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Tlc, indagine Antitrust-Agcom: un piano per la banda larga e tre scenari per la rete

INDAGINE ANTITRUST-AGCOM – Ci vuole un piano strategico per lo sviluppo delle reti a banda larga che permetta all’Italia di colmare gli intollerabili ritardi nella digitalizzazione del Paese – Dal punto di vista concorrenziale si possono immaginare tre diversi scenari in rapporto alla collocazione della rete – Essenziali investimenti e joint tra operatori.

Tlc, indagine Antitrust-Agcom: un piano per la banda larga e tre scenari per la rete

Un piano strategico nazionale per lo sviluppo delle reti di telecomunicazione a banda larga di nuova generazione, con priorità assoluta alla fibra ottica, e joint venture tra operatori privati per sollecitare e rafforzare gli investimenti. E’ questa la raccomandazione forte che arriva dall’Antitrust e dall’Agcom a conclusione della loro indagine congiunta sulla banda larga per colmare al più presto gli intollerabili ritardi dell’Italia nella digitalizzazione del Paese.

Quanto sia urgente recuperare il terreno perduto nelle sviluppo delle nuove reti lo dice un dato, ben evidenziato, dall’indagine delle due Authority: nella banda ultra-larga l’Italia è – insieme a Cipro e alla Grecia – tra i Paesi Ue nei quali la percentuale della popolazione con un abbonamento è inferiore all’1% contro una media europea del 21% e il gap si è ulteriormente allargato nel triennio 2011-2014.

Come uscire dal tunnel? Antitrust e Agcom sollecitano investimenti pubblici e privati ma senza perdere di vista i profili concorrenziali che nel campo delle telecomunicazioni vedono in campo molti e forse troppi operatori in Italia. Un’attenzione particolare l’indagine rivolge ovviamente alla collocazione della rete fissa oggi in capo prevalentemente a Telecom Italia che gestisce un asset strategico per lo sviluppo delle tlc e del Paese.

A tale proposito le due Authority disegnano tre scenari. Il primo – lo scenario ideale dal punto di vista concorrenziale e regolamentare – è quello di un “operatore di rete puro” non verticalmente integrato nella fornitura di servizi agli utenti. In sostanza, senza dirlo esplicitamente, per scenario ideale l’indagine immagina una sorta di scorporo della rete Telecom sul modello Snam Rete Gas o Terna, ma avvertendo subito che si tratta di uno scenario di “assai difficile realizzazione concreta” perché non bisogna mai dimenticare che Telecom Italia è una società privata che non può essere spossessata di un asset nevralgico come la rete.

Tuttavia, un secondo ed “eventuale scenario alternativo, in cui la struttura di mercato venisse a riorganizzarsi solo sulla figura dell’operatore dominante verticalmente integrato (ndr. Telecom Italia), implicherebbe al contrario – avvertono Antitrust e Agcom – uno scrutinio particolarmente attento sia sotto il profilo antitrust sia in relazione alla sua disciplina regolamentare”.

Resta dunque il terzo scenario, quello cioè di sviluppo delle reti basato su forme di co-investimento tra più operatori anche attraverso joint venture: “Se quest’ultima opzione venisse realizzata in modo da non restringere ingiustificatamente gli spazi per il confronto concorrenziale – sottolinea l’indagine – potrebbe essere considerata soluzione di “secondo best” dal punto di vista concorrenziale, ma con il merito di accelerare i processi di investimento nelle reti di nuova generazione”.

Conclusioni e raccomandazioni chiarissime che suonano la sveglia al Governo, al Parlamento e agli operatori per tradurre rapidamente in pratica gli scenari che devono permettere all’Italia di recuperare il terreno colpevolmente perduto nello sviluppo della banda larga e della fibra ottica e che ci relegano tra gli ultimi della classe in Europa.

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