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Web: ecco perché Sir Berners-Lee abiura la sua creatura

L’inventore del World Wide Web rinnega la rete e vuole restituire alla gente il controllo sui propri dati personali. Come? Lui ha già deciso

Web: ecco perché Sir Berners-Lee abiura la sua creatura

RICCHEZZA E IDEE

Se la ricchezza dovesse premiare l’idea e non la sua esecuzione, la persona più ricca del mondo non sarebbe Jeff Bezos, ma Tim Berners-Lee. Nel 1990-91 Tim Berners-Lee, insieme al belga Robert Cailliau, ha inventato di sana pianta il World Wide Web nel suo cubicolo al Cern di Ginevra. Ma non ne ha ricavato granché in termini di “vilis pecunia”. Ne ha ricavato una bella soddisfazione morale: la regina Elisabetta lo ha insignito del titolo di “Sir” e quella fetta di umanità consapevole di quello che ha fatto gli è stata riconoscente. A lui va bene così.

Adesso però sta pensando, come vedremo, di tirare su qualche capitale per finanziare la sua nuova idea, naturalmente a fini non lucrativi. Si chiama Solid e mira a restituire alla gente il controllo sui propri dati personali.

HA RAGIONE LA MAZZUCCATO

Forse gli scienziati sono il gruppo di cervelli più idealista e sgangherato che esista. Viene da accostare Tesla (idea della corrente alternata) e Ada Lovelace (idea del software) all’ottimo Berners-Lee (inventore del web), il quale, conscio della portata rivoluzionaria del suo lavoro, non si precipitò a brevettare il codice sorgente del web, ma preferì lasciarlo di pubblico dominio, in modo che tutti potessero migliorarlo e accrescerlo. E naturalmente farci dei soldi.

A guidarlo in questa decisione fu senz’altro la sua etica di scienziato idealista e forse anche il contratto di ingaggio con la prestigiosa istituzione di ricerca ginevrina, uno dei più grandi laboratori di ricerca del mondo a governance pubblica: gli “azionisti” del Cern sono 23 Paesi europei. Indubbiamente sulla decisione di lasciare il codice sorgente del Web di pubblico dominio influirono sia le convinzioni del suo inventore sia il codice morale di condotta dell’istituzione ginevrina.

Ha senz’altro ragione Mariana Mazzucato a scrivere che le origini della grande tecnologia affondano le radici in progetti pubblici o istituzionali. Anche il Web è nato in ambito pubblico per poi svilupparsi e creare una delle più grandi industrie del pianeta grazie all’azione del capitale privato.

1990: ARRIVA QUELLO CHE SERVE

Tim Berners-Lee scrisse le 9555 righe di codice sorgente del web, che motorizzavano il primo sito del pianeta (denominato WorldWideWeb.app), dall’ottobre 1990 all’agosto 1991. Un tempo brevissimo nel quale mise a punto le tre tecnologie che fondano il Web: l’HTML, il linguaggio di markup del Web; l’URL, l’identificativo univoco di una risorsa Web e l’HTTP, il protocollo di trasmissione dei dati.

L’intelligenza di Sir Tim incontrò un’altra eccellenza, di 10 anni più avanti del suo tempo.

Era la workstation NeXTCUBE, il computer marziano introdotto l’anno prima da un team di fuoriusciti dalla Apple guidati da Steve Jobs. L’architettura ad oggetti di NeXT, che si avvaleva del linguaggio Objective C, permetteva di sviluppare applicazioni strategiche (dette allora mission critical)—come quella ideata da Sir Tim—in metà del tempo richiesto dagli altri sistemi. Lo stesso Sir Tim, nella lettera che accompagna la criptoasta (infra) ha descritto bene le modalità di sviluppo del codice originario del web nel linguaggio Objective C con gli strumenti di NeXT.

Anche la prima versione dell’architettura del negozio online di Amazon fu sviluppata, 5 anni più tardi, su un framework a oggetti, webObjects, messo a punto dal team di NeXT.

DEGLI ANTONI E BERIO

Nel gruppo di lavoro che coadiuvò Tim Berners-Lee a costruire il Web c’erano anche degli italiani, che è difficile che si perdano qualcosa. Era il gruppo di sviluppatori e sistemisti che ruotava intorno al professor Giovanni Degli Antoni fondatore e poi direttore del Dipartimento di Scienze dell’Informazione della Statale di Milano.

