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ACCADDE OGGI, 21 AGOSTO – Il golpe contro Gorbaciov fallisce e spiana la strada al crollo dell’Urss

Il golpe d’agosto del 1991 in Unione Sovietica contro Gorbaciov fu un clamoroso fallimento per i suoi promotori: spazzò via quel che restava del potere comunista e favorì le spinte autonomiste, determinando al contempo l’ascesa di Eltsin

ACCADDE OGGI, 21 AGOSTO – Il golpe contro Gorbaciov fallisce e spiana la strada al crollo dell’Urss

Il 21 agosto del 1991, esattamente 31 anni fa, si concluse con un fallimento il tentato golpe in Unione Sovietica contro Michail Gorbaciov. A organizzarlo furono alcuni esponenti del governo, del Partito Comunista e delle forze armate, che puntavano a deporre il presidente (sequestrato nella sua casa di vacanza in Crimea) per prendere il controllo dell’Unione e preservarla dall’insorgere degli autonomismi, contrastando l’indebolimento del potere centrale e del Pcus.

La crisi dell’Urss

All’epoca l’Urss attraversava un periodo di grave crisi dal punto di vista economico e politico, che aveva reso il regime ormai incapace di fronteggiare le spinte centrifughe nate all’interno del Paese: le prime rivendicazioni erano arrivate dalle repubbliche baltiche (Lettonia, Estonia e Lituania), che pretendevano la completa indipendenza da Mosca.  

Il fallimento del golpe

In questo scenario, i golpisti speravano di cavalcare il malcontento della popolazione e forse contavano anche nel sostegno (diretto o indiretto) di Gorbaciov. I loro calcoli si rivelarono però tutti sbagliati e il colpo di Stato, allestito chiaramente senza la giusta preparazione, fallì in modo clamoroso per due ragioni: la protesta popolare, del tutto imprevista dai congiurati, e il mancato sostegno dell’esercito. A Mosca, fra il 19 e il 20 agosto, una grande folla si raccolse per difendere le libere istituzioni appena conquistate, ponendo i golpisti di fronte alla scelta fra una sanguinosa repressione e una vergognosa ritirata.

L’ascesa di Eltsin

A sbloccare la situazione fu l’intervento del presidente della Repubblica, Boris Eltsin, che, dopo aver capeggiato la resistenza popolare e aver imposto la liberazione di Gorbaciov, si propose come il vero detentore del potere, relegando in secondo piano lo stesso presidente sovietico.

La caduta dell’Urss

L’insuccesso del golpe d’agosto spazzò via quanto restava del potere comunista sovietico (le attività del Pcus furono sospese e i suoi averi requisiti) e accelerò ulteriormente la crisi dell’autorità centrale. Le spinte separatiste si fecero sempre più pressanti: dopo le tre repubbliche baltiche, la cui indipendenza ormai non era più in discussione, proclamarono unilateralmente la secessione dall’Urss anche la Georgia, l’Armenia, la Moldavia e l’Ucraina.

Quattro mesi dopo il fallimento del colpo di Stato, il 21 dicembre 1991, ad Alma Ata, capitale del Kazakistan, i rappresentanti di 11 Repubbliche delle 15 che avevano fatto parte dell’Urss diedero vita alla nuova Comunità degli Stati indipendenti (Csi) e sancirono la morte dell’Unione Sovietica.

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