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Unicredit: Europa Centro-orientale e Baltici in crescita nel 2015 ma aumentano differenze tra Paesi

Secondo il report CEE Quarterly di Unicredit Research l’Europa Centro-orientale e gli Stati baltici sono in netta crescita nel 2015 anche se a ritmi diversi che premieranno i Paesi più impegnati nelle riforme – In contrazione la Russia, dipendente dalle esportazioni di materie prime in un’economia globale che fa sempre meno uso delle risorse energetiche.

Unicredit: Europa Centro-orientale e Baltici in crescita nel 2015 ma aumentano differenze tra Paesi

Nel corso del 2015, la ripresa economica incerta nell’Eurozona e la debolezza degli scambi commerciali globali continueranno ad accentuare le differenze tra i singoli Paesi dell’Europa Centro-orientale (CEE). In particolare, si prospettano possibilità di crescita per le economie impegnate in progetti di riforme, mentre gli stati con evidenti problemi strutturali si troveranno in recessione.

Sono queste le principali conclusioni dell’ultimo “CEE Quarterly”, rapporto trimestrale sui Paesi CEE pubblicato da UniCredit Economics & FI/FX Research e dedicato all’attività economica nella regione. L’Europa centrale e i Paesi Baltici si distinguono ancora una volta in positivo perché possono vantare una ripresa apprezzabile, parametri fiscali migliori e fonti affidabili di finanziamento esterno. Nel complesso, l’economia dell’Europa Centrale e Sud-orientale dovrebbe crescere del 2,5% nell’anno in corso e del 2,9% nel 2016, mentre il dato per l’intera regione si attesta rispettivamente a quota 0,2% e 2,2% a causa della contrazione in Russia.

L’export globale offre un sostegno limitato

Contrariamente all’inizio del 2014, per molti Paesi CEE le esportazioni nette rappresentano oggi più un freno che uno stimolo alla crescita economica. Il rafforzamento della domanda interna, infatti, provoca un aumento delle importazioni, mentre l’incertezza della ripresa economica nell’Eurozona, la debolezza della domanda da parte di altri mercati emergenti e i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente ostacolano le esportazioni e concederanno all’export globale una crescita di appena il 3-4% annuo nel 2015 e nel 2016.

“Il basso indice di crescita delle esportazioni fa sì che i prezzi assumano un ruolo sempre più importante. In questo contesto, il deprezzamento dell’euro contro il dollaro USA potrebbe favorire temporaneamente l’export dei Paesi CEE al di fuori dell’UE. Se ciò non bastasse, gli stati dell’Europa Centro-orientale potrebbero indebolire le proprie valute con tassi di cambio flessibili rispetto all’euro al fine di allentare la politica monetaria”, ha commentato Dan Bucsa, economista di UniCredit.

A lungo termine, tuttavia, le economie europee della regione Centro-orientale si dovranno evolvere in centri produttivi più sofisticati con un più elevato valore aggiunto. Per quanto riguarda i flussi di capitale, la disponibilità di fondi UE costituisce la differenza fondamentale tra gli stati membri e altri mercati emergenti, dal momento che scarseggiano gli investimenti esteri diretti. In passato per i Paesi CEE era più facile ampliare le proprie quote di mercato all’interno dell’Unione Europea piuttosto che espandersi in nuovi mercati. Questo vale soprattutto per i membri più recenti dell’unione monetaria, i quali hanno guadagnato i propri spazi commerciali nei mercati dell’UE sottraendo quote ai Paesi periferici, come Francia e Regno Unito. Nel 2015, gli ultimi arrivati nell’Unione potrebbero perfino superare i Paesi periferici in termini di quota di mercato dell’export intra-europeo grazie a fattori quali i minori costi di produzione, mercati del lavoro più flessibili, prossimità geografica e fisco più leggero.

Ciononostante, l’indice di crescita delle esportazioni dai Paesi CEE verso l’UE si attesterà appena al di sopra del 5% nel 2015. Le speranze dei Paesi CEE sono dunque riposte negli Stati Uniti e nella Germania. Anche se da un lato gli analisti UniCredit prevedono un rafforzamento della crescita negli USA, questa espansione avrà effetti positivi sui Paesi CEE solo in misura limitata, attraverso la domanda proveniente dalla Germania. Nonostante una graduale accelerazione della crescita trimestrale, il dato annuale sull’attività economica tedesca probabilmente scenderà a quota 1,2% nel 2015, contro l’1,5% nel 2014, per poi tornare ad aumentare fino al 2,0% il prossimo anno.

Le sanzioni commerciali contro la Russia potrebbero essere ritirate quest’anno

Oltre alle elezioni in Grecia e alle prospettive di crescita incerte nell’Eurozona, un ulteriore problema di non poco conto per i Paesi CEE è rappresentato dalle sanzioni internazionali contro la Russia. Questi provvedimenti potrebbero essere ritirati se i 28 stati membri dell’UE non raggiungeranno un accordo sulla loro proroga. Nel caso in cui le sanzioni commerciali venissero parzialmente revocate, a sua volta la Russia potrebbe allentare le restrizioni sulle importazioni di generi alimentari. Per contro, le sanzioni finanziarie resteranno in vigore fino a che gli Stati Uniti non vedranno risolversi in modo soddisfacente la crisi ucraina.

“Le ripercussioni dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente sugli scambi commerciali dei Paesi CEE sono state finora piuttosto blande. Anche se le importazioni stagionali di energia dalla Russia hanno verosimilmente provocato un ampliamento del deficit della bilancia commerciale nei Paesi CEE nell’ultimo trimestre 2014, ci sentiamo di escludere un sostanziale deterioramento dei saldi”, ha dichiarato Bucsa. “La crisi ucraina rappresenta un rischio maggiore per l’Europa Centrale e Orientale se vista attraverso gli effetti che determina sulle prospettive economiche dell’Eurozona e della Germania in particolare”.

La Russia, dal canto suo, è già esposta a un rischio di recessione a breve termine e di calo della crescita potenziale nel prossimo futuro. Ciò è dovuto in massima parte al fatto che la Russia è fortemente dipendente dalle esportazioni di materie prime in un’economia globale che fa un uso sempre meno intensivo delle risorse energetiche. Una quota crescente del PIL è infatti generata dal settore terziario e i mercati emergenti stanno riducendo il ruolo dell’industria pesante per passare a produzioni di maggior valore. Nel contempo, la Russia non può rinunciare alle sue esportazioni di energia verso l’Europa, difficilmente rimpiazzabili. Ad esempio, gli ultimi due contratti di fornitura siglati con la Cina insieme equivalgono a circa il 60% delle esportazioni annuali di gas verso l’Europa previste per il solo anno 2018.

Domanda interna – tutto dipende dal completamento delle riforme

Se le esportazioni dovessero deludere nel 2015, i mercati CEE dovranno poter contare su una forte domanda interna. Finora, però, non tutti i Paesi hanno sviluppato questo ammortizzatore. Sarà difficile che Ucraina, Serbia e Croazia riescano a superare la recessione, considerati i loro fondamentali deboli e problemi fiscali irrisolti. In Russia, i consumi e gli investimenti non potranno compensare il calo dei prezzi delle materie prime e la scarsità di finanziamenti esterni. Negli stati membri più recenti dell’UE, la tenuta della crescita dipenderà in larga misura dai fattori che trainano consumi e investimenti, i cui effetti si sono già visti nel 2014, e nello specifico la bassa inflazione, lo sviluppo dinamico dei mercati del lavoro e politiche monetarie accomodanti.

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