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Sport e impresa: la storia di Alina Wygonowska, dal tennis ai vertici Monini

Polacca di Gdynia, classe ’77, la sua è una storia da tennista-manager: da ragazza approda nel Wta (ai tempi il modello era Martina Hingis), poi studia economia negli States – Al bivio tra sport e carriera sceglie l’Italia: sposa un italiano e vive a Spoleto, dove ora è nel management di una delle più famose aziende umbre: quella dell’olio Monini.

Sport e impresa: la storia di Alina Wygonowska, dal tennis ai vertici Monini

Prima il nuoto, poi il tennis. Adesso, un importante incarico in una delle più note aziende agroalimentari italiane, la Monini dell’olio d’oliva. Partendo dalla Polonia, passando per gli States e con in mezzo una tentazione giapponese. E’ una vita vissuta tra sport e impresa quella di Alina Wygonowska, classe ’77, nata a Gdynia, a pochi chilometri dalla più famosa (e pronunciabile) Danzica.

“Il tennis mi ha dato tanto, ma non ho rimpianti. E il mio sogno era quello di vivere in Italia”. Adesso Alina, ex numero 604 del circuito Wta, vive a Spoleto, in Umbria, e lavora per il noto marchio di olio Monini, per il quale è country manager della sua Polonia. Ha due figli (il più grande, di quattro anni e mezzo, gioca a tennis) e un marito, ovviamente italiano. “Ma non ho imparato la vostra lingua qui. Ho preso due lauree negli Stati Uniti, alla Oregon University: una in Business Administration e l’altra in lingua italiana, dopo aver fatto un pensierino a imparare il… giapponese!”.

Entrambi i titoli le hanno fruttato nel migliore dei modi, è il caso di dirlo, ma andiamo con ordine. Tutto ebbe inizio in Polonia, alla fine degli anni 80: Alina ha 12 anni e dopo aver provato col nuoto, si lancia nel tennis. “Ho iniziato tardi rispetto alla media, soprattutto della mia generazione: i miei erano gli anni di Martina Hingis (che esordisce nel circuito professionistico nel ’94, a 14 anni), delle tenniste precoci”. Nonostante questo, Alyna ha talento e a 17 anni, dopo una tournée di sei settimane in giro per il Sudamerica, ottiene i punti necessari per classificarsi nel Wta. “Ho fatto sei tornei consecutivi in 6 Paesi diversi – racconta la manager, che ai tempi prediligeva le superfici veloci -: non ne ho vinto neanche uno ma ho fatto i punti necessari per entrare in graduatoria”.

Tra le juniores, Alina era stata tra le tre migliori tenniste polacche, vincendo diversi tornei under 18. “Quella generazione non ha poi fatto grandissimi risultati a livello pro. La Radwanska, che mi ricorda molto la Hingis come stile, è arrivata dopo, mentre della mia tornata la migliore è stata sicuramente Magdalena Grzybowska, che da juniores ha vinto l’Australian Open nel 1996 e due anni dopo è stata numero 30 al mondo tra le professioniste”. La miglior classifica di Alina, che contro la Grzybowska non è mai riuscita a vincere, è stata invece il 604, con il miglior risultato realizzato proprio ai campionati polacchi del 1996, quando finì terza.

Ma in casa Wygonowska si pensava già al futuro. “Ho studiato in un liceo di lingua inglese e a 19 anni, dopo la maturità, ho vinto una Borsa di studio e sono partita per gli States, optando per l’Università dell’Oregon, che ha sede a Eugene”. Dove ha studiato economia e iniziato a coltivare la passione per l’Italia, senza tuttavia lasciare il tennis. Tutt’altro: la brillante studentessa venuta dall’Europa dell’Est si lancia nel circuito dei college, che in America sono organizzati in modo da essere compatibili con lo studio (“Si gioca nei weekend e d’estate”) e da poter giocare qualsiasi torneo anche pro, rinunciando però ai compensi. In quegli anni la futura manager si imbatte anche in qualche giocatrice di buon livello, come la lussemburghese Anne Kremer, che vanta un terzo turno a Roland Garros e due volte a Wimbledon e il numero 18 come miglior ranking.

Poi la laurea e l’inevitabile bivio. “Sono partita per Perugia, per iscrivermi all’università per gli stranieri. Avrei potuto continuare a giocare ma mi sono anche infortunata gravemente al tendine d’Achille in quel periodo. Alla fine degli studi avevo 24-25 anni e per i parametri di quella generazione ero già una ‘vecchietta’: adesso sono tornate di moda le 30enni, ma i miei tempi erano quelli dei baby fenomeni”. Dunque si parte per l’Italia, che significa lavoro ma anche vacanze: “A Perugia ho fatte le prime vacanze della mia vita, dopo anni dedicati a tennis e studio”. La prima esperienza professionale è nel 2001, in un’azienda (poi fallita dopo gli attentati dell’11 settembre) che forniva condimenti di olio per le compagnie aeree.

Ma con quel curriculum, a ottobre 2001 Alina resta in ambito oleario ed entra in Monini, azienda storica del made in Italy con sede a Spoleto, che adesso fattura 125 milioni di euro e distribuisce olio in 58 Paesi nel mondo. Tra i primi tre nei quali Monini (che destina il 30% della propria produzione fuori dall’Italia) esporta, insieme a Svizzera e Russia c’è proprio la Polonia. “Tra quelli di qualità extra-vergine, nel mio Paese è Monini l’olio più venduto – rivela la Wygonowska -. Non solo: la Polonia è uno degli unici due Paesi dove abbiamo una sede distaccata. Dal 2009 infatti è operativa la Monini Polska, che oggi ha 12 dipendenti (in Italia i dipendenti del gruppo sono circa 110, ndr)”. Quella con sede a Poznan è la più importante base all’estero, mentre la Monini North America, con sede negli Usa, conta solo due dipendenti.

Degli Usa però Alina ha poca nostalgia, il suo sogno era l’Italia e l’ha realizzato. E anche del tennis, che segue ancora (“I miei idoli adesso sono Djokovic e Sharapova”), nessun rimpianto. “Mi ha dato tantissimo. Grazie al tennis ho fatto una bellissima esperienza all’estero, dove ho potuto studiare, formarmi e giocare comunque a buon livello. Mi porto dietro un bagaglio di valori incredibili, non solo nel lavoro ma anche nella vita. Tennis significa disciplina, organizzazione del tempo, responsabilità, apertura mentale e persino senso di appartenenza: per quanto sia uno sport individuale, l’esperienza nel circuito college, dove si gioca a squadre, mi ha insegnato a vivere e lavorare in gruppo. E questo mi aiuta molto, ora che lavoro in un team di 12 persone”. E che accompagna il figlio, di quattro anni e mezzo, a giocare a tennis.

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