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Tim e Generali, le due sfide che infiammeranno il 2022 della finanza

La possibile Opa americana su Tim e il duello al calor bianco tra Mediobanca e la cordata Calta-Del Vecchio per la conquista delle Generali promettono una primavera scintillante per la finanza italiana – Con una possibile coda – Ecco che cosa può realmente succedere nelle prossime settimane

Tim e Generali, le due sfide che infiammeranno il 2022 della finanza

Tim e Generali, Generali e Tim: sono le due sfide che infiammeranno la finanza italiana nel corso del 2022 e che promettono una primavera scintillante. Il menù è già pronto, l’esito finale molto meno. Due battaglie che affascinano il mercato ma su cui ha già acceso i suoi riflettori anche la politica: non per interferire e maramaldeggiare a tutti i costi, ma perchè la posta in gioco è altissima e sul tavolo ci sono due asset strategici di prima grandezza come la rete Telecom e il portafoglio da oltre 60 miliardi di titoli di Stato delle Generali che equivale a una buona parte del debito pubblico italiano.

Considerando che alle porte c’è la contesa del Quirinale con l’incertezza che proietta anche sul Governo, ci vorrà qualche mese prima che le due battaglie cruciali della finanza italiana entrino nel vivo, ma per le prime settimane della primavera i fuochi d’artificio sono già in programma.

La battaglia delle Generali ha già una data ed è quella del 29 aprile quando a Trieste si terrà l’assemblea della prima compagnia assicurativa italiana, mentre è lecito attendersi che in Tim le novità arrivino prima.

TIM: OPA AMERICANA, SCORPORO DELLA RETE, NOZZE CON OF E MODELLO SNAM RETE GAS

Gli americani del fondo KKR, che hanno la copertura finanziaria di tutti i giganti della finanza Usa per la bellezza di 35 miliardi di dollari, aspettano il via libera del board di Tim per avviare la due diligence e decidere – come resta altamente probabile – se dar corso all’Opa sulla totalità delle azioni Tim. Prima però la compagnia telefonica deve scegliere il proprio nuovo Ceo, che, salvo sorprese, sarà il Direttore Generale Pietro Labriola, e definire il proprio nuovo piano strategico che cercherà di raddrizzare i conti dopo tre profit warning e fronteggiare le delusioni del contratto con Dazn per la trasmissione in streaming del calcio.

Se KKR supererà tutte queste incognite e rispetterà i vincoli posti dal Governo sulla difesa dell’occupazione, delle tecnologie, della sicurezza e della rete di Tim, non è illusorio pensare che in primavera possa scattare l’Opa anche se il mercato ha già fatto capire agli americani che l’offerta iniziale di 0,505 euro ad azione è solo una base di partenza e dovrà essere ritoccata all’insù.

L’Opa sarebbe certamente un punto di svolta ma non un punto d’arrivo perchè, nel rispetto degli impegni assunti con il Governo al fine di evitare l’esercizio del Golden power, KKR dovrà garantire il controllo pubblico della rete Tim: ipotesi che rende plausibile la divisione della compagnia tra l’attività di servizio e la proprietà e gestione della rete che dovrebbe finire nelle mani di Cdp e successivamente integrarsi con quella di Open Fiber per dar vita alla rete unica nazionale. L’intervista sul Sole 24 Ore di oggi del presidente della Cdp, Giovanni Gorno Tempini, non lascia adito a dubbi: “Siamo per la rete unica e lo siamo da sempre”.

Il modello potrebbe essere quello della Snam Rete Gas e, come in quel caso, restare o tornare in Borsa ma sotto il controllo della Cassa depositi e prestiti. Insomma gli obiettivi sono chiari – servizi di Tim agli americani e rete a Cdp con riconoscimento di un ruolo anche ai francesi di Vivendi, che sono attualmente il primo socio di Tim – ma la corsa è a tappe e non priva di incognite.

