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Telecom Italia: l’ora della verità fra rete, TI Media, Sawiris e la Gvt brasiliana

L’agenda del Cda di oggi è davvero fitta – In cima a tutto il destino della rete ma si tratta anche di: a) prendere atto delle offerte pervenute per Telecom Italia Media e decidere se cedere o meno degli asset; b) dare una risposta a Naguib Sawiris, che ha proposto un suo investimento in Telecom; c) partecipare o meno all’asta per a Gvt

Telecom Italia: l’ora della verità fra rete, TI Media, Sawiris e la Gvt brasiliana

Il presidente esecutivo Franco Bernabé si è lasciato andare ad una promessa impegnativa: “Noi le decisioni le prendiamo e quindi – ha sottolineato – al consiglio del 6 dicembre ci sarà un ampio dibattito ma molto conclusivo”. Sulla stessa linea l’amministratore delegato Marco Patuano: “Tra due giorni – ha detto martedì – discuteremo di decisioni di rilevanza storica per l’azienda”. Insomma, almeno a giudicare dalle indicazioni in arrivo dai vertici dell’ex incumbent, l’ora delle scelte per Telecom Italia è davvero arrivata. Come vuole Bernabé, che in questi anni ha pilotato, con ben poche frecce finanziarie al suo arco, un’azienda dall’autonomia limitata dai debiti. Ma quali scelte? E perché bisogna decidere adesso?

L’agenda del cda, per rispondere alla prima domanda, è davvero fitta. In ordine crescente di rilevanza si tratta di: a) prendere atto delle offerte pervenute per Telecom Italia Media e decidere se procedere alla cessione o meno degli asset; b) dare una risposta a Naguib Sawiris, che ha proposto un suo investimento in Telecom attraverso un eventuale aumento di capitale a lui riservato; c) partecipare o meno all’asta per l’acquisizione della Gvt brasiliana.

La madre di tutte le questioni, però, riguarda lo scorporo della rete di Telecom Italia e l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti, mossa da cui potrebbero discendere sviluppi tecnologici, industriali e finanziari di vario genere sul fronte delle infrastrutture di nuova generazione, indispensabili per lo sviluppo della banda larga.

Quali decisioni prenderà il cda?

a) A proposito di TiMedia, la situazione è in evoluzione. Salvatore Mancuso, numero uno di Equinox (fondo vicino a Banca Intesa), ha dichiarato che ha presentato la sua offerta in sintonia con Clessidra, il private di Claudio Sposito. I due, a loro volta, stanno valutando la possibilità di coinvolgere Cairo Communications, ovvero l’altro contendente. L’oneroso contratto pubblicitario tra il presidente del Toro e La 7 è il nodo più rilevante nella valutazione dell’asset. Non è esclusa, in caso di accordo, un’offerta congiunta. Bernabé aspetta, forte del principio: vendere sì, svendere mai.

b) Per quanto riguarda Sawiris, pare scontato il “No grazie” all’imprenditore egiziano. La ragione sta nel prezzo. Sawiris è pronto ad entrare sulla base di una valutazione vicina alla quotazione di Borsa, ovvero 0,70 euro. Ma i soci Telco hanno in carico, dopo non pochi sacrifici finanziari, il titolo a 1,5. E questo ha raffreddato l’interesse per un ingresso comunque problematico: Sawiris non è certo uno sleeping partner.

c) Il dossier Gvt è la prima vera cartina di tornasole delle ambizioni future di Telecom Italia. L’acquisto della controllata di Vivendi potrebbe consentire il salto di qualità nel mercato della banda larga in Brasile, l’area più forte di TI. Al contrario, la rinuncia potrebbe accentuare i problemi di redditività dell’unica vera gallina dalle uova d’oro del gruppo. Ma l’indebitamento attuale rende problematica un’offerta, mentre l’ipotesi di un aumento di capitale è scartata dai soci di Telco. Il risultato? O TI rinuncia oppure, più probabile, il cda darà mandato a studiare una soluzione che passi dall’alleanza con uno o più private equity disposti a compartecipare all’operazione e a concedere a TI una put per perfezionare l’acquisto in un tempo successivo.

d) La partita chiave, che ben difficilmente troverà una risposta definitiva nel cda di domani (anche perché i soggetti coinvolti vanno ben oltre i confini di Telecom Italia) riguarda il futuro della rete fissa, strettamente connesso alla domanda chiave:come, quando e in che tempi investire nella rete a banda larga? E se sì, farlo da soli o coinvolgere altri soggetti? E’ la classica domanda da un miliardo di dollari che impone riflessioni che vanno assai al di là dei recinti aziendali, soprattutto nel caso di una società, vedi Telecom Italia,, che non ha le munizioni finanziarie da impiegare in una impresa dai ritorni economici comunque diluiti nel tempo. Di qui l’attualità dello scorporo della Rete (un sacrificio osteggiato da Sawiris ma, a suo tempo, anche da Bernabé…) e il contemporaneo coinvolgimento nell’impresa di Cdp, già presente nel capitale di Metroweb. E’ un’operazione complessa e quasi inedita a livello internazionale (con l’eccezione di Australia e Nuova Zelanda): nel Regno Unito la rete è stata scorporata ma Bt detiene il 100% del capitale (ma non del board). La ragione sta nel fatto che è il controllo esclusivo della rete a garantire il plus competitivo degli ex incumbent. Ma in tempi di carestia finanziaria non esistono alternative: o si rinuncia ad investire o si imbarcano altri partner nell’impresa.

Bernabé, dopo aver combattuto con estrema tenacia la battaglia per tenere sotto controllo l’indebitamento ereditato dal passato, sa che questa decisione segnerà il futuro della società, ancora gravata da un’ipoteca pesante (un rapporto debito/Ebitda pari a 2,4 volte). Per seguire la trama del cda, infatti, non occorre dimenticare mai il capitolo iniziale: il prezzo pagato dai soci di Telco, la “scatola” in cui è custodito il pacchetto di controllo di Telecom Italia, alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera. I soci, ovvero Banca Intesa, Generali, Mediobanca e la spagnola Telefonica hanno pagato 2,8 euro per azione TI. In questi anni la quota è stata svalutata più volte fin ad un valore unitario di 1,5 euro, che è comunque doppio della quotazioni di Borsa. E’ l’handicap che ha impedito finora di investire sui business più convenienti (il traffico dati, che richiede banda larga). E’ una condizione che accomuna molte tlc, ormai strette tra i concorrenti in arrivo dai Paesi emergenti (Carlos Slim, lo stesso Sawiris e i russi di Vimplecom piuttosto che indiani e cinesi) e lo strapotere dei fornitori di contenuti, vedi Google, che sfruttano le autostrade digitali senza pagar pedaggio. La battaglia, insomma, è davvero difficile. Impossibile da combattere a mani nude, spiegherà Bernbé ai soci Telco dal portafoglio stretto.

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