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Accadde Oggi – 2 agosto 1980: la strage di Bologna, 45 anni dopo: ecco la verità scritta nelle sentenze

Dopo 45 anni di indagini, depistaggi e processi, la giustizia ha tracciato una verità chiara e definitiva: la strage fu un attentato politico organizzato da ambienti neofascisti, con il coinvolgimento della loggia massonica P2 e servizi segreti deviati. Lo ha ribadito anche il Presidente Mattarella: “Spietata strategia eversiva neofascista”

Accadde Oggi – 2 agosto 1980: la strage di Bologna, 45 anni dopo: ecco la verità scritta nelle sentenze

Sono passati 45 anni da quel sabato d’estate del 2 agosto 1980, quando alle 10:25 una bomba devastò la sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna: 85 morti, oltre 200 feriti, e un intero Paese sprofondato nell’orrore. Oggi è di nuovo sabato, di nuovo 2 agosto, e possiamo dirlo con certezza: la strage di Bologna fu un attentato politico, ideato, finanziato e coperto da ambienti eversivi dell’estrema destra, con la complicità della loggia P2 e di servizi segreti deviati. Non è più solo una convinzione, ma è scritto nero su bianco nelle sentenze definitive: la Cassazione ha confermato le condanne, ribadendo senza ombra di dubbio la matrice neofascista dell’attentato. Lo ha ribadito nel suo forte messaggio anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “A Bologna spietata strategia eversiva neofascista”.

Strage di Bologna: 2 agosto 1980, una ferita indelebile

Alle 10:25 del 2 agosto 1980, una valigia esplose nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Conteneva 23 kg di esplosivo ad alto potenziale, una miscela militare di tritolo e gelatinato, posizionata su un tavolino portabagagli a circa 50 cm da terra per massimizzare l’impatto. L’onda d’urto distrusse la pensilina del primo binario, il parcheggio taxi e colpì il treno Ancona-Chiasso in sosta. Il bilancio fu gravissimo: 85 morti e oltre 200 feriti o mutilati.

Immediata la reazione della città: cittadini, medici e soccorritori si mobilitarono, gli ospedali riaprirono i reparti chiusi per ferie. Tra i simboli indelebili di quel giorno, oltre all’orologio fermo alle 10:25, resta l’immagine dell’autobus della linea 37, trasformato in ambulanza per trasportare i feriti.

Nei giorni successivi Bologna si raccolse nel dolore e nella protesta, con piazza Maggiore gremita. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, volato in elicottero sul luogo della strage, la definì “l’impresa più criminale avvenuta in Italia”.

Le indagini sull’attentato di Bologna: depistaggi e piste false

I primi tentativi puntarono a derubricare la strage a incidente tecnico, ma emerse presto l’origine terroristica di estrema destra. Tuttavia, si attivò immediatamente una complessa macchina di depistaggi: piste false, documenti artefatti, testimonianze manipolate e agenti infedeli. I servizi segreti deviati – in particolare il cosiddetto “Super-Sismi” – cercarono in ogni modo di nascondere la verità.

Solo anni dopo, grazie a processi e inchieste, vennero alla luce i tentativi sistematici di occultare i mandanti reali, delineando connivenze istituzionali e legami con la “strategia della tensione”, avviata il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana a Milano: un legame sempre negato in passato, ma oggi considerato storicamente accertato.

Decisive nel corso dei processi le testimonianze di Massimo Sparti e Luigi Vettore Presilio, ex militanti di Ordine Nuovo, che hanno rivelato dettagli sui preparativi e sui contatti tra neofascisti, apparati deviati dello Stato e criminalità organizzata.

I processi: più di 40 anni per arrivare alla verità

La prima svolta arriva il 23 novembre 1995, quando la Corte di Cassazione condanna all’ergastolo i neofascisti dei Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro come esecutori materiali dell’attentato, nonostante si siano sempre dichiarati innocenti. Nella stessa sentenza vengono condannati per depistaggio anche Licio Gelli, ex capo della loggia P2, Francesco Pazienza, ex agente del Sismi, e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. Ulteriori condanne per depistaggio saranno emesse nel giugno 2000.

Nel gennaio 2020 si apre un nuovo filone d’indagine. Gilberto Cavallini, ex terrorista dei Nar, viene condannato in primo grado per concorso nella strage: condanna confermata definitivamente nel gennaio 2025. È accusato di aver ospitato i complici, falsificato documenti e fornito un’auto per raggiungere Bologna.

Parallelamente, prende il via il “processo ai mandanti”, concluso in primo grado il 6 aprile 2022 con la condanna all’ergastolo di Paolo Bellini, ex Avanguardia Nazionale e legato alla ‘Ndrangheta, riconosciuto come esecutore materiale in concorso. La condanna è stata confermata in appello nel luglio 2024 e resa definitiva dalla Cassazione nel luglio 2025. A incrinare l’alibi di Bellini ha contribuito un video amatoriale che lo ritrae in stazione poco prima dell’esplosione e, soprattutto, la testimonianza toccante della sua ex moglie, che tra le lacrime lo ha riconosciuto ritrattando le versioni precedenti.

Accanto a Bellini – recentemente aggredito nel carcere di Cagliari con ferite non gravi – vengono processati anche Piergiorgio Segatel, ex capitano dei carabinieri, condannato a sei anni per depistaggio, e Domenico Catracchia, ex amministratore degli immobili di via Gradoli a Roma, condannato a quattro anni per false informazioni al pm.

La verità nelle sentenze: “Non schegge impazzite”

La giustizia ha ormai chiarito che la strage del 2 agosto 1980 non fu opera di “schegge impazzite”, ma l’esecuzione di un disegno eversivo premeditato, sostenuto da finanziamenti illeciti, coperture istituzionali e una precisa regia politica. Le sentenze hanno fatto emergere un livello superiore di responsabilità: mandanti, finanziatori e organizzatori oggi identificati con nomi precisi.

I giudici indicano tra i principali artefici Licio Gelli e Umberto Ortolani, entrambi vertici della loggia massonica P2, il funzionario del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato, e il senatore missino Mario Tedeschi. Tutti deceduti prima di poter essere processati, ma le loro responsabilità sono state comunque riconosciute dai giudici.

“Possiamo ritenere fondata l’idea – scrive la Corte d’Assise – e la figura di Bellini ne è conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono, in modi non completamente definiti ma comprovati, soggetti legati a un servizio segreto occulto, il cui vertice faceva capo a Gelli e a D’Amato, figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo”.

Per risalire al cosiddetto “secondo livello”, la Procura generale ha ricostruito i flussi di denaro utilizzati per finanziare l’attentato: fondi provenienti dal crac del Banco Ambrosiano, gestiti proprio da Gelli e Ortolani. “È stata ritenuta plausibile – si legge ancora nella sentenza – una componente retributiva: i partecipanti alla strage ricevettero un compenso in denaro”.

Eppure, non tutti sono pronti ad accettare ciò che oggi è ormai certificato nelle sentenze: c’è ancora chi fa fatica a digerire la verità sulla matrice neofascista della strage.

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