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Stefano Marzetti, la cucina del sorriso con vista

Per lo Chef dell’esclusivo ristorante Mirabelle sui tetti di Roma la cucina è una fucina di emozioni che devono muovere al sorriso. I suoi piatti una sintesi di creatività ed emozione. Ma il primo a soprprendersi deve essere lui

Stefano Marzetti, la cucina del sorriso con vista

“È assurdo dividere le persone in buone e cattive. Le persone si dividono in simpatiche e noiose”: lo diceva Oscar Wilde.
Stefano Marzetti, chef dell’aristocratico ristorante Mirabelle sulla terrazza dell’Hotel Splendide Royal, in Via di Porta Pinciana, un teatro affacciato su uno dei più bei panorami del mondo, la Roma che da Villa Borghese, abbraccia il Pincio dannunziano, la città rinascimentale e barocca, da Villa Medici fino a Trinità dei Monti, alla Cupola michelangiolesca di San Pietro, appartiene senza ombra di dubbio alla prima categoria.

L’uomo è di una simpatia coinvolgente, e quando ti parla, ti guarda con occhi furbi su una stazza da rugbista, che con fare amichevole punta a cogliere le tue reazioni, per capire come spingerti al sorrriso, sorriso che poi ti porta in tavola con i suoi piatti.

Antonino Cannavacciuolo disse una volta: ”A tavola ci si incontra, si chiacchiera, ci si rilassa, si ride… talvolta ci si punzecchia, ma il buon cibo fa da paciere. E’ capace di restituire il buonumore persino al termine di una giornata faticosa”.
Beh, mettetevi seduti comodi nel ristorante tutto stucchi, cristalli, tendaggi e fantastiche vetrate che ti fanno sentire come in volo su Roma, perché questa è la filosofia di Stefano Marzetti.

Il suo albero genealogico ha due rami, quello di una romanità schietta, immediata, ironica, solare e quello di un’umbitudine testarda e cocciuta, legata alla tradizione, al territorio.

Dei due rami quello che più gli suona dentro è il ricordo e l’eredità della mamma Vittorina che lavorava come cuoca in una trattoria dalle parti di Piazza Vittorio, la più grande di Roma, sorta con i suoi portici dalle 280 colonne, come zona residenziale di lusso per l’alta nomenclatura ministeriale del nuovo regno, trasformatasi poi nel più grande mercato rionale della città, in verace zona di commercio e di popolanità.

In quella veracità popolare romana il giovane Stefano fu educato dal padre Mario che lavorava nelle ristrutturazioni edili e dalla madre Vittorina, cuoca come si è detto, ai valori importanti della vita, al rapporto gioviale e conviviale con il prossimo, al punto che il giovane sognava, da grande, di fare il pompiere per sentirsi utile alla società.

Ma poi, come avviene un po’ in questi casi, quando si ha una persona che in cucina ci sta per mestiere, Marzetti scoprì ben presto che avrebbe voluto percorrere lo stesso cammino della madre, soprattutto forte dei suoi insegnamenti.

Apripista fu un piatto di gnocchi fatti in casa con un profumato ragù cucinato sotto gli occhi attenti di mamma Vittorina, un vero successo in famiglia che lo inorgoglì “Quel giorno rimarrà sempre nel mio cuore è il mio momento senza tempo”.

Dalla scuola di mamma il passo immediatamente successivo è quello alla scuola alberghiera di Tor Carbone, poi al Campus Etoile Academy a Tuscania in provincia di Viterbo: un polo d’eccellenza dedicato alla formazione delle nuove leve di Chef e Pasticceri e durante i cinque anni di scuola alberghiera va d’estate in Sardegna per stagioni lavorative al Forte Village e al Cala Di Volpe.

Da subito si radica nella convinzione che quella è stata la scelta giusta, avverte che non ha scelto di fare un mestiere ma ha seguito una vocazione che lo stimola a comunicare con il prossimo, a seguire gli impulsi del suo carattere gioviale e compagnone. “Dopo la mia prima giornata di lavoro – ricorda -sono uscito dalla cucina distrutto ma con un sorriso gigante che mi porto ancora oggi ogni volta che finisco un servizio perché mi sento felice di fare questo splendido mestiere che mi permette di comunicare attraverso il cibo e regalare ed emozioni”.

