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Un Museo della mozzarella a Battipaglia per raccontare il mondo delle bufale e degli uomini

Primo allestimento museale di carattere demo-etno-antropologico dedicato alla storia della coesistenza dell’uomo con la bufala nella Piana del Sele sorgerà nella all’interno della Masseria La Morella, La storia e le curiosità, ma anche il grande lavoro dell’uomo

Un Museo della mozzarella a Battipaglia per raccontare il mondo delle bufale e degli uomini

Uno straordinario viaggio nella memoria della piana del Sele, immersi tra attrezzi che parlano della storia dell’uomo, ingegnosi strumenti di lavoro, documenti, foto e tanti oggetti della vita quotidiana dei bufalari, contadini, artigiani e massaie che popolavano queste terre dove i Bufali fecero la loro comparsa in tempi remoti.

E’ l’esperienza che dal 15giugno si potrà vivere visitando il Museo della Bufala e della Mozzarella a Battipaglia, il primo allestimento museale di carattere demo-etno-antropologico dedicato alla storia della coesistenza dell’uomo con la bufala nella Piana del Sele che aprirà le sue porte all’interno della Masseria La Morella, un antico complesso settecentesco circondato da oltre 30 ettari di frutteti, agrumeti e vigneti.

La maggior parte dei documenti, foto e oggetti che in esso sono conservati sono il frutto dall’appassionata e paziente operazione di costruzione di relazioni e di raccolta che l’Associazione Feudo Ron Alfrè ha effettuato per oltre un decennio, con la più recente collaborazione di Masseria La Morella che ospita l’iniziativa mettendo a disposizione la sua storia ed i suoi locali.

Tra gli immensi spazi e tra le tante strutture che caratterizzavano le grandi masserie di una volta, si potranno vedere anche due Bufalare, edifici adibiti per secoli alla produzione del latte di bufala e a ricovero di Gualani e Bufalari.

Il bufalo, secondo la tesi maggiormente ricorrente, comparve in Italia verso la fine del VI secolo, con le invasioni barbariche e la discesa dei longobardi di Agilulfo. Certo è che nell’alto Medioevo nelle paludi pontine si allevavano i bufali come è testimoniato nei documenti dell’Abbazia di Farfa (Lazio) nel XII secolo, e successivamente in epoca angioina (XIII secolo) da un decreto del Re Carlo I d’Angiò, in cui si ordina di restituire un bufalo domito, cioè un bufalo “da lavoro”.  Ma soprattutto è certo che nel XII secolo i monaci del Monastero di San Lorenzo in Capua offrissero ai componenti del Capitolo, in occasione della celebrazione della festa del Santo patrono, una mozza o provatura di bufala con un pezzo di pane.

Certo le bufale di Battipaglia oggi pacifici animali destinati alla produzione della materia prima di uno dei prodotti leader del Made in Italy nel mondo, la Mozzarella di Bufala e la Ricotta di Bufala sempre più richiesta dai maitre pasticcieri non hanno sempre goduto di buona fama almeno dal punto di vista bucolica Come ci testimonia uno scritto tratto dal Grand Tour di  Carlo Ulisse Marschlins, nel 1796): “Questi animali vengono domati più presto di quello che si potrebbe credere, e li ho visti con sorpresa sopportare pazientemente le battiture dei loro conduttori, seduti sulla loro schiena, armati di bastoni a forme di lance.

Però non c’è molto da fidarsi; ed il loro aspetto burbero ed il loro occhio traditore, dimostrano la falsità del loro carattere. Un bove dimentica subito anche il colpo immeritato che ha ricevuto; il bufalo non solo se ne ricorda, ma aspetta con calma l’opportunità di vendicarsi. Il seguente aneddoto, che riferisco dietro l’autorità di un gran signore, proprietario d’innumerevoli mandrie di bufali….Un giovane conduttore senza giudizio, irritò talmente un bufalo con colpi e cattivi trattamenti, che la povera bestia eccitata all’eccesso, si scagliò furiosamente sul suo offensore e lo avrebbe ammazzato, senza il provvidenziale intervento di un altro conduttore.

Questo bufalo venne subito dopo, mandato con altri animali, in diverso e lontano punto della contrada; ma essendo capitato due anni dopo quell’istesso giovanetto a traversare il prato dove il suo antico nemico pascolava, il bufalo non ebbe che a vederlo per ricordarsi immediatamente di lui; e, non lo attaccò immantinenti ma lo seguì nel suo cammino, e quando lo vide sdraiato sotto un albero pronto a dormire, corse a lui e lo ferì gravemente a furia di cornate. Quantunque alcune circostanze rendono alquanto inverosimile questo fatto, io l’ho riferito perché la persona la quale l’ha a me raccontato, è degna della maggior fede; però quello che vado a dire in prova della gran sagacità del bufalo, e che vien attestato da tutti della contrada, sentite se non merita una considerazione speciale”.

Ma a dispetto del suo grande sapore, la parola Bufala ha acquisito nel tempo il significato di affermazione falsa o inverosimile.

Il termine deriva quasi sicuramente da Roma. Le prime attestazioni scritte risalgono agli anni ’50 e la parola era rivolta verso produzioni cinematografiche di scarsa qualità, così come afferma Ercole Patti nel suo romanzo “Un amore a Roma”, assumendo pian piano con il tempo il significato di fregatura in generale. Un’altra teoria indica come alcuni ristoratori Romani disonesti ingannassero la clientela servendo loro carne di bufala piuttosto che quella di vitello, più costosa e pregiata. Secondo il Vocabolario della Crusca il termine “bufala” deriva dall’espressione “menare per il naso come una bufala”, ovvero portare a spasso l’interlocutore trascinandolo come si fa con i buoi e i bufali per l’anello attaccato al naso.

Ma ritornando al carattere delle bufale, il Museo della Mozzarella  di Battipaglia cita anche  un episodio che gettò un ombra oscura sulla paciosità indolente delle bufale.

Nelle Cronache e Statuti sopra gli Studi di Storia Patria delle province di Toscana, Umbria e Marche lo storico Niccola riporta che “Nel 1458 nel mezzo di aprile, fu a Roma una bufala, che aveva addosso lo spirito cattivo, e ammazzò 13 persone, tra‘ quali un vescovo che stava fuori porta latina.  Uscirono da detta porta 100 balestrieri e scoppettieri, e non li poterono far niente, e alli 15 di detto mese uscirono più genti assai con balestre e scoppiette, e ferirono detta bufala in più luoghi di dosso. Fummo detto qui da persone degni di fede che la bufala parlò e disse: “se non mi date nel core, non mi potete uccidere” e così ferita andò nel fiume. Dicevasi ch’avesse  indosso lo spirito d’un ladro omicidiale chiamato Caprino, giustiziato  in Roma poco tempo innansi, che fossero detto queste cose”.

Il nuovo Museo della Mozzarella  non si limita a mostrare reperti e documenti, ma è stato concepito per  condurre  i visitatori su percorsi didattici coinvolgenti, con l’ausilio di espedienti espositivi e il supporto di laboratori.

Il pubblico sarà accompagnato in visite guidate alle bufalare con l’antico caseificio, alla cantina di conserva per scoprire la lavorazione del burro (a 3 metri sotto terra, in un contesto ottimale per l’umidità) con le antiche zangole ancora funzionanti, nell’area dell’affumicatura – dove le provature, legate con giunchi, e appese a lunga verga si facevano affumicare dai torsoli di granoturco – e al laboratorio della fuscella. Insomma una conoscenza a ciclo completo

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