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Wall Street Journal e Google: duro scontro sui risultati di ricerca

Un’indagine realizzata dal Wall Street Journal imputa a Google un comportamento poco trasparente del suo algoritmo, con l’obiettivo di favorire i grandi investitori, promuovere solamente siti web importanti e mostrare risultati più “innocui”. La secca replica di Big G non si è però fatta attendere.

Wall Street Journal e Google: duro scontro sui risultati di ricerca

Google interferisce manualmente con i suoi algoritmi di ricerca e modifica i suoi risultati in base ad alcune preferenze? E’ l’accusa che il Wall Street Journal rivolge a Google, entrando a gamba tesa su un tema scottante che vede, da anni, il colosso americano al centro di accesi dibattiti e provocato diverse maxi multe in merito a presunti abusi di posizione dominante.

Il noto quotidiano statunitense ha pubblicato nei giorni scorsi un’indagine, condotta attraverso la somministrazione di più di 100 interviste e test sui risultati di ricerca di Google, che imputerebbe all’azienda di Mountain View la manipolazione dell’elenco dei siti proposti a favore di grandi investitori e a discapito dei più piccoli. Il sospetto avanzato è che esista un sistema in grado di eliminare i suggerimenti controversi dal completamento automatico, utilizzando una copiosa blacklist di siti.

I ricercatori sostengono quindi che, nonostante Google si sia battuto più volte pubblicamente per dimostrare come i risultati vengano proposti all’utente sulla base di un algoritmo che lega la query di ricerca ai siti con una maggiore rilevanza, il motore di ricerca agisca in realtà seguendo una sua politica aziendale ben precisa.

Solo in Europa, Google è alla quarta multa miliardaria in pochi anni. La più recente arriva dalla Francia, che si è vista versare dall’azienda di Mountain View quasi un miliardo di euro, per una presunta frode fiscale e per una consistente somma relativa ad alcune tasse arretrate. Risalgono al 2017, invece, due maxi multe giunte una di seguito all’altra: la prima di 4,34 miliardi di euro, per il sistema operativo Android, la seconda di 2,4 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante sui servizi di comparazione e shopping. È di 1,49 miliardi di dollari, infine, la sanzione giunta da Bruxelles la primavera scorsa per una violazione alle regole di concorrenza. In questo caso, secondo l’UE, Google avrebbe abusato della sua posizione dominante attraverso la sua piattaforma AdSense, con l’obiettivo di imporre delle clausole, fortemente restrittive, ai siti web di terze parti.

Dal 2017 a oggi, Google ha apportato numerose e significative modifiche al suo algoritmo. Nel 2017, le modifiche sono state oltre 2.400, mentre nel 2018 hanno toccato quota 3.200, 8 volte in più rispetto al numero di aggiornamenti effettuati nel 2009. I ricercatori del WSJ, in seguito all’indagine effettuata, sono giunti alla conclusione che dietro al funzionamento del motore di ricerca e all’aggiornamento del suo algoritmo ci siano ingegneri e manager che lavorano guidati da interessi potenti in grado, quindi, di manipolare i risultati. Durante l’investigazione, il Wall Street Journal ha messo a confronto i risultati di ricerca restituiti da Google con quelli restituiti da altri due motori, Bing e DuckDuckGo. I test effettuati hanno mostrato un comportamento differente tra i tre motori di ricerca, per specifiche query con completamento automatico, per un totale di 15 keyword su questioni politiche, i candidati e i nomi riportati all’interno delle news. Nello specifico, Google sembrerebbe aver restituito dei risultati “più innocui” rispetto ai suoi concorrenti.

Mountain View è intervenuto conun portavoce, controbattendo seccamente le critiche e sostenendo che “facciamo oggi ciò che abbiamo fatto da sempre, fornire risultati pertinenti dalle fonti più affidabili disponibili”. “Questo articolo” – ha continuato il portavoce in riferimento al Wall Street Journal – contiene numerosi aneddoti vecchi e incompleti, molti dei quali non solo hanno preceduto i nostri processi e le nostre politiche attuali, ma danno anche un’impressione molto imprecisa di come affrontiamo la costruzione e il miglioramento della ricerca”. L’azienda resta, dunque, sulle sue posizioni, dichiarandosi trasparente in merito alle sue linee guida e sui progetti passati e futuri riguardanti il comportamento del suo algoritmo.

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