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Visa fa shopping in Svezia e punta sull’open banking europeo

Il colosso delle carte di credito ha acquisito per 1,8 miliardi di euro Tink, startup specializzata nell’open banking – Poste Italiane ha venduto la sua partecipazione del 4,7% in Tink al gruppo Visa realizzando in 18 mesi 3,5 volte il valore dell’investimento iniziale

Visa fa shopping in Svezia e punta sull’open banking europeo

Visa fa shopping in Svezia. Il colosso statunitense delle carte di credito ha acquistato la startup Tink, titolare di una piattaforma europea di open banking, sborsando 1,8 miliardi di euro (2,1 miliardi di dollari). L’accordo è stato annunciato oggi, giovedì 24 giugno, dalla stessa società. Un’operazione che in qualche modo investe anche Poste Italiane che ha venduto la sua partecipazione del 4,7% in Tink al gruppo Visa, realizzando in soli 18 mesi 3,5 volte il valore dell’investimento iniziale.

Secondo quanto previsto, Tink manterrà il proprio marchio così come il team di gestione. Inoltre, la sede centrale della società rimarrà in Svezia, a Stoccolma. La piattaforma è integrata con più di 3.400 banche e istituzioni finanziarie per milioni di clienti bancari in tutta Europa e consentirà a Visa di penetrare in maniera capillare nell’open banking del vacchio continente.

L’operazione – fa sapere la società in una nota – sarà finanziata con liquidità già disponibile e l’acquisizione non avrà alcun impatto sul programma di riacquisto di azioni precedentemente annunciato o sulla politica dei dividendi,

“Visa si impegna a fare tutto il possibile per promuovere l’innovazione e responsabilizzare i consumatori a sostegno degli obiettivi dell’open banking in Europa”, ha affermato l’amministratore delegato e presidente Al Kelly. “Riunendo la rete di Visa e le capacità di open banking di Tink, forniremo maggiore valore ai consumatori e alle imprese europee con strumenti per rendere le loro vite finanziarie più semplici, affidabili e sicure”, ha aggiunto il manager.

Ricordiamo che a gennaio Visa e la fintech Plaid hanno annullato il loro accordo di fusione da 5,3 miliardi di dollari a seguito di una causa del governo degli Stati Uniti relativa a  motivi antitrust.

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