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Superholding del Tesoro in vista per una svolta su privatizzazioni e debito pubblico

Il Ministero dell’Economia (Mef) sta studiando, con il concorso delle maggiori banche d’affari e con il ruolo chiave della Cassa depositi e prestiti, la costituzione di una superholding di tutte le sue principali partecipazioni per cederle in parte (ma non in Borsa) e velocizzare gli incassi da privatizzazione con i quali tagliare seccamente il debito pubblico.

Superholding del Tesoro in vista per una svolta su privatizzazioni e debito pubblico

Il progetto non è nuovo.  Oltre vent’anni fa lo aveva proposto senza successo l’allora ministro dell’Industria, Giuseppe Guarino, e più di recente ne ha parlato l’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi nel suo libro “Avanti”. Naturalmente i dettagli fanno la differenza, ma ora il ministro dell’Economia (Mef), Pier Carlo Padoan vuol passare ai fatti e ha messo al lavoro diverse banche d’affari e studi legali per elaborare un vero e proprio piano che riunisca in una superholding tutte le principali partecipazioni pubbliche, quotate e non, dalle Ferrovie dello Stato all’Anas, dalle Poste Italiane all’Eni e all’Enel e soprattutto a quelle raccolte in Cdp.

L’obiettivo della costituenda superholding è duplice: velocizzare le privatizzazioni e destinare i relativi proventi al secco taglio del debito pubblico. L’idea di base è mettere sul mercato in una volta sola il 35-40% della superholding ma non attraverso una quotazione in Borsa bensì attraverso un investimento di grandi fondi, Fondazioni, casse previdenziali e operatori finanziari di alto rango.

Cruciale nel progetto allo studio del Tesoro sarà il ruolo della Cassa depositi e prestiti (Cdp), non a caso presieduta da un esperto banchiere d’affari come Claudio Costamagna: come scrive oggi “Il Sole 24 Ore” ” Cdp e i suoi asset sarebbero infatti uno dei perni attorno a cui girerebbe il nuovo piano”, anche se le modalità e i tempi sono ancora da definire.

Il punto centrale ancora da chiarire è se conferire direttamente alla superholding la partecipazione del Tesoro nella Cdp (che è pari all’82,77% del capitale, mentre il resto è nelle mani delle Fondazioni bancarie) o se trasferire alla superholding gli asset della stessa Cdp che diventerebbe azionista di rilievo del nuovo veicolo finanziario. Non scordiamoci che la Cassa ha in pancia il 25,7% di Eni, il 35% delle Poste, un po’ meno del 30% di Terna e un po’ di più del 30% di Snam rete gas, oltre a Cdp Reti, Fintecna, Sace e Fincantieri.

Più complicato sarebbe invece il trasferimento alla superholding del patrimonio immobiliare pubblico, che fa capo non solo allo Stato ma in molti casi agli enti locali.

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