Condividi

Sorpresa Censis: il 67% degli italiani vuole restare nell’Ue

Pubblicato il Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese. Il 61% vuole anche restare nell’euro e il 60% è contrario alla chiusura delle frontiere – Intanto, però, le istituzioni sono in crisi e cresce il populismo – Aumenta anche l’insicurezza: boom di liquidità accantonata nei conti correnti – I giovani di oggi sono molto più poveri di quelli di 25 anni fa – Dilagano Facebook e Whatsapp

Nazionalisti e nemici dell’Europa? No, gli italiani non sono così. Secondo il Censis, che oggi ha pubblicato il suo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, addirittura il 67% dei nostri connazionali vuole che l’Italia rimanga nell’Unione europea. Gli indecisi sono il 10,4%, mentre i favorevoli all’uscita dall’Ue sono il 22,6%. Insomma, è vero che la Costituzione italiana proibisce un referendum in stile Brexit (le leggi di ratifica dei trattati internazionali non possono essere sottoposte a consultazioni abrogative), ma, se anche fosse possibile, un’eventuale “Italiexit” sarebbe bocciata dagli elettori.

Non solo. Il 61,3% degli italiani è contrario anche ad abbandonare l’euro per tornare alla lira, mentre il 28,7% è favorevole e il 10% non sa rispondere. E ancora: il 60,4% si oppone alla chiusura delle frontiere, a fronte di un 30,6% che vorrebbe la rottura del trattato di Schengen e a un 9% di indecisi.

ISTITUZIONI IN CRISI, CRESCE IL POPULISMO

Questo però non significa che gli italiani siano in armonia con i propri governanti. L’89,4% esprime una opinione negativa sui politici, che piacciono solo al 4,1% della popolazione. E si registra una débâcle per tutti i soggetti intermedi tradizionali: l’1,5% degli italiani ha fiducia nelle banche, l’1,6% nei partiti politici e il 6,6% nei sindacati.

Da tutto ciò emerge un forte distacco fra politica e il popolo: “Le istituzioni – scrive il Censis – non riescono più a ‘fare cerniera’ tra dinamica politica e dinamica sociale, di conseguenza vanno verso un progressivo rinserramento. Delle tre componenti di una società moderna (corpo sociale, istituzioni, potere politico) sono proprio le istituzioni a essere oggi più profondamente in crisi”.

È venuta meno “la sostanza unitaria” che le istituzioni hanno esercitato dal Risorgimento in poi: “La politica riafferma orgogliosamente il suo primato progettuale e decisionale, mentre il corpo sociale rafforza la sua orgogliosa autonomia nel ‘reggersi’. Sono destinati così a una congiunta alimentazione del populismo. È tempo per il mondo politico e il corpo sociale di dare con coraggio un nuovo ruolo alle troppo mortificate istituzioni”.

RISPARMI NEL MATERASSO, NIPOTI PIÙ POVERI DEI NONNI

Questa situazione è figlia di un quadro economico precario, dominato dalla sfiducia. Rispetto all’inizio della crisi nel 2007, sottolinea il Censis, gli italiani hanno accumulato liquidità aggiuntiva per 114,3 miliardi di euro, un valore superiore al Pil di un Paese come l’Ungheria. La liquidità totale in contanti o depositi non vincolati (818,4 miliardi al secondo trimestre 2016) è pari al valore di un’economia che si collocherebbe al quinto posto nella graduatoria del Pil dei Paesi Ue post-Brexit, dopo la Germania, la Francia, la stessa Italia e la Spagna.

Evidente, poi, secondo il Rapporto, il ko economico dei giovani. I figli sono più poveri dei nonni: rispetto alla media della popolazione, oggi le famiglie dei giovani con meno di 35 anni hanno un reddito più basso del 15,1% e una ricchezza inferiore del 41,1%. Nel confronto con venticinque anni fa, inoltre, i giovani di oggi hanno un reddito del 26,5% più basso di quello dei loro coetanei di allora, mentre per gli over 65 anni è aumentato del 24,3%.

IL 61% DEGLI ITALIANI USA WHATSAPP
FACEBOOK SURCLASSA I QUOTIDIANI COME FONTE D’INFORMAZIONE

Altri numeri sorprendenti sono quelli che riguardano l’approccio degli italiani alla tecnologia. Tra il 2007 e il 2015 i consumi complessivi delle famiglie si sono ridotti del 5,7% in termini reali, ma nello stesso periodo si è registrato un vero e proprio boom della spesa per acquistare computer (+41,4%) e smartphone (+191,6%). Nel 2016 l’utenza del web in Italia è arrivata al 73,7%. Nel caso dei giovani under 30 il dato sale al 95,9%. Oggi il 64,8% degli italiani usa uno smartphone (dato che sale all’89,4% fra i giovani) e per comunicare il 61,3% utilizza Whatsapp (contro l’89,4% dei giovani), il 56,2% ha un account su Facebook e il 46,8% guarda Youtube.

Quanto al rapporto con l’informazione, nel 2011 l’80,9% degli italiani dichiarava di aver acquisito informazioni dai tg, ma nel 2016 il dato si è ridotto al 63%. I diplomati e i laureati, che erano i più affezionati utenti dei tg, di punti ne hanno persi addirittura 27,3, passando dall’85,7% al 58,4%.

Tra le prime fonti utilizzate per informarsi, dopo i telegiornali si colloca Facebook con il 35,5% e i giornali radio con il 24,7%, mentre i quotidiani non superano il 18,8%. Il 19,4% degli italiani sceglie i motori di ricerca come Google, il 10,8% YouTube e il 2,9% Twitter.

Commenta