C’è da augurarsi che la politica mantenga l’atteggiamento di attenta sorveglianza ma di neutralità assunto dal Governo Draghi di fronte al progetto Usa e non combini guai come ai tempi dell’Opa Telecom della fine degli anni ’90 che, avendo addossato i debiti dell’offerta alla compagnia, finì per affondare Telecom Italia (oggi Tim).

GENERALI: FUORI I CANDIDATI E I CONTROPIANI DELLA CORDATA CALTA-DEL VECCHIO

A piccoli passi e con acquisti incessanti, la cordata Caltagirone-Del Vecchio-Crt si avvicina giorno dopo giorno alla partecipazione azionaria che Mediobanca detiene nelle Generali in vista del duello dell’assemblea societaria del 29 aprile prossimo. Attualmente Mediobanca, grazie anche al pacchetto di titoli del 4,43% preso a prestito, detiene il 17,25% del capitale (oltre all’1,14 di De Agostini) mentre la cordata alternativa arriva al 16,07% grazie al 7,98% di Caltagirone, al 6,62% di Del Vecchio e all’1,47% della Cassa di Risparmio di Torino.

E’ possibile che gli acquisti continuino e che all’assemblea di fine aprile i due schieramenti arrivino ad equivalersi. Ma il punto centrale sarà capire come si schiereranno i fondi istituzionali che hanno in mano il 34,75% delle azioni e che saranno il vero ago della bilancia, insieme al 7,93% detenuto da altri investitori e al 22,59% in mano al retail.

Per capire come si orienteranno i fondi istituzionali è fondamentale che si alzi il sipario e che non solo la cordata che fa capo a Mediobanca, che sostiene la riconferma del Ceo Philippe Donnet e il suo nuovo piano industriale, ma anche la cordata avversaria scopra le carte. Gli interessi non solo assicurativi e specificamente immobiliari di Francesco Gaetano Caltagirone e di Leonardo Del Vecchio hanno in passato messo in guardia gli investitori istituzionali su possibili conflitti d’interesse ma i due grandi vecchi della finanza italiana hanno un solo modo per allontanare dubbi e sospetti: presentare una squadra di candidati alla guida delle Generali che si riveli indiscutibile per indipendenza e competenza professionale. Qualche riflessione è in corso ma i nomi ipotizzati non sono quelli che circolano.

Ma, insieme alla nuova squadra, serve anche che venga finalmente presentato al mercato un contropiano che non si limiti a promettere più dividendi ma che faccia capire se la voglia di grandezza di Del Vecchio e Caltagirone in Generali è solo un bluff per scalzare Donnet o ha basi solide. E qui non servono a nulla le parole e le promesse ma servono i quattrini.

Per far crescere il Leone e accorciare le distanze da Axa e Allianz, ammesso e non concesso che sia ancora possibile, servono fior di investimenti e di acquisizioni che solo forti aumenti di capitale – che le Generali non conoscono da vent’anni – possono garantire. Caltagirone e Del Vecchio sono pronti a mettere a disposizione della loro squadra tutte le risorse necessarie a promuovere gli aumenti di capitale che stanno alla base dell’agognato salto di qualità? Insomma, uomini e soldi. Salvo imprevedibili accordi in extremis tra i due fronti, la battaglia di fine aprile si giocherà su questo terreno e, comunque andrà a finire, avrà sicuramente una coda: in Mediobanca.

Se Caltagirone e Del Vecchio vincono in Generali, è verosimile che pretendano la resa dei conti anche a Piazzetta Cuccia il cui management ha avversato la loro scalata nella compagnia triestina. A maggior ragione se dovessero perdere. L’assemblea delle Generali di fine aprile sarà perciò una tappa decisiva della battaglia per la conquista dell’ala nobile della finanza italiana, ma i fuochi d’artificio non finiranno quel giorno. Il 2022 promette di essere un anno da non dimenticare.

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