La prima volta che si mette alla prova è al ristorante Antico Arco di Roma sul Gianicolo, di fronte al museo garibaldino, a pochi passi dalla fontana con una delle viste più belle di Roma, quella immortalata all’inizio de La Grande bellezza di Sorrentino, sembra quasi una premonizione del destino della futura prestigiosa destinazione di oggi.

Dall’Antico Arco il giovane Stefano punta a raffinare i suoi strumenti operativi e la sua cultura culinaria e lo troviamo prima da Moreno Picchietti, lo Chef partito dalla Maremma che ha guidato i ristoranti di importanti alberghi in giro per il mondo per poi approdare al Hotel Royal di Sanremo, quindi passa con Fabrizio Cadei oggi executive chef dell’Hotel Principe di Savoia a Milano un maestro dal solido bagaglio di esperienze maturato al Ristorante Leon de Lyon di Jean-Paul Lacombe (due stelle Michelin), all’Hyde Park di Londra e che all’Hotel Eden di Roma ottenuto la stella Michelin come “Miglior ristorante d’albergo in Italia” e lo troviamo anche nelle cucine della Pergola del tristellato Heinz Beck. Stefano Marzetti è ora uno chef di cui si parla in giro che ha saputo mettere bene a frutto le esperienze maturate fino a quel momento.

Arriviamo così al momento clou della sua carriera. A Roma un importante imprenditore alberghiero Roberto Naldi, proprietario del prestigioso Parco dei Principi, dello Splendid Royal di Lugano, dello Splendid Royal di Parigi, ha rilevato un convento dei Maroniti a due passi da Via Veneto, siamo agli inizi del 2000 per farne un albergo di lusso. I lavori di ristrutturazione sono imponenti, Naldi si affida allo studio Papiri per realizzare un albergo di stile sontuoso, tutto stucchi barocchi, lampadari di cristallo, boiserie, tendaggi, tappezzerie, mobili antichi: l’ispirazione è quella dei grandi palazzi della antica nobiltà romana che sono lì a due passi, l’Hotel punta a una clientela di alto livello internazionale soprattutto americana e russa che arriva a Roma per rivivere i fasti della Dolce Vita e che cerca un soggiorno all’insegna del lusso e dell’eleganza

Mirabelle Ristorante Terrrazza

Fiore all’occhiello dell’impresa è lo straordinario ristorante dell’ultimo piano, il Mirabelle, dove classe ed eleganza si sposano con una cura quasi maniacale dell’accoglienza, dove il cliente non è un numero ma sempre e comunque il numero uno delle attenzioni e tale si deve sentire. L’imprinting viene affidato al mitico Bruno Borghesi l’ex proprietario del Sans Soucì, il ristorante dove si sono scritte pagine importanti ai tempi della Dolce Vita, frequentato da Fred Bongusto e Mina, dalla Lollobrigida, dalla Loren, dalla Bergman e Rossellini, da esponenti del mondo politico italiano e internazionale come Fanfani, Leone, Saragat, Cossiga e Ronald Reagan dove si sono esibiti star internazionali come Frank Sinatra, Charles Aznavour, Juliette Grecò, Josephine Baker. Dalla sua autorevole storia, Borghesi detta le regole di una filosofia dell’accoglienza che deve distinguere il Mirabelle dagli altri ristoranti di più antica tradizione, che non lascia mai nulla al caso e sa rapportarsi alle infinite angolazioni psicologiche di una clientela internazionale .

Se Borghesi organizza la sala, in cucina viene chiamato Giuseppe Sestito, il compianto chef che amava la mediterraneità, in grado di rendere straordinarie anche le cose semplici, di coniugare lusso e elementi poveri della tradizione, aragoste ed alici. Come nel caso del suo leggendario astice al vapore con panzanella e coulis di pomodoro e basilico un suggestivo contrasto fra l’umiltà della panzanella, piatto povero della cultura contadina e il crostaceo simbolo della cucina del lusso.

