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Tommasi: “Hera ha fatto 38 fusioni e acquisizioni, ma la crescita continua”

INTERVISTA A TOMASO TOMMASI DI VIGNANO, presidente di Hera – “In 16 anni abbiamo moltiplicato le dimensioni di Hera di 5 volte ma il nuovo piano industriale ci offre ulteriori occasioni di crescita: ecco dove investiremo e dove possiamo giocare un ruolo di primo piano nel consolidamento del settore con il M&A” -“Dall’IPO il ritorno totale dell’investimento è stato del 212%”

Tommasi: “Hera ha fatto 38 fusioni e acquisizioni, ma la crescita continua”

Tomaso Tommasi di Vignano, presidente di Hera e manager di lungo corso, sta vivendo a Bologna una seconda giovinezza. Dopo una vita trascorsa nelle telecomunicazioni che lo ha portato alla guida di Telecom Italia durante il complicato periodo della privatizzazione, Tommasi è approdato alla fine degli anni Novanta nel variegato mondo delle utilities: prima è stato Ad di Acegas-Aps, la multiutility di Trieste, e nel 2002 è diventato il presidente di Hera, la multiutiliy bolognese, che ha mandato in orbita con la bellezza di 38 operazioni di fusione e acquisizione che hanno contribuito per circa il 50% a quintuplicarne le dimensioni e poi con la quotazione in Borsa. Alla fine dell’anno scorso Hera ha superato la soglia psicologica di un miliardo di euro di mol e nei giorni scorsi ha presentato il nuovo piano industriale 2018-2022 che promette più crescita, più innovazione, più investimenti e più dividendi. In questa intervista rilasciata a FIRSTonline Tommasi spiega i segreti della crescita inarrestabile di Hera e le prospettive per il futuro che sta illustrando in un road show internazionale.

Presidente, Hera ha inaugurato il nuovo piano industriale 2018-22 con un fiore all’occhiello e cioè il superamento della soglia psicologica di un miliardo di Mol nel 2018: è un punto d’arrivo dovuto a fattori particolarmente favorevoli o è un punto di partenza per migliorare costantemente il Mol nel corso del nuovo piano?

«Il superamento del miliardo di Margine operativo lordo è sicuramente il fiore all’occhiello di un lungo percorso di crescita iniziato 16 anni fa con la nascita del Gruppo, che ci ha visti moltiplicare le nostre dimensioni di 5 volte, con una crescita che è stata costante e ininterrotta. Il forecast 2018, che mostra un incremento del Mol di 35 milioni di euro rispetto all’anno precedente, in linea con quanto abbiamo sempre conseguito, conferma la validità del nostro modello di business e ha una valenza di tipo strategico: denota immediatamente il salto dimensionale che abbiamo fatto in questi anni e mette in luce le posizioni di leadership raggiunte a livello nazionale. Siamo infatti il primo operatore nel settore ambientale, il secondo nella gestione del ciclo idrico, il terzo nella distribuzione del gas e nella vendita di energia ai clienti finali. È grazie a queste posizioni di forza che vogliamo cogliere le opportunità offerte dallo scenario nel periodo coperto dal nuovo piano industriale».

Quali sono le principali novità del nuovo piano e quali sono gli elementi di forza per crescere senza minare gli equilibri finanziari?

«Il piano ha individuato le direttrici strategiche di crescita che ci vengono imposte dall’evoluzione tecnologica e dall’evoluzione dei consumi, oltre che dal sempre maggior impegno richiesto per la sostenibilità delle attività che svolgiamo. Ogni anno presentiamo l’aggiornamento del nostro piano industriale affinando la strategia sulla base di queste evoluzioni e questo processo ci permette di essere sempre pronti a cogliere le migliori opportunità presentate dallo scenario.
Opportunità anche in termini di maggiori investimenti: il nuovo piano presenta a tal proposito un incremento di 260 milioni di euro, a cui possiamo far fronte grazie ad una delle situazioni patrimoniali più solide del nostro settore e alla visibile generazione di cassa.
Solidità finanziaria e forte generazione di cassa ci permettono di destinare ulteriori 1,1 miliardi esclusivamente alla crescita: investimenti in nuovi impianti e nell’ammodernamento delle reti, nelle gare per il rinnovo delle concessioni del gas e nelle operazioni di M&A. Prevediamo così di arrivare al 2022 con una leva finanziaria, espressa dal rapporto tra la posizione finanziaria netta e il margine operativo lordo, di 2,9x che ci lascia ulteriore spazio per finanziare le opportunità di crescita non incluse nel piano».

Hera ci ha abituato a crescere non solo per vie interne ma anche attraverso nuove acquisizioni: finora quante ne avete fatte e che cosa bolle in pentola per quest’anno?

