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Veneto Banca, il procuratore De Bortoli: “Si va verso la prescrizione”

Lungo sfogo del Procuratore reggente di Treviso nel corso di un’audizione davanti alla Commissione d’inchiesta sulle banche. L’ex ad Consoli, unico imputato nel processo sul crac di Veneto Banca “non farà neanche un giorno di carcere” – “Consoli era un despota assoluto, Bankitalia ha fatto quello che poteva”.

Veneto Banca, il procuratore De Bortoli: “Si va verso la prescrizione”

“Mi sono sentito solo, ho dovuto fare i conti con le nostre risorse, la procura di Treviso è sottodimensionata e io avevo anche altri processi di cui occuparmi. L’unico aiuto è arrivato dalla Guardia di Finanza, mentre ogni nostra richiesta allo Stato di potenziamento dell’organico è stata ignorata. E la prescrizione dei reati arriverà entro l’autunno”. Queste le parole pronunciate dal procuratore reggente della Repubblica di Treviso, Massimo De Bortoli, titolare dell’inchiesta sul crac di Veneto Banca, alla Commissione parlamentare d’inchiesta bis sulle banche. 

Più che un’audizione è sembrato uno sfogo di due ore, nel corso delle quali De Bortoli ha ricostruito il crac di Veneto Banca e ha fatto il punto sul processo in corso contro l’ex amministratore delegato dell’istituto di Montebelluna Vincenzo Consoli, definito “un despota assoluto” che “poteva far licenziare qualsiasi dirigente a lui sgradito ed allontanare amministratori e sindaci. Imponendo alle sue strutture tecniche di individuare un certo range alla fine decideva come credeva il valore delle azioni. Manipolando i propri sottoposti faceva in modo che ai clienti fossero trasferite false informazioni e non aveva alcun limite”. 

LA STORIA

Il processo riguarda il crac di Veneto Banca, a causa del quale sono andati in fumo circa 6,5 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 90mila risparmiatori. Nel mese di giugno del 2016 la Banca ha avviato un’azione di responsabilità contro gli ex amministratori e sindaci in carica fino al 26 aprile del 2014, chiedendo danni per 2,3 miliardi di euro. L’anno dopo, Veneto Banca, insieme alla popolare di Vicenza, è stata acquistata da Intesa Sanpaolo al prezzo simbolico di 50 centesimi. Le due banche erano state precedentemente ripulite dei crediti deteriorati posti a carico del fondo Atlante, a partecipazione pubblica.

Il processo in corso al Tribunale di Treviso, vede come unico imputato l’ex amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Consoli, accusato di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Secondo l’accusa, tra il 2012 e il 2013, quando gli ispettori della Banca d’Italia aveva effettuato un accesso ai bilanci per verificare come mai il prezzo delle azioni fosse “incoerente con la situazione finanziaria della società e con il contesto economico”, Consoli avrebbe comunicato a via Nazionale un patrimonio gonfiato (da 613 milioni reali a 2,3 miliardi dichiarati). 

Nel corso dell’udienza preliminare tenutasi lo scorso 9 gennaio, il gup di Treviso Gianluigi Zulian ha escluso la responsabilità civile di Intesa Sanpaolo, ma anche di Bankitalia, Consob e del revisore PricewaterhouseCoopers (Pwc). 

ARMI SPUNTATE

“È stata una vera e propria frode bancaria durata per anni quella perpetrata nei confronti dei risparmiatori da Veneto Banca” ha sottolineato il procuratore reggente di Treviso,. Nel corso dell’audizione, De Bortoli ha evidenziato come “a fronte di fenomeni così eclatanti, configurabili come disastro bancario, è evidente che il sistema giudiziario penale ha le armi spuntate”. 

“L’ad Vincenzo Consoli – ha continuato il magistrato – unitamente ad alcuni dirigenti hanno volutamente e consapevolmente tenuto occultato le gravi perdite che l’istituto aveva subito dal punto di vista del patrimonio di vigilanza dovuto ad una sciagurata politica di concessione dei finanziamenti in alcuni casi senza alcuna garanzia”, 

“Il tutto, mentre il valore dell’azione stabilito dall’assemblea dei soci su proposta del cda era sempre tenuto molto elevato a dispetto della reale condizione economica e patrimoniale della banca. Si è calcolato che quando nel 2015 l’azione era stata detta valere 39 euro in realtà ne valesse 7 o 8. Il valore dell’azione nel 2016 in occasione di un ultimo tentativo di aumento di capitale crollò poi a 0,10 euro”, ha spiegato. 

“Nei confronti di Consoli non è pensabile alcuna misura cautelare, dato che, essendo in pensione, non c’è rischio di recidiva e, avendo già acquisito ogni elemento, non ha più modo di inquinare le prove. Non ci sono elementi tali da far temere il pericolo di fuga, visto che risiede nella sua bellissima villa di Vicenza, e, anche in caso di condanna, avendo superato i 70 anni, difficilmente farà anche solo qualche giorno di carcere”.

Il RUOLO DI BANKITALIA

Bankitalia poteva fare di più? Questa la domanda che molti si pongono da anni. Secondo De Bortoli, la Vigilanza avrebbe potuto fare di più solo in un momento. “Da quello che ho potuto verificare io, quando c’è stato il rinnovo del Cda è stato forse l’unico momento in cui Banca d’Italia avrebbe forse potuto fare di più perché Consoli non era più Ad, ma era rimasto direttore generale e di fatto il ‘dominus assoluto’ della banca. Quando l’aumento di capitale fu recepito da Consob forse Bankitalia avrebbe potuto dire ‘va bene ma Consoli non deve rimanere neppure direttore generale”. 

Ciò nonostante, secondo il procuratore reggente di Treviso “Bankitalia ha fatto quello che poteva. Noi pensiamo che i poteri ispettivi consentano di andare al di là delle apparenze, ma in realtà, nelle verifiche e nelle ispezioni, l’istituto centrale si fa fornire dati dal soggetto che va a controllare ma se i dati non sono reali è evidente che anche Bankitalia può essere tratta in inganno così come è stata ingannata pure la Consob”.

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