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Tour de France: la tappa dei Vosgi a Froome ma la maglia gialla a Wiggins, seguito da Evans e Nibali

TOUR DE FRANCE – Il britannico Christopher Froome vince la durissima scalata dei Vosgi e spiana la strada a Bradley Wiggins, nuova maglia gialla davanti a Evans e all’italiano Nibali – Perfetta la gara della Sky – Cancellara cede ma prepara la rivincita nella crono di lunedì a Besançon – Sempre enigmatico Frank Schleck, deludenti Scarponi e Basso

E’ bastata la salita alla Planche des Belles Filles, dura ma di appena 5,8 km, perché ai primi tre posti della classifica generale balzassero i tre corridori più gettonati alla vigilia per vincere il Tour: la nuova maglia gialla è Bradley Wiggins, secondo a 10” è Cadel Evans, terzo a 16” Vincenzo Nibali, l’uomo di punta della spedizione italiana in terra di Francia, oggi bravissimo a reggere prima il treno imposto dagli uomini Sky e a non farsi staccare poi dai due rivali negli ultimi terribili 400 metri, una ex pista da sci al 20% di pendenza, asfaltata apposta per il Tour tra le vivaci proteste degli ambientalisti. A vincere la tappa in cima ai Vosgi non è stato però uno di questi tre big, ma Christopher Froome, un keniano naturalizzato inglese, compagno di Wiggins, un luogotenente d’eccezione vista l’andatura dettata in salita e l’ulteriore scatto sul muro finale con cui ha staccato Evans e il suo capitano, secondo e terzo nell’ordine a 2” e Nibali, quarto a 7”. Dietro i quattro protagonisti dell’ascesa alla Planche des Belles Filles ci sono tanti battuti, chi con l’onore delle armi come Pierre Roland, Denis Menchov, Janez Brajkovic (tra 40 e 50 secondi il loro ritardo), chi tra la delusione generale come gli spagnoli Alejandro Valverde e Samuel Sanchez, scivolati strada salendo nel totale anonimato, e anche i nostri Michele Scarponi e Ivan Basso che hanno confermato i limiti già denunciati nell’ultimo Giro d’Italia. Quanto a Fabian Cancellara, si è difeso con forza e coraggio, ma oltre certe pendenze il campione svizzero proprio non ce la fa a non soffrire. E’ arrivato ventesimo, precedendo e staccando scalatori come Scarponi, con un distacco di 1’52” da Froome. Addio maglia gialla anche se lunedì nella crono di Besançon Cancellara ha tutte le chance per togliersi altre soddisfazioni da questo Tour che già gli dato tanto.

Grande protagonista di questo inizio Tour, anche Peter Sagan si è lasciato sfilare sui primi saliscendi della giornata e di lui non si è più avuta traccia dopo lo sprint per un traguardo volante che gli ha fruttato altri punti per la sua maglia verde. E’ giunto in cima 120esimo a oltre 12 minuti da Froome. Si dice che abbia una muscolatura troppa massiccia per brillare anche in salita. Ma a 22 anni appena compiuti ha già fatto meraviglie. Se Wiggins solo a 32 anni si è accorto di poter vincere il Tour, si può fin da ora scommettere che Sagan ci impiegherà molto meno tempo.

E’ stata la tappa dominata dalla forza di una squadra su tutte: la Sky fino a due chilometri dall’arrivo aveva quattro corridori in testa alla corsa. Una regia perfetta con Mark Cavendish, il campione del mondo a fare incetta di borracce al servizio di Wiggins e compagni, in una tappa che non era per velocisti. Wiggins non è mai stato solo. Froome è stato spettacolare tanto che ci si può chiedere come questo ciclista giramondo, classe 1985, approdato alla Sky nel 2009, già secondo alla Vuelta del 2011, possa resistere a fare sempre il gregario.

Cambio di casacca non solo per quella gialla, ma anche per quella bianca che premia il corridore tra i giovani meglio classificato: è andato meno bene del previsto Tejay Van Garderen, l’americano della Bmc detentore fino ieri, che a un certo punto della salita ha ceduto di colpo. Gli succede l’estone Rein Taaramae, quarto in classifica a 31 secondi da Wiggins dopo lo splendido quinto posto nell’ascesa di oggi ad appena 19” da Froome.

Sempre enigmatico, ma con un outlook negativo per usare il linguaggio delle agenzie di rating, Frank Schleck: già attardato ieri per il capitombolo al centro del gruppo, il lussemburghese ha perso oggi un altro minuto abbondante. Ha forse ragione Stephen Roche, famoso per la tripletta Giro-Tour-Campionato del mondo nel 1987, in questi giorni in Francia per seguire le buone prestazioni del figlio Nicolas, quando dice che Frank Schleck va in tilt se non c’è il fratello Andy. Dolorante per le ferite e i lividi, Robert Gesink ha fatto quello che ha potuto ma con un ritardo ormai vicino ai 7 minuti da Wiggins l’olandese, uno dei favoriti alla vigilia di Bernard Hinault, appare ormai fuori gioco. Colpa della jella e delle cadute. Quella di ieri ha avuto pesanti effetti sulla carovana. Ha costretto al ritiro anche Ryder Hesjedal, vincitore del Giro, giunto al Tour per la prima volta con il ruolo di capitano della Garmin. Troppe le ferite e il canadese non ha preso il via. “E’ triste. Ma mi preparerò per le Olimpiadi”, ha salutato così il Tour. Tyler Farrar e Van Summeren, malconci e incerottati, hanno stoicamente portato a termine la tappa, ma faceva male vederli arrancare. Thomas Vockler, fuori classifica a furia di carambole, incolpa soprattutto gli auricolari tramite i quali i team manager metterebbero pressione ai corridori. Sta il fatto che bisogna risalire al 1998, al Tour vinto da Pantani, per trovare tanti ritirati come quest’anno, ben 17, nella prima settimana di corsa. A conferma che in pianura la Grande Boucle non la si vince, ma la si può perdere.

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