«Dalla nascita del Gruppo ad oggi abbiamo concluso 38 operazioni di fusione e acquisizione, che hanno rappresentato circa il 50% della nostra crescita complessiva, considerando anche le sinergie che siamo riusciti a estrarre mettendo a fattor comune le attività acquisite con quelle già gestite e sfruttando così le aumentate economie di scala.
Pertanto, la crescita per linee esterne è un pilastro che non può mancare nella nostra strategia anche perché operiamo in un settore che si presenta ancora molto frammentato, con evidenti ripercussioni sull’efficienza dei servizi forniti a cittadini e imprese, frenando la competitività del sistema economico del nostro Paese. La nostra ambizione è di continuare a giocare un ruolo di primo piano nel consolidamento del settore, sia attraverso la fusione con altre multiutility operanti in territori limitrofi al nostro e controllate da enti locali, sia con le acquisizioni nei mercati liberalizzati dove i venditori sono prevalentemente soggetti privati interessati a valorizzare il loro investimento. Le potenzialità di crescita non mancano, tra piccole multiutility nei territori contigui al nostro, centinaia di operatori minori nel settore dell’ambiente e 1,5 milioni di clienti che potrebbero essere venduti nel mercato dell’energia.
La flessibilità finanziaria è, pertanto, propedeutica a farci trovare pronti qualora si concretizzino maggiori possibilità di crescita per linee esterne di quanto ipotizzato in arco piano».

Il nuovo piano prevede investimenti per oltre 3 miliardi: dove li indirizzerete?

«Gli investimenti saranno per ¾ concentrati nelle attività regolate: circa il 70% continuerà a essere assorbito dalla filiera reti e circa il 6% nell’attività di raccolta dei rifiuti urbani. Saranno messi in campo importanti interventi di ammodernamento e sviluppo delle infrastrutture, a conferma dell’impegno del Gruppo a investire sui territori di riferimento per fornire servizi sempre più innovativi, resilienti e di qualità, e sono confermati gli investimenti destinati alle gare per la distribuzione gas per confermare le principali concessioni attualmente gestite. Complessivamente, considerando l’espansione dell’impiantistica, le gare gas e le M&A, circa 1,1 miliardi di investimenti dei prossimi cinque anni saranno destinati a supportare lo sviluppo delle attività».

Tra energia, gas, rifiuti, idrico qual è il settore che dà maggiori soddisfazioni in termine di ritorno dell’investimento e quale quello dove crescerete di più?

«La nostra struttura del portafoglio multi-business si basa sul mantenere un mix di ritorni diversificato con un basso profilo di rischio.
A fronte anche degli investimenti sopra descritti ci aspettiamo che la maggior parte della crescita del Mol derivi dalle attività regolate, che cresceranno il loro peso sul totale della marginalità dal 51% al 55%. Queste attività garantiscono ritorni certi con una rischiosità contenuta: supportano quindi la visibilità della nostra generazione di cassa.
L’equilibrio del nostro mix sarà garantito anche dalla crescita nelle attività liberalizzate che hanno ritorni più elevati essendo esposte ai rischi di mercato. Tuttavia possiamo contare su posizioni di leadership che ci rendono molto confidenti di poter raggiungere i target che ci siamo prefissati. Ad esempio, contiamo di continuare a crescere nel settore dell’ambiente, dove siamo il principale operatore in Italia, facendo leva sulla nostra ampia e diversificata base impiantistica in un contesto di mercato in cui i prezzi stanno continuando a salire per effetto della mancanza strutturale di capacità di smaltimento di rifiuti che attanaglia il nostro Paese. Ma anche nel settore dell’energy, dove siamo il terzo operatore, contiamo di poter espandere la nostra base clienti beneficiando della liberalizzazione del mercato della maggior tutela elettrica che è prevista nel 2020. Sempre nell’energy vale la pena inoltre ricordare che seguiamo una strategia di riduzione della volatilità dei risultati perseguendo una politica di copertura degli approvvigionamenti che riduce qualsiasi rischio di fluttuazione sulle commodity.
Il nostro portafoglio variegato di attività, che coniuga ritorni contenuti ma senza rischio (nelle attività regolate) e ritorni più alti con rischiosità dalle quali però siamo protetti (nelle attività liberalizzate), ci permette di ottenere ritorni complessivi in grado di creare valore, ovvero a tassi superiori al costo delle risorse finanziarie».

Oltre alla crescita e all’innovazione, il nuovo piano prevede anche un incremento del 16% del dividendo che aumenterà regolarmente ogni anno: volete rappresentare un titolo per cassettisti o cercare di attrarre maggiormente investitori istituzionali e internazionali?

