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Tim migliora ricavi ed ebitda e incassa l’exploit del Brasile ma la Borsa si interroga sulla fattibilità dell’Opa di Stato

Tim Brasil salva i conti del gruppo che migliora ricavi e ebitda ma è in rosso di 2,7 miliardi per effetto delle rettifiche fiscali – La Borsa scruta l’Opa di Cdp

Tim migliora ricavi ed ebitda e incassa l’exploit del Brasile ma la Borsa si interroga sulla fattibilità dell’Opa di Stato

il Brasile dà ossigeno ai conti di Tim sotto la guida dell’AD Pietro Labriola ma sulla prima compagnia telefonica italiana resta la grande incognita della fattibilità o meno dell’Opa di Stato che in Borsa ha portato il titolo in rally salvo qualche di presa di beneficio nelle ultime due sedute.

Dalla informativa finanziaria dei primi 9 mesi del 2002, approvata ieri pomeriggio dal Consiglio d’amministrazione di Tim presieduto dal Salvatore Rossi e accompagnato dall’avvio del processo di societarizzazione di Tim Enterprise, emergono tre elementi che, al di là delle importanti rettifiche fiscali, caratterizzano sia l’ultimo trimestre che tutti i primi nove mesi dell’anno.

TIM BRASIL DA’ OSSIGENO AI CONTI DI TUTTO IL GRUPPO

In primo luogo c’è da registrare la crescita dei ricavi da servizio dell’intero gruppo, che salgono a 10,8 miliardi di euro nei primi nove mesi con un rialzo dello 0,5% e una crescita a 3,7 miliardi nel terzo trimestre con un balzo del 3%.

In secondo luogo migliora l’ebitda organico di gruppo che raggiunge i 4,5 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2022 e che conferma il trend in miglioramento anche nel terzo trimestre.

In terzo luogo soddisfazioni continuano ad arrivare dal Brasile, dove Tim aumenta i ricavi da servizi e l’ebitda del 18,4% e del 16,2% nei primi nove mesi e ancora di più nel terzo trimestre con uno sprint rispettivamente del 24,7% e del 24,5%.

Il bilancio del gruppo è però in rosso di 2,7 miliardi di euro per effetto delle rettifiche fiscali.

In effetti i dati di bilancio confermano la tesi che ancora nei giorni scorsi ha sostenuto Labriola e cioè che Tim è oggi un gruppo sostanzialmente sano che è zavorrato dal debito che viene dal passato, a cominciare dalla sciagurata Opa a debito del 1999 condotta vittoriosamente da Gnutti e Colaninno con l’appoggio decisivo del Governo D’Alema e il sostegno finanziario della Mediobanca di Enrico Cuccia in spregio degli Agnelli che avevano una partecipazione in Tim.

L’OPA DI CDP SU TIM E’ FATTIBILE SOLO SE LA CASSA TROVA ALTRI PARTNER

Negli ultimi due giorni però, dopo un rally di oltre il 20% in dieci giorni precedenti, la Borsa ha cominciato a registrare qualche vendita (ieri il titolo ha perso l’1,89%) che solleva un dubbio nella comunità finanziaria: le vendite sono il semplice frutto delle prese di beneficio o il segno che qualcuno comincia a dubitare sulla reale fattibilità dell’Opa di Stato realizzata attraverso la Cassa depositi e prestiti (Cdp) sull’intera Tim e ipotizzata dal cosiddetto Piano Minerva del partito del premier Giorgia Meloni? A meno che la Cdp non trovi qualche partner è impensabile che la Cassa abbia le risorse per lanciare l’Opa ma è altrettanto impensabile che la Cdp si indebiti per lanciarla perchè rischierebbe di rientrare nel perimetro della pubblica amministrazione e di allargare il debito pubblico italiano.

Dalla soluzione di questi dubbi si capirà quale sia il reale futuro di Tim e della rete unica con Open Fiber che, per essere vantaggiosa e sfruttare tutte le sinergie possibili, ha tempi inevitabilmente stretti e non può attendere le lentezze della politica.

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