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Ania, Cerchiai: Parlamento riveda aliquota Irap per le assicurazioni

“Misura fuorviante e incoerente con i propositi di sviluppo” – Così il Presidente di Ania, all’assemblea nazionale dell’Associazione, commenta l’aumento al 5,90% dell’aliquota Irap contenuta nella manovra finanziaria – Le assicurazioni non sono “galline dalle uova d’oro” – Servono “riforme profonde e condivise con un ripensamento del ruolo dello Stato”.

Ania, Cerchiai: Parlamento riveda aliquota Irap per le assicurazioni

“L’aumento al 5,90% dell’aliquota Irap per le imprese assicuratrici va ben oltre una logica di partecipazione alla ripresa del Paese: auspichiamo che il Parlamento riveda questa misura fuorviante e incoerente con i propositi di sviluppo dell’Italia”. Parole fortemente polemiche quelle di Fabio Cerchiai, presidente di Ania, che ha aperto stamane l’assemblea nazionale dell’Associazione scagliandosi contro la nuova misura fiscale per il settore assicurativo inserita nella manovra finanziaria.

Ma Cerchiai è andato anche oltre, sostenendo che per rilanciare la crescita italiana “non servono manovre di politica economica caratterizzate da ulteriori aumenti di tassazione a carco di imprese e famiglie”: si deve “tagliare la spesa pubblica improduttiva, recuperare l’evasione e garantire regole certe per risparmiatori e investitori”. Servono “riforme profonde e condivise , attraverso un ripensamento del ruolo dello Stato”. Sul cammino della ripresa, le assicurazioni “sono chiamate a un grande ruolo di responsabilità sociale”, ma “non possono continuare a essere penalizzate, considerate galline dalle uova d’oro, a prescindere dai risultati economici del settore”.

Secondo i dati diffusi dall’Ania, nell’ultimo decennio il mercato assicurativo italiano è cresciuto dell’88%, ma “le nostre famiglie restano ancora meno assicurate di quanto accade nei principali Paesi europei”, ha spiegato ancora Cerchiai. L’Italia è al quarto posto in Europa e al sesto posto nel mondo per raccolta di premi assicurativi, con una quota di mercato pari al 4,2%, che nel 2010 ha fatto registrare un’incidenza sul Pil dell’8,1%. Una cifra superiore a quelle di Usa (8%), Germania (7,1%) e Cina (3,4%), ma ben al di sotto di quelle registrate in Gran Bretagna (12,9%), Francia (10,6%) e Giappone (9,9%).

Il nostro premio medio per abitante è pari a 1.954 euro, inferiore a quello degli altri Paesi industrializzati: al primo posto si piazzano gli inglesi (3.297 euro), seguono i francesi (3.074 euro) e i giapponesi (2.865 euro). L’anno scorso nel nostro Paese i premi del settore danni sono stati pari a 35,9 miliardi (+2,2% rispetto al 2009), mentre quelli del settore vita sono arrivati a 90,1 miliardi (+11,1%). Il patrimonio netto del sistema (50,3 miliardi) è diminuito nel 2010 dell’1,8% ed è stato par all’8,6% del passivo di bilancio.

Venendo alle regole del settore, Cerchiai ha fatto riferimento a Solvency II, il progetto europeo di riforma normativa in campo assicurativo, auspicando che i nuovi requisiti di capitale non siano “modificati in senso ultra prudenziale, accrescendo ulteriormente gli oneri a carico delle imprese. Sarebbe un grave errore”. In ogni caso, rimane “indispensabile completare il nuovo quadro normativo per non lasciare le imprese in una insopportabile situazione di incertezza”.

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