNUARIO R&S MEDIOBANCA – Centralità dell’industria nei grandi gruppi ma il privato batte pubblico

Secondo l’Annuario del centro ricerche R&S di Mediobanca, la manifattura resta l’architrave delle nostre grandi imprese, mentre deludono i gruppi pubblici, condizionati dal ristagno dell’industria energetica. Al declino dei grandi player dei servizi e delle attività non manifatturiere va invece accostata la buona performance delle banche: buona patrimonializzazione (ratio Basilea III), ampia copertura dei crediti deteriorati con garanzie e qualche segnale positivo nel primo trimestre 2014 (perdite su crediti: -9,2%, utili netti su del 40%). Per gli istituti di credito resta il nodo dei ricavi (-15,5% sul 2009) legati al margine di interesse in calo (-23% sul2009).

Ecco l’analisi di Mediobanca, punto per punto.

– Il fatturato dei grandi gruppi industriali cala su base annua del 5% nel 2013, tanto all’estero (-5,3%) che in Italia (-4,2%). Male i gruppi pubblici (-7,7%), i privati limitano la contrazione (-1,9%) grazie al manifatturiero (+1,5%); crisi per servizi e non manifatturiero (-9,9%).
– La riduzione delle vendite all’estero ha risparmiato solo la manifattura privata (+2,4% sul 2012) che nel 2013 realizza oltre confine il 90,7% del proprio giro d’affari complessivo.  
– I mercati esteri della manifattura cambiano profondamente dal 2009: l’Italia ha perso il 27%, il resto dell’Europa è cresciuto del 14%. Quadruplicate le vendite in Nord America, triplicate quelle nelle Americhe, su del 70% Asia e resto del Mondo. Nel 2013 il 49% del fatturato dei big manifatturieri è stato realizzato nelle Americhe, il 35% in Europa, ma meno del 10% è venuto dall’Italia. Asia e resto del mondo valgono il 16%, ancora poco per la potenzialità di quelle aree.
– La manifattura privata amplia dal 2009 il proprio vantaggio in termini di margini industriali: roi al 13,3%, contro l’8,9% dell’energetico e l’8,1% dei non manifatturieri, che hanno mediamente distrutto ricchezza nel periodo (-2,3%).
– Ristagna l’occupazione nel 2013 ed anche qui solo la manifattura ha segnato un incremento sul 2012: +4,2% nel complesso, +5,8% all’estero, -0,1% in Italia. Nel pubblico poco meno di un dipendente su due sta all’estero, circa due su tre nel privato, tre su quattro nella manifattura privata.
– Cala la competitività dei grandi gruppi pubblici, con la produttività per addetto che cresce 6,6% sul 2009 e non tiene il passo con l’aumento del costo del lavoro per addetto (+10%); solo nella manifattura privata la dinamica è accettabile (+10,9% il costo del lavoro, +10,4% la produttività), mentre nei servizi e nelle altre attività la distanza è ampia (+9,2% contro +3,1%).
– Maggiore solidità finanziaria dei gruppi pubblici: i debiti finanziari sono al 90% del capitale netto e al 53,1% del fatturato, per la manifattura privata siamo al 139% e al 41% (senza Chrysler: 120% e 51%); anche in questo caso, deteriore il profilo di servizi e altre attività: più debiti del patrimonio netto (146,5%) e del fatturato (118%). Le obbligazioni sono la parte maggiore del debito a termine: 70,3% per l’aggregato, arrivando al 79,2% per i gruppi pubblici, mentre la manifattura privata stenta ad emancipasi dal credito bancario (52,1% la quota obbligazionaria).
– La liquidità in crescita dal 20% (2009) al 29% (2013) del debito finanziario. Nella manifattura privata essa è passata dal 47% al 52,5% (senza Chrysler sarebbe calata dal 47% al 44,5%).
