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Afghanistan, panico inflazione: l’allarme della banca centrale

Sos dell’ex Governatore della banca centrale afgana: il divieto di circolazione del dollaro rischia di peggiorare la situazione economica del Paese asiatico dopo il ritiro delle truppe occidentali e favorire un’inarrestabile salita dei prezzi

Afghanistan, panico inflazione: l’allarme della banca centrale

Che la situazione stia degenerando in Afghanistan in seguito al ritiro delle truppe occidentali lo si capirà ben presto anche dal costo della vita, che sta per salire alle stelle a causa della decisione dell’OFAC (Office of Foreign Assets Control) di vietare la circolazione del dollaro nel Paese asiatico. A lanciare l’allarme è il governatore, o ormai ex governatore, della banca centrale afgana (DAB, Da Afghanistan Bank), Ajmal Ahmady, che tramite una serie di tweet ha spiegato la situazione monetaria del Paese e il timore che i talebani possano fare ulteriori danni, a spese soprattutto della fascia di popolazione più povera. Ahmady è tra quelle persone che sono riuscite a scappare da Kabul sugli aerei militari, per motivi di sicurezza: “Avevo motivo di preoccuparmi? – ha scritto l’economista in un inquietante post su Twitter – Questo è il testo che qualcuno mi ha inviato: ‘I talebani sono venuti a cercarti. Stanno chiedendo del governatore DAB Ajmal Ahmady’. Qualunque fossero le loro opinioni personali, avevo anche molti nemici personali. O forse volevano solo salutarmi…”.

Ahmady, che nei suoi tweet è molto polemico anche col precedente governo (“Non posso perdonare la fuga del presidente senza aver pensato ad un piano di transizione”), spiega tutti i passaggi dell’imminente crisi inflazionistica: “Il controllo sui capitali e la limitazione dell’accesso al dollaro non è stata una decisione della banca centrale, è bene che questo i talebani lo sappiano. E’ un risultato diretto della politica di sanzioni degli Stati Uniti attuata dall’OFAC”. Cosa accadrà adesso? “Il Tesoro congelerà i beni, la valuta afgana (l’afghani, ndr) si deprezzerà e l’inflazione aumenterà poiché il passaggio di valuta è molto alto. Questo danneggerà i poveri con l’aumento dei prezzi del cibo”, scrive ancora su Twitter Ahmady, mentre la volatilità dell’afghani è fuori controllo e il cambio col dollaro è schizzato a 83,5. Il dramma è che ora chi aveva conti in dollari, cioè larga parte della popolazione in seguito a 20 anni sotto una sorta di protettorato americano, non potrà più accedervi e dovrà convertirli in afghani, la valuta locale, con un tasso di cambio sempre più sfavorevole.

“Credo che le banche locali abbiano detto ai clienti che non possono restituire i loro dollari, perché DAB non ha fornito dollari alle banche – scrive ancora su Twitter Ahmady -. Questo è vero. Non perché i fondi siano stati rubati o tenuti in un caveau, ma perché tutti i dollari sono in conti internazionali che sono stati congelati. Scrivo questo perché mi è stato detto che i talebani stanno chiedendo al personale della banca centrale l’ubicazione dei beni. Se questo è vero, è chiaro che hanno urgente bisogno di aggiungere un economista alla loro squadra…”, ha aggiunto ironicamente il governatore della banca centrale dell’Afghanistan. “I talebani hanno vinto militarmente, ma ora devono governare. Non è facile”, ha proseguito. “Il fatto che non abbiano accesso ai fondi in dollari – ripeto – è perché i talebani sono ancora nelle liste di sanzioni internazionali e credo che questo verrà confermato. Non riesco a immaginare uno scenario in cui l’OFAC darebbe loro l’accesso a tali fondi”.

“Pertanto – chiude Ahmady nella sua lunga sequela di interventi su Twitter -, possiamo dire che i fondi accessibili ai talebani sono forse lo 0,1-0,2% delle riserve internazionali totali dell’Afghanistan. Non tanto… E senza l’approvazione dell’OFAC, è anche improbabile che qualche donatore sostenga il governo talebano”. Insomma l’Afghanistan è sempre più isolato anche dal punto di vista finanziario e nelle prossime settimane si prevede una tragica crisi di liquidità, con l’inflazione e il prezzo dei beni di prima necessità che inizieranno a diventare inaccessibili per buona parte della popolazione. Di questo dovrebbe anche farsi carico la comunità internazionale.

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