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Alfa Romeo svela il suv Stelvio e Fca rilancia Pomigliano

Durante il Salone dell’Auto di Los Angeles Fca ha svelato il primo Suv della storia dell’Alfa Romeo: si chiamerà Stelvio, ideato per diventare “il nuovo benchmark per il segmento dei Suv”. in Italia si rimettono in moto gli stabilimenti Fca

Alfa Romeo svela il suv Stelvio e  Fca rilancia Pomigliano

Il Salone dell’Auto di Los Angeles, che si apre domani,  segnerà il debutto dell’Alfa Romeo Stelvio, il primo Suv della storia dell’azienda automobilistica italiana. La vettura, che è stata progettata nel centro d’ingegneria di Modena e sarà realizzata nella fabbrica di Cassino, “ha il Dna Alfa al 100% ed è un veicolo senza compromessi”, come ha sottolineato il responsabile del marchio Alfa Romeo, Reig Bigland. 

Il Biscione ripone alta fiducia sulla Stelvio, modello ideato per diventare il nuovo punto di riferimento per il segmento dei Suv, potendo contare su cinque elementi caratteristici di Alfa Romeo: design italiano, motore all’avanguardia (2.0 Turbo a benzina da 280 cv), perfetta distribuzione dei pesi, soluzioni tecniche uniche ed eccellente rapporto peso/potenza.

La nuova vettura, caratterizzata da una lunghezza di 468 cm, da un’altezza di 165 cm e da una larghezza di 216 cm, è dotata nella versione sportiva Quadrifoglio di un propulsore V6 BiTurbo benzina di 1,9 litri di cilindrata da 510 cv abbinato al cambio automatico a otto marce. 

La Stelvio, destinata a fare concorrenza ai Suv dei grandi marchi tedeschi, raggiunge la velocità massima di 285 km/h

Sul fronte nazionale intanto, circola ormai da tempo l’ipotesi di realizzare nello stabilimento di Pomigliano il nuovo modello di Jeep –  la Jeep Compass oggi prodotta in Brasile – e, a partire dal 2018, il restyling della Giulietta.
Questa mossa, oltre ad azzerare la cassa integrazione, farebbe sì che ciascuno degli stabilimenti italiani del Gruppo Fca avrebbe una mission definita ed una prospettiva certa.

Ad oggi nello stabilimento di Pomigliano viene prodotta solamente la Panda, un’auto tutto sommato povera. Il grande rischio, secondo i sindacati, è che presto questa produzione emigri in altri paesi. 

 

 

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