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Usa-Cina: sul 5G la vera battaglia, Ue al centro dello scontro

Dopo la decisione del Regno Unito di escludere Huawei dal 5G britannico, arrivano nuove sanzioni degli Stati Uniti sulla Cina per il caso Hong Kong – Lo scontro commerciale coinvolge direttamente le nuove tecnologie e su questo fronte saranno fondamentali le decisioni degli Stati europei – Ecco lo scenario su cui si fonda lo scontro tra i due colossi mondiali

Usa-Cina: sul 5G la vera battaglia, Ue al centro dello scontro

Torna a salire la tensione tra Usa e Cina. Il presidente statunitense, Donald Trump, ha annunciato nel corso di una conferenza stampa nuove sanzioni contro Pechino. La legge, ha sottolineato il numero uno della Casa Bianca, è stata approvata all’unanimità dal Congresso, mettendo dunque d’accordo repubblicani e democratici (quasi un miracolo, di questi tempi). Le nuove sanzioni “puniranno” i dirigenti cinesi che applicano le nuove regole di sicurezza a Hong Kong e tutte le banche che hanno attività con loro.

Non solo: “Oggi ho anche firmato un ordine esecutivo che mette fine al trattamento preferenziale per Hong Kong che ora avrà le stesse condizioni della Cina continentale – ha detto Trump -. Non ci saranno più privilegi e trattamenti finanziari di favore, stop anche all’export di tecnologie”.

Le sanzioni annunciate da Trump seguono, tra l’altro, l’ennesimo duro colpo inferto dagli Usa a Huawei. Dopo l’estensione fino al mese di maggio del 2021 del divieto imposto alle società Usa di impiegare apparati di rete Huawei e ZTE, il Dipartimento del Commercio americano ha vietato la fornitura alla società cinese di chip che usano strumenti di progettazione, componenti e macchinari prodotti con tecnologia Usa, colpendo la società asiatica su un un terreno scivolosissimo (Huawei sui semiconduttori ha sempre puntato sull’import). La battaglia dunque non è solo commerciale, ma anche e soprattutto tecnologica e si intreccia saldamente con lo sviluppo globale del 5G.

Nonostante ciò, ufficialmente, scatenare la nuova offensiva statunitense, come detto, è stata la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, entrata in vigore il primo luglio, che punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere compiuti nell’ex colonia britannica e apre alla presenza di agenzia di sicurezza cinesi sul territorio. Una norma che de facto criminalizza il dissenso interno, cercando di porre un freno ai movimenti di protesta che prima dell’esplosione della pandemia di coronavirus hanno riempito le strade della città. 

Pechino però non sembra intenzionata a farsi intimorire. Tramite una nota, il ministero degli Esteri cinese ribadisce che nessun Paese ha il diritto di interferire “negli affari interni della Cina”. “I tentativi americani di ostacolare la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong non avranno mai successo. Per salvaguardare i propri interessi legittimi, la Cina darà una risposta necessaria e imporrà sanzioni alle persone e alle entità statunitensi competenti”, si legge nel comunicato. Pechino esorta infine gli Stati Uniti a “correggere i propri errori” e a interrompere le interferenze nelle questioni interne della Cina.

In contemporanea arriva anche la risposta (dura) al Regno Unito relativa alla decisione presa il 14 luglio da Johnson di escludere Huawei dallo sviluppo del 5G sul territorio britannico, indicando come motivazione alla base della sua scelta “le ultime decisioni di Washington” sui chip che di fatto creeranno al colosso cinese grossi problemi di approvvigionamento costringendolo a rivolgersi a fonti considerate da Londra molto pericolose.

Stavolta la replica è affidata a un articolo del Global Times, giornale pubblicato dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa ufficiale del Partito Comunista Cinese. La scelta di Downing Street viene considerata “il risultato di pesanti pressioni” esercitate “da Washington”, una decisione cui la Cina dovrà rispondere con forza. “È necessario che la Cina contrattacchi alla Gran Bretagna, altrimenti non saremmo troppo facili da bullizzare? La rappresaglia dovrebbe essere pubblica e dolorosa per il Regno Unito”, si legge nell’editoriale che però sottolinea: “non è necessario trasformarla in uno scontro tra Cina e Gran Bretagna”. 

Non ci sarà nessuno scontro, forse, ma le possibilità che il Regno Unito riesca a strappare alla Cina un accordo commerciale “favorevole” per il dopo Brexit sembrano ridursi notevolmente. 

Con la decisione di Londra, la battaglia commerciale tra Usa e Cina che per tutto il 2019 ha monopolizzato l’attenzione dei mercati pare allargarsi anche all’Europa. Solo che ormai il campo si è spostato su un altro terreno sensibile: la tecnologia in generale e lo sviluppo del 5G in particolare. 

Un mercato, quello dello standard di quinta generazione, dominato da tre player: al colosso cinese Huawei si affiancano infatti Ericsson (svedese) e Nokia (finlandese) con le ultime due che nell’ultimo anno hanno approfittato delle difficoltà create alla multinazionale di Shenzhen dai ban statunitensi per recuperare parte del gap esistente in precedenza, anche se i prezzi garantiti da Huawei rimangono tuttora imbattibili. 

Certo è che il dominio tecnologico cinese sarà comunque difficile da scalfire anche se, e di questo è consapevole anche Trump, un ruolo fondamentale in questo scontro sarà ricoperto proprio dall’Unione Europea. Non a caso il presidente americano ieri ha citato direttamente l’Italia. Nonostante a Roma, per il momento, non si stia discutendo su un’esclusione diretta di Huawei delle telecomunicazioni, la scorsa settimana il Governo Conte ha esercitato il Golden Power su due contratti di fornitura 5G di Huawei a Tim e Wind. Parallelamente la società presieduta da Salvatore Rossi ha deciso di escludere Huawei dalla gara per la realizzazione della parte core della rete 5G in Italia e Brasile. 

Due mosse che hanno allarmato la società cinese che teme che la scelta di Johnson possa far cambiare idea anche agli altri Paesi Europei. Tant’è che dopo l’annuncio della decisione britannica, Huawei ha lanciato un appello al nostro Esecutivo: “Ci aspettiamo che il governo italiano prosegua il suo processo di digitalizzazione sulla base di criteri di sicurezza obiettivi, indipendenti e trasparenti per tutti i fornitori, preservando la diversità e la concorrenza nel mercato” si legge in una nota.

E gli altri Paesi? La scorsa settimana il capo della cybersicurezza francese ha fatto sapere che le società che fanno affari con Huawei avranno a disposizione solo licenze limitate nel tempo, mentre la Germania comunicherà le sue indicazioni solo a settembre, anche se la cancelliera tedesca Angela Merkel non sembra intenzionata ad escludere i cinesi dallo sviluppo del 5G e si è sempre detta contraria a qualsiasi tipo di bando. Scopo comune, in ogni caso, sarà quello di garantire la sicurezza, evitando di pregiudicare lo sviluppo del 5G e soprattutto cercando di rimanere nei tempi stabiliti in precedenza (in caso contrario i costi potrebbero lievitare). Un equilibrio per niente facile da mantenere.

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