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ABìCinema: W come Western e come John Wayne

Questa settimana la rubrica di cinema ci porta a indagare il Western tra l’esempio di John Wayne, i panorami, le pistole e i cavalli fino ad arrivare al Tarantino di The Hateful Height. Nota di merito al mito di Orson Welles

ABìCinema: W come Western e come John Wayne

Il suo nome e il genere cinematografico che meglio lo ha rappresentato sono un tutt’uno. Al volto dell’attore americano sono legate le immagini, gli sguardi e le visioni della grande epopea del cinema americano. Le grandi praterie, gli assalti degli indiani, le pistole e le mandrie di bisonti nelle sterminate praterie del selvaggio West degli Stati Uniti sono divenute icone granitiche del grande schermo.

John Wayne inizia la carriera alla fine degli anni ‘20 e da allora colleziona oltre 200 titoli. Si ritaglia subito il suo ruolo da giustiziere, da uomo d’ordine e di legge, da salvatore e protettore degli oppressi, salvo poi diventare, specie in tarda età, un rappresentante bellicista dell’ultradestra americana (conclude la sua carriera con Berretti verdi nel ’68). Diventato amico di John Ford, collabora con lui per oltre venti titoli e diviene famoso con il ruolo di Ringo Kid in Ombre rosse del 1939. Seguiranno Il massacro di Fort Apache del ‘48, I cavalieri del Nord Ovest l’anno successivo e Rio Bravo nel ’50. Sarà con Sentieri selvaggi nel 1956 che raggiungerà la sua vetta di maggiore espressività. Vince l’Oscar nel 1969 con Il Grinta.

Il genere Western è forse il più prolifico e quasi certamente quello più affermato e noto nel mondo. Le sue caratteristiche fondamentali sono riconducibili a tre elementi: i grandi panorami, le pistole (o il mitico fucile Winchester) e il cavallo. La collocazione storica si colloca tra la fine della guerra di secessione (1865) e il 1890, anno del massacro di Wounded Knee, ultima guerra di frontiera e considerato il punto finale della completa colonizzazione dei territori posseduti dagli indiani nativi. Il protagonista è sempre l’uomo, il cowboy, che è l’eroe, il conquistatore di territori sconosciuto, il cercatore d’oro, il pioniere, e seppure talvolta è una figura negativa poi, alla fine trova la via della giustizia e si converte al bene. Il panorama diviene icona di questo genere a partire da John Ford che lo rende il palcoscenico ideale dove si svolge tutta la vicenda narrata. Il western nasce nel 1883 con le prime rappresentazioni sceniche nel circo ad opera di una figura leggendaria: Buffalo Bill. Solo nei primi anni del secolo scorso il cinema si appropria dell’epopea della conquista del selvaggio West, avvenuta con la completa disfatta dei nativi americani che, specie per tutta la prima fase storica del genere, vengono sempre rappresentati come selvaggi e cattivi.

Esaurito tutto il ciclo epico, intorno agli anni ’60 il genere Western cambia timbro narrativo e si rivolge verso nuove tracce. Gli stessi eroi assumono dimensioni più umane, con tutti i limiti e le difficoltà delle persone normali. Gli stessi nativi indiani vengono ora proposti in una luce completamente diversa dal periodo precedente. Hanno una cultura, una dignità, una forza spesso pari e, in alcuni casi superiore, ai “bianchi”. Prende forma il cosiddetto “western revisionista” con grandi titoli come Corvo rosso non avrai il mio scalpo, Balla con i lupi, Soldato blu firmati da grandi registi che hanno avuto grande fortuna in questo genere come Sam Peckimpah, Clint Eastwood, Sidney Pollack. Da ricordare, in tempi recenti, Quentin Tarantino con il suo The Hateful Height.

La nostra personale classifica dei migliori titoli di questo genere vede, al primo posto, Ombre rosse e, a seguire senza classifica: C’era una volta il West, di Sergio Leone, Mezzogiorno di fuoco (con il mitico Gary Cooper), I magnifici sette, Sentieri selvaggi, Pat Garret e Billy the Kid (da ricordare la colonna sonora di Bon Dylan), La conquista del West (diviso in cinque e firmato da tre registi: John Ford, Henry Hathaway e George Marshall), Gli spietati e, infine, Mucchio Selvaggio che pur riferito ad una deriva “messicana” rientra bene in questa lista.

Orson Welles. È stato definito uno dei più grandi registi del XX secolo e il suo film più famoso, Quarto potere rimane ancora una pietra miliare nella storia del cinema. Realizza il suo capolavoro a soli 26 anni, sulla scia della notorietà ottenuta con la prima “fake news” mai diffusa prima. Nell’ottobre del ’38, dagli studi radiofonici dove conduceva una trasmissione, annunciò lo sbarco dei marziani sulla terra, scatenando il panico in tutti gli Stati Uniti.

Quarto potere (titolo originale Citizen Kane) è ispirato alla vita reale di William Randolph Hearst, uno degli uomini più ricchi e potenti, proprietario di imperi editoriali ed è stato scritto, interpretato, diretto e prodotto dallo stesso Welles. Con questa pellicola vengono completamente stravolti i canoni classici del cinema hollywoodiano: introduce il piano sequenza come mai prima era avvento insieme ad un uso innovativo della profondità di campo. Inoltre, per la prima volta, stravolge il tempo narrativo che non è lineare ma impostato su continui flash back della vicenda.

Altro suo grande capolavoro è stato L’infernale Quinlan del ’58. Ha vinto sei premi Oscar e due Leoni d’oro a Venezia dove, proprio quest’anno è stata presentata l’ultima sua opera incompiuta: Theother side of the wind.

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