Degli Antoni, uno dei pionieri dell’informatica italiana, fu il primo, insieme a Luciano Berio che nel 1990 presiedeva l’istituto di musica elettronica Tempo Reale a Firenze, a vedere le potenzialità nel NeXT. Degli Antoni e Berio fecero arrivare a Milano e Firenze i primi NeXTCube “italiani”, addirittura nella versione senza hard disk ma con disco magnetico-ottico riscrivibile. Ancora Firenze e Milano, ancora cultura e tecnologia, come ai tempi di Leonardo. Vorrà pur dire qualcosa?

Degli Antoni, di supporto al progetto Web del gruppo del Cern, e Berio, nel campo della musica sperimentale, misero al lavoro un nutrito gruppo di giovani tecnologi che non avrebbero facilmente dimenticato, nelle loro brillanti carriere successive, quell’esperienza seminabileweb della loro gioventù.

L’ABIURA DI SIR TIM BERNERS-LEE

Galileo fu costretto ad abiurare, ma l’atto di rifiuto del Web, nel suo stato attuale, da parte del suo creatore è stato spontaneo, netto e categorico. Lo ha fatto in un editoriale sul “New York Times” dal titolo I Invented the World Wide Web. Here’s How We Can Fix It.

Il Web dei grandi monopoli, delle ‘Server farm’ centralizzate, degli orti chiusi, della rapina dei dati, delle fake news è visto da Sir Tim come la negazione dello spirito ugualitario, democratico, decentralizzato — figlio di una cultura sostanzialmente anarchica — del Web delle origini.

I quattro irrinunciabili principi costituivi del Web dei fondatori erano: la decentralizzazione; la neutralità; il design dal basso verso l’alto; l’universalità e il consenso.

Questi principi sono andati quasi interamente perduti nel Web di oggi costruito, per usare l’espressione preferita dallo scienziato inglese, intorno a “silos”, cioè immensi sistemi di sorveglianza che respingono l’innovazione. Secondo Sir Tim ci vuole un nuovo contratto per il web che unisca tutti gli attori intorno a un progetto condiviso e sostenibile.

EVVIVA I NFT (NON FUNGIBLE TOKEN)

La tecnologia che, oggi, appare l’autentica erede del web originario è la blockchain, l’unica in grado di restituire il potere alle persone grazie alla sua struttura decentralizzata e distribuita, aliena da ogni possibilità controllo centralizzato.

“La comunità della blockchain e la mia (quella costruita intorno al progetto Solid) condividono la stessa motivazione di restituire il potere al popolo”.

Questa la perentoria affermazione di Tim Berners-Lee al “Financial Times”, è scaturita da uno slancio “lennoniano”, probabilmente lo stesso che aveva nutrito il suo lavoro 30 anni prima.

Il suo entusiasmo per questa tecnologia lo ha spinto ad affidare a Sotheby’s il codice sorgente del web autenticato da un non-fungible token (NFT) con il prezzo base d’asta di 1000 dollari. C’è da scommettere che sarà battuto ad almeno 5 mila volte tanto. Si accettano anche criptovalute.

Sir Tim ha accompagnato la sua firma autografa digitale al codice con una lettera in cui motiva le ragioni della scelta dei NFT e della cripotoasta.

Qui puoi trovare la lettera in traduzione italiana e in versione originale.

Il ritorno in termini di immagine, per la tecnologia dei NFT e per le stesse case d’aste che l’hanno abbracciata, sarà enorme. È come se avessero ricevuto il patrocinio del creatore, così come lo intuiamo nella più possente raffigurazione di un endorsement che si conosca, quella contenuta nella Trinità dipinta dal Masaccio-Brunelleschi in Santa Maria Novella. Un’opera che è la sintesi della cultura dell’umanesimo.

PRIMA DI ANDARE….

Vorrei suggerirvi di guardare qualche episodio della terza stagione della serie New Amsterdam su Infinity. Oltre all’avvincente racconto delle storie dei medici, paramedici e pazienti del più grande ospedale pubblico di New York, potrete farvi un’idea dell’impatto che ha avuto la pandemia su una grande struttura ospedaliera di una grande metropoli flagellata dal Covid.

Questa terza stagione della serie, come anche le altre, offre anche un ottimo spaccato sulla “cultura woke” che trova proprio a New York il suo epicentro. Il motto del direttore sanitario del New Amsterdam, Dr. Max Goodwin, è in ogni circostanza: «Come posso aiutare? (How can I help?)». E “How can I help?” è anche la domanda che ci rivolge Sir Tim Berners-Lee. Ma noi neppure sappiamo da che parte rifarci.

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