– Come d’uso, i grandi gruppi privilegiano nella propria esposizione dei debiti la “posizione finanziaria netta” che riduce il debito finanziario dai complessivi 271 mld. a 158 mld.; le decurtazioni riguardano cassa e disponibilità per 78 mld. e crediti per 35 mld.
– Il settore pubblico (Stato e amministrazioni locali) ha incassato tra 2009 e 2013 dividendi per 11,9 mld., di cui 5,7 mld. da Eni e 3,1 mld. da Enel; i privati hanno incassato poco meno della metà, 5,7mld. Quasi tutti pubblici i maggiori dividend yield medi (2009-2013): Iren 7,8%, Terna 7%, Snam 6,7%, Eni 6,6%, Enel e Hera 6,5%.
– I compensi degli apicali dei big di industrie e servizi (senza considerare le stock option) sono pari a circa 36 volte il costo medio del lavoro dei dipendenti dei gruppi che amministrano (quasi una vita lavorativa). Il cumulo della carica di Presidente e Amministratore delegato porta ad un multiplo di circa 83 volte, la carica di Amministratore delegato a circa 46 volte, quella di Direttore generale a 21 volte.
– I cinque maggiori istituti bancari quotati hanno chiuso il 2013 in rosso per il terzo anno consecutivo, cumulando perdite per 48,1 mld. Le cause sono note: a) caduta dei ricavi (-15,5% tra 2009 e 2013); b) minore contrazione dei costi operativi rispetto ai ricavi (-6,7% tra 2009 e 2013), con dinamica avversa del cost/income ratio che sale dal 64% del 2009 al 70,6% del 2013; c) crescita del 72,5% delle perdite su crediti; d) oneri straordinari, per ristrutturazioni e svalutazioni di asset, che nel quinquennio hanno cumulato 37,3 mld. di euro. Nel 2013 “sollievo” per 4,2 mld. dalla rivalutazione delle quote BdI.
– Per un po’ di ottimismo: a) la “pulizia” dei bilanci ha ridotto gli intangibles che rispetto al patrimonio netto calano dal 44,2% del patrimonio netto nel 2009 al 15,9% del 2013; b) migliora il tasso di copertura dei crediti dubbi, che cresce dal 41,1% del 2009 al 44,9% del marzo 2014; c) il 77,5% dei crediti dubbi ha garanzie (totali o parziali) che li coprono per il 96,7%; c) i tassi di copertura dei crediti dubbi considerando le garanzie raddoppiano all’86,1% e dei 207,8 mld. di crediti dubbi lordi in essere a fine 2013, solo 28,9 mld. risultano senza garanzia o fondi rettificativi, con una drastica caduta della loro incidenza sul patrimonio netto dal 95,1% al 23,9%; d) i ratio patrimoniali regolamentari sono in crescita: Core Tier 1 dal 7,1% del 2009 al 10,6% del 2013; CET1 (Common equity ex Basilea III) superiore al 10% per tutti gli istituti nel marzo 2014, in ulteriore aumento dopo i recenti aumenti di capitale (minimo richiesto dall’Eba: 5,5%).
– Nodi: a) il portafoglio in titoli governativi Giips passa da 140,8 mld. nel 2011 a 213,8 mld. nel 2013 (+73 mld.), aumento da ascrivere ai titoli italiani passati da 136,5 mld. a 211,4 mld. (+74,9 mld.); il portafoglio dei governativi Giips rappresenta a fine 2013 l’11% dell’attivo e il 176,6% dei mezzipropri; b) la contrazione del margine di interesse (-23,1% tra 2009 e 2013) continua a rappresentare la parte preponderante dei ricavi (56,2% nel 2013) e non trova compensazione nella dinamica dei proventi da commissioni (+5,2% sul 2009, al 35,5% dei ricavi); c) la maggior parte delle garanzie sui crediti deteriorati ha natura immobiliare (71% del totale) e richiede una prudente valutazione nel contesto attuale del mercato.
– Nel primo trimestre del 2014 calano ancora i ricavi (-2,4%), ma si contraggono le perdite su crediti (-9,2%, al 24% dei ricavi) con utile netto in crescita del 40%. Stock dei crediti deteriorati in lieveriduzione sui mezzi propri (da 95,1% a fine 2013 a 94,5% a marzo 2014).


Allegati: RS 2014 per giornalisti.pdf

Commenta