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Usa, Biden e le 2 scommesse dei primi 100 giorni: welfare e più Stato

Negli Usa l’amministrazione Biden è partita alla grande: 6 mila miliardi per l’economia, ma soprattutto due scommesse politiche, con la rivalutazione del ruolo dello Stato e la promessa di assicurare il welfare alle classi meno abbienti – Ma c’è il problema dell’immigrazione

Usa, Biden e le 2 scommesse dei primi 100 giorni: welfare e più Stato

In Europa abbiamo guardato soprattutto le cifre, grandiose, che il presidente americano Joe Biden ha messo complessivamente sul tavolo per uscire dalla pandemia e dalla grande crisi degli anni 2020-2021. In totale, se il Congresso dovesse approvare in pieno le due ultime tranches per circa complessivi 4mila miliardi di dollari, saranno circa 6 mila miliardi. L’Europa, compresi i paesi extra-Ue fra cui il Regno Unito, sembra avere fatto meno, anche in rapporto a una popolazione che è assai più consistente. I primi 100 giorni di Biden sono stati quindi una scommessa sul rilancio e, insieme alle vaccinazioni decisamente più veloci che in gran parte d’Europa, sono stati un successo.

Per avere un quadro più a fuoco occorre però valutare due altri aspetti, senza dimenticare il segnale lanciato nelle ultime ore con la sospensione temporanea dei brevetti sui vacci anti-Covid. Il primo, fondamentale, è politico, e impone di inquadrare la gigantesca nuova spesa federale di Biden nell’insieme della sua scommessa politica. Lui e la sua squadra sono convinti che pandemia e difficoltà economiche consentano di ribaltare 40 anni di un credo socioeconomico dominato o condizionato dall’eredità di Ronald Reagan: il Governo, diceva Ronald Reagan, non è la soluzione, ma è il problema, meno governo c’è, meglio è. E meno tasse ci sono, continuava la favola, più aumenta il gettito fiscale, perché l’economia galoppa. Reagan ha seguito solo a tratti questa filosofia, quanto basta per quasi triplicare i poco meno di mille miliardi di debito lasciatigli da Jimmy Carter. L’idea però che mai lo Stato può servire a qualcosa di buono è entrata nel bagaglio culturale di circa la metà degli americani, mentre prima di Reagan era la filosofia di circa un quinto, e anche meno, la componente spesso repubblicana degli irriducibili. Con la pandemia e il successivo semiblocco dell’economia è chiaro a tutti che la mano pubblica ha un ruolo, eccome. E Biden sta cavalcando questa inevitabile presa di coscienza.

Il secondo aspetto da non dimenticare è che la generosità degli stanziamenti speciali, in particolare i 1.900 miliardi già approvati a marzo ’21 del Covid Relief Bill di Biden che si sono aggiunti a quanto stanziato nell’era Trump (2mila miliardi di aiuti del marzo ’20 più 900 imposti a Trump dal Congresso a dicembre del ’20), riflettono la diversa realtà della rete sociale americana, con assai meno ammortizzatori automatici rispetto alla socialdemocratica Europa. E quindi con la necessità, in una drammatica pandemia, di più interventi ad hoc delle casse pubbliche. Secondo un’analisi Ocse, citata in questi giorni dal New York Times, se in una famiglia con due figli il genitore con lo stipendio più alto perde il lavoro, la famiglia americana si ritrova in genere in sei mesi ad avere il 28% della capacità di spesa precedente, mentre in Germania può sempre contare sul 70% e in Danimarca sul 90 per cento.

Biden dovrebbe presto aggiungere ai 1.900 miliardi già operativi altri 2.300 miliardi per strade, ferrovie, ponti, acquedotti e infrastrutture in genere, una blueprint for blue-collar America, l’ha chiamata il Presidente, una mappa per i lavoratori americani. E ancora altri 1.800 miliardi per ampliare la protezione sociale. Questo se il Congresso, dove la maggioranza democratica è risicatissima, non imporrà riduzioni.

Alla Casa Bianca il capo dello staff Ron Klain è deciso a garantire a Joe Biden un alto piedestallo accanto ai grandi riformatori Franklin Roosevelt (New Deal) e Lyndon Johnson (Great Society, cioè il quasi completamento del New Deal). Non hanno commesso l’errore di cavalcare ancora una volta quello che è da 40 anni il grande progetto sociale dei democratici: un sistema sanitario single payer, a cassa centrale unica, cioè alla canadese, cioè all’europea. Biden e la sua squadra hanno scelto strade laterali assai meno dirompenti rispetto alle ostilità di principio repubblicane, e non solo, a dare la sanità universale a chi non la paga e non è né anziano né con alcune malattie croniche. Biden assicurerà asili, assistenza prescolastica e scolastica, i primi due anni di college in scuole pubbliche gratuite o quasi, licenze pagate per malattie e gravi motivi familiari. Il tutto inserito in una visione politica che va ben oltre la spesa sociale in senso stretto.

“Dobbiamo dimostrare che la democrazia ancora funziona, che il nostro governo ancora funziona, e che possiamo offrire risultati al nostro popolo”. Ci sono dittature e nuove autocrazie che vogliono imporre la loro presunta superiorità sulle democrazie, ha detto nel primo discorso al Congresso, il 28 aprile, alle 9 di sera, orario scelto per consentire che anche sulla cosa ovest potessero seguire in diretta. Ha citato quattro volte la Cina, e ricordato che la questione geopolitica è chiara, e consiste nel vedere “chi vincerà il XXI secolo”.

Alla Casa Bianca la convinzione è che nel 2008-2009, nel pieno dell’ultima grande crisi finanziaria, Obama avrebbe potuto chiedere al Congresso assai più dei circa 700 miliardi che chiese e avrebbe potuto spendere assai più tempo per spiegare agli elettori che cosa stava facendo e perché lo stava facendo. Ciò che la Casa Bianca di Biden non dice, per lealtà di partito e perché lo stesso Biden e molti suoi stretti collaboratori attuali facevano parte di quella squadra, è che Obama spiegò poco perché non poteva dire fino in fondo ciò che stava facendo, cioè aiutando molto di più le banche dei cittadini comuni, alle prese con il crollo dei valori immobiliari, i mutui e altri nodi finanziari. Fra le conseguenze ci fu Donald Trump.

Biden è partito alla grande. Unico serio problema, per ora, l’immigrazione. Le sue promesse di una politica diversa hanno decuplicato la pressione alle frontiere del Sud Ovest, lungo il confine del Rio Grande e altrove, con provenienze soprattutto dal centro America devastato da crisi politiche sociali ed economiche senza fine. Si va verso quote di ingresso sulla base anche delle necessità dell’economia degli Stati Uniti. La forza della ripresa, in America sempre più forte che in Europa anche perché la caduta precedente è sempre più rapida dati i minori ammortizzatori, dovrebbe giustificare la scommessa. E avviare sui binari giusti la difficile gestione di un debito pubblico a livelli di guardia, e oltre. Il dollaro e la Fed aiutano. “Cari concittadini – ha detto il presidente nel discorso serale di fine aprile insistendo sul concetto dell’inizio di una nuova era – la trickle-down economics, con gli stimoli alla parte alta dei redditi, non ha mai funzionato, ed è l’ora di far crescere l’economia dalla classe meno abbiente e dalla classe media”. Seguiranno notevoli aumenti di imposte, sui redditi di impresa e sulle plusvalenze finanziarie, ma nessuno al di sotto dei 400mila dollari annui di reddito verrà toccato, ha detto il presidente.

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