«La nostra politica di distribuzione del dividendo si basa sull’assoluta trasparenza a beneficio di tutti i tipi di investitori. Infatti, nonostante un contesto esterno incerto, abbiamo comunicato il dividendo che sarà distribuito in ogni singolo anno di piano, in modo da assicurare fin da ora un ritorno certo sull’investimento nel titolo Hera.
Il nostro modello multi-business ci permette infatti di poter fornire una visibilità assoluta sui dividendi, in quanto offre una protezione dai fattori esterni del mercato, come ampiamente dimostrato dalla crescita resiliente che caratterizza il nostro track record.
Il dividendo è però solo una parte della remunerazione riconosciuta ai nostri azionisti. All’interno del periodo di piano, infatti, prevediamo di investire ben 3,1 miliardi di euro alimentando un’ulteriore crescita che ci auguriamo possa essere riconosciuta in un aumento del valore del titolo».

Lei sta conducendo un vasto road show all’estero per illustrare il nuovo piano industriale di Hera: quali sono le reazioni degli investitori internazionali? Ci saranno nuovi ingressi significativi nel capitale?

«Il road show è appena partito, ha già toccato le piazze di Milano e di Londra, stiamo incontrando importanti investitori nelle principali città europee e poi ci sposteremo in Stati Uniti e Canada. Il piano industriale ha raccolto un’accoglienza positiva dalla comunità finanziaria, perché conferma il nostro percorso di crescita coni target ritenuti credibili e visibili. Stiamo incontrando sia investitori già presenti nel capitale che investitori che lo potrebbero diventare in prospettiva. Tra i broker che hanno organizzato questi meeting c’è il sentore che, dopo un 2018 che non ha certo regalato rendimenti positivi agli investitori, per l’anno corrente vi sia una maggiore concentrazione su titoli ritenuti sicuri, con risultati più visibili e remunerazioni certe. Pertanto, secondo questi esperti, il titolo Hera ha le caratteristiche maggiormente ricercate in questa fase di mercato».

In Borsa Hera sta recuperando nelle prime settimane del 2018 quanto ha perso nel 2018 (-8,5%) ma, pur essendo uno dei titoli più affidabili di Piazza Affari, non è ancora riuscita ad entrare nel Ftse Mib: che cosa manca per entrare nel club delle 40 maggiori società di Piazza Affari? Il volume degli scambi, la capitalizzazione o la liquidità? E avete un piano per centrare l’obiettivo?

«Il nostro obiettivo, che stiamo perseguendo anche con il road show di questi giorni, è di ampliare la conoscenza del Gruppo Hera tra la comunità finanziaria. Sin dalla quotazione abbiamo profuso un grande impegno in tal senso, incontrando ogni anno un numero considerevole di investitori. Grazie anche ai risultati del Gruppo e alle aumentate dimensioni, abbiamo constatato un progressivo aumento degli investitori internazionali presenti nel capitale sociale così come un incremento del controvalore degli scambi sul titolo.
Contiamo di proseguire su questa strada continuando a posizionarci tra i primi posti dei titoli candidati ad entrare nell’indice principale. Di questo passo prima o poi arriverà il nostro turno, con evidenti benefici per la liquidità del titolo. In ogni caso dall’IPO alla fine del 2018 il titolo è stato in grado di garantire ai nostri azionisti un ritorno totale dell’investimento del 212% pur non facendo parte dell’indice principale».

Insieme alla crescita, il nuovo piano di Hera si caratterizza per l’innovazione e la sostenibilità e in particolare spicca l’impegno del Gruppo per l’economia circolare: come si manifesterà nel corso del piano e in che modo pensate di creare valore condiviso?

«Il piano presenta target e progetti che il nostro Gruppo ambisce perseguire in modo sostenibile, creando valore per tutti gli stakeholder. Prima in Italia, Hera ha introdotto nel 2017 la rendicontazione del valore condiviso (Csv, dall’acronimo inglese Creating shared value), perfezionando così l’integrazione della sostenibilità nel proprio core business e contribuendo a cambiare la cultura d’impresa. Sullo sfondo dell’ispirazione fornita da Porter e Kramer, siamo pervenuti a una definizione di Csv coerente con la natura del nostro business e abbiamo individuato tre aree: uso efficiente delle risorse, uso intelligente dell’energia, innovazione e contributo allo sviluppo del territorio. Si crea valore condiviso quando le attività di business che generano margini operativi per l’azienda rispondono anche ai driver dell’Agenda Globale, ossia a quelle “call to action” per il cambiamento verso una crescita sostenibile, indicate dalle politiche a livello mondiale, europeo, nazionale e locale.
Nel 2017 il valore condiviso ha rappresentato circa il 33% del margine operativo lordo complessivo del nostro Gruppo, una quota che è destinata a salire al 40% nel 2022, considerando che il 75% della crescita quinquennale prevista nel piano è riconducibile a progetti messi in campo per rispondere a queste call to action».

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