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WWF: Perché il Piano di Ripresa non piace

Duro documento del WWF sugli aspetti ambientali e di sostenibilità presenti nel PNRR del governo dimissionario

WWF: Perché il Piano di Ripresa non piace

Un piano strategico che metta insieme sostenibilità, investimenti, qualità urbana. Non è esattamente questo che gli ambientalisti vedono nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza preparato dal governo dimissionario. Poche ore prima che si aprisse la crisi di governo il WWF ha aggiunto la propria bocciatura a quella di altre organizzazioni dei giorni scorsi. Non solo. Di fatto ha allungato la lista degli scontenti su temi centrali della ripartenza con Confindustria al primo posto. È evidente la sovrapposizione del testo in circolazione con il destino del Conte2. Qualunque sarà lo sbocco della crisi, bisognerà rimettere mano ad un testo che abbia attenzione per settori portato ti dell’economia italiana.

Ad ogni modo il WWF ha scritto a tutti i parlamentari segnalando il grave deficit sui cardini di un Italia ecosostenibile. Un Paese da riorganizzare che tuteli la biodiversità, il paesaggio artistico e naturale, un territorio esposto a continue calamità . Un documento sintetico , quello recapitato ai politici, ma circostanziato. Con indicazione dei pesi (negativi) che il governo ha attribuito alle  varie misure. Incoerenze a non finire, rispetto alle roboanti dichiarazioni di tutte le parti politiche. Il Bonus verde del 110%, per esempio. Una misura condivisibile che assorbe il 42,2% (29,55 mld su 69,80 mld) delle risorse a disposizione, mentre alla tutela del territorio dal rischio idrogeologico vengono assegnati solo 3,61 mld. Una piccola cifra equivalente appena all’1,6% della spesa  totale. Eppure lo Stato ogni anno impegna miliardi per gestire le emergenze per frane, smottamenti , alluvioni che oltre alle vite umane distruggono siti storici, monumenti , chiese, opered’arte.

Così per l’intera economia circolare si pensa di investire 4,5 miliardi – il 2%- laddove dovrebbe essere il motore del futuro produttivo. Non ci sono soldi per la tutela e il restauro del  patrimonio naturale, altro asset fondamentale per la salute, la sicurezza e il benessere. La ricchezza artistica e monumentale italiana è così trascurata che contrasta apertamente con i ristori e gli aiuti alle categorie colpite dall’epidemia. 

Citazioni , dunque, da  un programma che manca di una visione di lungo respiro . È tutto il sistema Italia, secondo l’analisi del WWF, a non fare passi avanti. In nessun punto – dice la nota ambientalista – viene chiarito come il Piano intenda traguardare gli ambiziosi obiettivi della Commissione Europea e del Green New Deal.  Eppure le linee guida preparate l’anno scorso a Bruxelles dicono che il 37% delle risorse dei Piani di Ripresa nazionali devono andare alle azioni azioni per il clima, l’adattamento ai cambiamenti climatici , alla biodiversità terrestre e marina.

All’Italia in definitiva serve un piano più coerente con gli obiettivi del Next Generation. Anche la Rete Natura 2000, costruita con sacrifici del volontariato e del terzo settore , non è ritenuta strategica. Al contrario i soldi da destinarvi darebbero nuovo slancio a progetti fermi proprio per mancanza di finanziamenti. Un quadro poco esaltante, quando c’è bisogno di lanciare segnali rassicuranti di aggregazione e di sollievo psicologico. 

La cifra finale delle critiche é racchiusa in quella mancanza di visione di impiego di 210 miliardi di euro (65,7 per progetti in essere) che denotano una scarsa propensione per tutto ciò che fa circularity: arte, ambiente, energia, mobilità, cibo. Un antico difetto italico che assume ora i caratteri di una grave sottovalutazione. Inammissibile per un Paese dove il turismo in ogni sua espressione è il 13% del PIL  e dà lavoro a 4 milioni di persone. L’auspicio che chiunque verrà dopo il Conte2 sappia porre rimedio ad un piano che, per come è scritto, espone l’Italia a una colpevole decadenza.

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