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Spreco alimentare: in Norvegia diventa alta cucina

A Oslo c’è un ristorante che ha fatto del recupero degli scarti di cibo la sua filosofia. E’ guidato dal giovane chef Jimmy Oien e anche il locale è arredato con vecchi oggetti riutilizzati: “Qui rifiutiamo il consumismo moderno”.

L’Europa e il Nordamerica sono le due aree del mondo dove si spreca più cibo: noi, secondo i dati Fao, abbiamo il primato nell’industria, con quasi 200 kg pro capite l’anno di sprechi; il Nordamerica invece primeggia sul fronte dei consumatori, con circa 100 kg pro capite annui che portano – tra Nordamerica e Oceania – il totale del patrimonio alimentare buttato a sfiorare i 300 kg a persona, ogni 12 mesi. Un delitto, soprattutto se si pensa che oggi mezzo pianeta è in quarantena, costretto a reperire cibo tra mille limitazioni, e che in particolare in Italia sta venendo fuori anche il fenomeno del cibo non raccolto, per mancanza di manodopera stagionale nei campi. Nel nostro Paese, secondo i dati del Parlamento europeo un po’ vecchi (2010) ma comunque indicativi, ogni anno ognuno di noi spreca 179 kg di cibo, molto più dei 72 kg della Slovenia ma anche molto meno dei 541 kg dei Paesi Bassi.

Tuttavia c’è un Paese, in Europa, che più di tutti si sta occupando del problema: la Norvegia. Nel Paese scandinavo, come è noto da tempo, esiste una catena di supermercati, Holdbart, che vende a prezzi scontati i prodotti che stanno per scadere. Non solo: a Oslo c’è persino un ristorante che ha fatto del recupero degli sprechi alimentari il suo core business. Il locale si chiama Rest. ed è guidato dal giovanissimo chef Jimmy Oien. La sua filosofia è inequivocabilmente riassunta nello slogan del ristorante: “Nessun ingrediente va sprecato. Rest. rifiuta il consumismo moderno. Qui trasformiamo gli scarti in alta cucina”. Un progetto ambizioso ma assolutamente meritevole: la cucina di chef Oien si basa dunque non solo su pregiate, costose e magari inquinanti materie prime, ma su ingredienti che altrimenti finirebbero nella spazzatura, perché imperfetti o addirittura scaduti.

Quali piatti ne vengono fuori? Certo, ci vuole tanta fantasia e tutto va un po’ arricchito con panna o butto per renderlo comunque interessante e gustoso, ma ad esempio non mancano le ostriche del Pacifico, il formaggio di capra, pomodori che sembrano andati a male ma che in realtà sono mangiabilissimi, e persino creste di gallo. Oien dunque, oltre alla meritoria filosofia del suo “fine dining on food waste”, è anche capace di coniugare sapori diversi: dalla tradizione nordica a pietanze tropicali, in una perfetta combinazione – dicono gli esperti – di dolce e grasso, di croccante e morbido. Persino il locale è arredato con vecchi oggetti riutilizzati: i tavoli sono fatti in legno riciclato e riciclato è anche il vetro usato per le caraffe, mentre il soffitto è decorato con oggetti recuperati dal mare.

Unica piccola nota stonata: nonostante gli ingredienti modesti, una cena da Rest. può arrivare a costare 160 euro. Ma in Norvegia il lavoro costa più delle materie prime e, stando ai commenti, la qualità e l’emozione generata dall’entusiasmo di partecipare ad un progetto del genere sembrano valere il prezzo.

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