Fu Sestito a chiamarsi Stefano Marzetti al Mirabelle, lo volle al suo fianco, avendone sentito parlare in giro, in questa impresa che partiva dal nulla e che in sei anni conquistò subito una stella Michelin.

E quando Sestito decise di partire per il Nord per imbarcarsi in una nuova avventura, Chef Executive de Il Re della Busa e Tremani, i ristoranti del Lido Palace di Riva del Garda, Marzetti ne ereditò lo scettro così come il direttore di sala Luca Costanzi si caricò sulle sue spalle la difficile e impegnativa eredità di un principe della accoglienza come Bruno Borghesi.

Su quella scia il Mirabelle si è attestato come una vera e propria macchina da guerra, uno dei pochi ristoranti d’albergo che attira clientela italiana e internazionale non residenziale, da George Clooney a Tom Cruise, da Meryl Streep all’ex presidente USA, Bill Clinton a Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare cinese, dall’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, a Sting, a Antonio Banderas, Sophia Loren.

Ma se chiedi a Marzetti quale è stato l’ospite che più lo ha emozionato lo Chef ti risponde ammiccandoti con aria diplomatica: “la mia emozione è quella di riscontrare il sorriso di un ospite davanti a un piatto. Questa è la migliore ricompensa perché qui da noi conta creare quella atmosfera di grande complicità fra cucina, ambiente, confort, panorama: elementi che rappresentano la cifra distintiva del nostro modo di fare ristorazione”.

Una ristorazione che risponde ad una precisa filosofia gastronomica dello chef: una cucina creativa di impronta mediterranea, che assomma in sé i sapori della tradizione, dell’innovazione e della sperimentazione. “Il mio linguaggio – dice – si basa sulla trasparenza e la genuinità delle materie prime” che Marzetti seleziona personalmente con maniacale attenzione tra i produttori locali d’eccellenza. La parola che più ricorre nel suo linguaggio è “semplicità”. Una vera e propria contradictio in terminis fra il suo significato letterale e quello culinario che viceversa richiede grande perizia, cultura e applicazione. “Le mie ricette sono il frutto delle mie continue ricerche ed esperienze; la mia è una cucina “viscerale” che nasce dalla mia grande passione che attinge alla tradizione per convertire verso nuove tecniche e contaminazioni che devono sorprendere me prima del cliente facendo riaffiorare nella cura delle sfumature e nella tracciabilità della materia prima emozioni e sensazioni che ti avvolgono”.

“Viscerale” una espressione che difficilmente trovi nel profilo di uno Chef ma non è così per Stefano Marzetti perché se per il Dizionario Treccani significa “Profondo e istintivo”, allora lui con la sua immediatezza, la sua naturalezza, la sua spontaneità lo è fino in fondo e lo si avverte nella sua cucina quando il suo istinto sposa tecnica e innovazione come nella “Carbonara in un risotto” che racchiude una icona della tradizione gastronomica romana dentro una sfoglia di pasta, creando un accostamento fuori dall’ordinario con il tartufo e il topinambur oltre al guanciale, pecorino e uovo il tutto sposato con un risotto con gli asparagi e uno zabaglione d’uovo. O il “Tonno a modo mio”, una rivisitazione in chiave moderna con un sorbetto al Bloody Mary, o ancora il “Pomo_d’oro” che rappresenta il made Italy in cui lo Chef ha creato un gel di pomodoro che riveste una bavarese di bufala accompagnata con un biscotto salato al basilico e un caviale di olio Evo e foglie d’oro che richiamano la dicitura. Tre proposte che muovono obiettivamente all’emozione

E non è un caso che “viscerale” venga usato anche dal direttore Luca Costanzi nella presentazione del ristorante sul web: “E’ l’eleganza della discrezione, è la cura del dettaglio, è la scena dove Io e la mia fantastica squadra ci esprimiamo come un’orchestra che suona sempre la musica giusta in base ad ogni spartito, con l’amore viscerale per questo lavoro”.

E’ soprattutto la grande lezione di Sestito e di Borghesi che si rinnova e si arricchisce nel tempo.

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