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True Italian Taste, campagna contro l’Italian sounding

Al via a Bari la due giorni dedicata all’agroalimentare pugliese, con circa 300 incontri B2B tra oltre 60 imprese del territorio e buyer esteri provenienti da Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svizzera – L’export agroalimentare pugliese è trainato dal commercio intracomunitario per un valore complessivo di 546 milioni di euro.

True Italian Taste, campagna contro l’Italian sounding

Circa 300 incontri d’affari B2B avranno luogo tra giovedì e venerdì 26 ottobre a Bari nella due giorni organizzata da Assocamerestero – l’Associazione di Unioncamere e delle Camere di Commercio Italiane all’Estero (CCIE), Soggetti imprenditoriali privati, esteri e di mercato – e da Unioncamere Puglia per le imprese agroalimentari del territorio.

L’iniziativa rientra nel Progetto “True Italian Taste”, finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico in partnership con ICE Agenzia nell’ambito della “Campagna di promozione strategica per la valorizzazione del prodotto italiano in rapporto al fenomeno dell’Italian Sounding”. Il progetto è coordinato da Assocamerestero e vede la partecipazione di 21 Camere di Commercio Italiane all’Estero, di cui 12 in Europa (Bruxelles, Lione, Marsiglia, Nizza, Francoforte, Monaco, Lussemburgo, Amsterdam, Londra, Barcellona, Madrid, Zurigo) e 9 CCIE di USA, Canada e Messico.

Agli incontri B2B in programma aderiranno oltre 60 aziende pugliesi del comparto agroalimentare (olio extravergine di oliva, caffè, prodotti da forno, pasta, formaggi, conserve, sughi, etc.) che avranno l’opportunità di verificare concretamente con 12 importatori e distributori provenienti da Belgio, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svizzera, le opportunità di export di questi Paesi che sono tra le prime destinazioni dell’export dei prodotti alimentari italiani.

La Puglia è una regione strategica per l’export del Made in Italy, come testimoniano le ultime rilevazioni di Unioncamere Puglia e Assocamerestero sulla base dei dati Istat.

Le imprese pugliesi del comparto agroalimentare rappresentano un universo complesso, che comprende industrie della panificazione (pari a 2.346), oleifici (637), aziende lattiero casearie (526), produttori di vino (408), di pasta (389), di prodotti da forno (273) e industrie conserviere (212). Non mancano inoltre le industrie molitorie, della torrefazione del caffè, conserviere dei prodotti del mare e della lavorazione delle carni. Il tutto senza contare l’indotto commerciale, che farebbe lievitare ulteriormente tali dati. Si tratta di PMI solide e pervasive: una su dieci, infatti, supera il valore di 1 milione di euro all’anno di fatturato. In questo nucleo più strutturato, 88 aziende oltrepassano i 10 milioni di valore della produzione annua.

I risultati aggregati di bilancio del food and beverage pugliese sono trainati da uno stock di capitale investito che al 2017 risulta di 3 miliardi e 239 milioni di euro, con un incremento del 4.8% rispetto all’anno precedente, il che significa che nel solo 2016 sono stati investiti 154 milioni di euro; i risultati sono conseguenti, con un fatturato che per le sole società di capitali supera l’anno precedente del 4.7% e un valore aggiunto che segna un +9.7%.

Conseguentemente, anche l’export di tali imprese procede a vele spiegate, con un valore di 892 milioni di euro nel 2017, contro gli 854 del 2016 (+4,5%). È un dato largamente dominato dal

commercio intracomunitario (546 milioni di euro), ma Europa extra UE, Asia e Americhe superano i 100 milioni di euro l’anno ciascuno.

“L’agroalimentare è un comparto in Puglia che dà lavoro a 32mila persone – ha dichiarato Luigi Triggiani, Segretario Generale di Unioncamere Puglia – e conta complessivamente 5.931 industrie di trasformazione e di produzione di bevande, 20 Dop e Igp. Sono imprese molto proiettate sui mercati esteri, munite delle necessarie certificazioni. Se il nostro export cresce lo dobbiamo anche a loro, con un valore di 892 milioni di euro nel 2017, contro gli 854 del 2016 (+4,47%). È un dato largamente dominato dal commercio intracomunitario (546 milioni), ma Europa extra UE, Asia e Americhe sfondano 100 milioni di euro l’anno ciascuna. Iniziative come questa offrono ulteriori occasioni, soprattutto per le piccole imprese, per conoscere nuovi mercati o consolidare la propria presenza”.

Un’attenzione particolare nell’ambito del Progetto “True Italian Taste” è riservata ai prodotti agroalimentari certificati, sempre più ricercati in tutto il mondo. L’Italia può contare su 818 Indicazioni Geografiche registrate a livello europeo, quasi 15 miliardi di valore alla produzione, che si traducono in 8,4 miliardi di valore all’export contribuendo per il 22% all’export agroalimentare nazionale.

L’Europa continua ad essere la prima destinazione dell’agroalimentare Made in Italy con una quota del 70% sulle esportazioni italiane del settore. Per le imprese italiane, però, non è sempre facile inserirsi in tali segmenti di mercato perché devono competere con i prodotti Italian Sounding, meno costosi e facilmente reperibili. Gli incontri dei buyer – operanti nelle filiere del retail, ingrosso, ecommerce e ho.re.ca di media e alta gamma – sui territori previsti dal Progetto “True Italian Taste” intendono supportare le imprese del territorio attraverso le alleanze che le CCIE stabiliscono con le comunità d’affari locali.

Tali incontri di affari costituiscono inoltre un’occasione per svolgere attività di promozione del prodotto italiano autentico e aumentare la consapevolezza e il consumo del vero Made in Italy agroalimentare, in contrasto al fenomeno dell’Italian Sounding che alimenta un giro d’affari di circa 90 miliardi di euro annui.

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