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Sigarette: boom di divieti, ma il neo-proibizionismo non funziona

Le tante battaglie per tutelare la salute dei cittadini rispetto a cibo spazzatura, alcool e sigarette continuano a rivelarsi inefficaci, ma c’è chi vuole continuare lungo questa strada.

Sigarette: boom di divieti, ma il neo-proibizionismo non funziona

La battaglia per tutelare la salute dei cittadini sembra ormai prendere i contorni di un neo-proibizionismo. A differenza dello storico bando di sostanze alcoliche avvenuto negli Stati Uniti durante gli anni ’30 del secolo scorso, nel quale venivano proibite la fabbricazione, la vendita, l’importazione e il trasporto di alcolici, l’odierno atteggiamento assunto da molti governi nei confronti del fumo, del cibo “spazzatura” e degli alcolici stessi appare meno coercitivo ma ugualmente duro e, fondamentalmente, privo di riscontri positivi.

Se si pensa al contrasto del cosiddetto “junk food” è bene ricordare che nel 2011, la città di San Francisco vietò alle catene di fast food di regalare giocattoli nei menù per bambini, a meno che il pasto rispondesse a precisi criteri nutrizionali. Ebbene, i risultati pubblicati dall’Università di Stanford hanno evidenziato che però, ad oggi, nessun menù per bambini è stato modificato in modo da rispondere ai criteri indicati ma in compenso i giocattoli, anziché essere regalati, sono stati venduti a 10 centesimi di dollaro (per eludere il divieto), e l’88% dei genitori li ha acquistati insieme al menù rendendo praticamente vani gli sforzi compiuti dall’Amministrazione in tema di lotta all’obesità giovanile.

Ugualmente fallimentare è stato il tentativo di vietare le bibite gassate in bicchieri da più di 470 ml imposto dal sindaco di New York Michael Bloomberg nel 2012. La norma che imponeva il divieto è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte d’Appello poiché risultava dettata da ragioni politiche ed economiche piuttosto che essere ispirata dal reale intento di tutela della salute dei cittadini. Un simile provvedimento è stato riproposto anche in casa nostra nel 2011 quando l’Assemblea regionale della Sicilia, ha votato il bando delle bevande gassate zuccherine da tutte le scuole dell’isola.

E insieme a cibo spazzatura, bibite, zuccheri, in cima alla lista c’è da molti più anni il tabacco. Per quanto riguarda la lotta al tabagismo, negli ultimi tempi gli strali più incisivi sono stati scagliati dai paesi di cultura britannica. In Australia dal dicembre 2012, la Corte suprema ha dato il via libera alla legge che impone per il tabacco il cosiddetto “plain packaging” o confezionamento neutrale, cioè no-logo. In sostanza, per combattere più efficacemente la dipendenza da tabacco, le autorità australiane hanno deciso di vendere le sigarette solo in pacchetti anonimi, tutti di colore verde oliva, con l’85% della superficie occupata da immagini shock sugli effetti del fumo e, soprattutto, senza nessun riferimento ai marchi dei produttori. Anche in questo campo i risultati sono stati oltremodo deludenti: secondo alcune stime sembra che i giovani fumatori australiani compresi tra i 12 e i 17 anni siano addirittura aumentati, passando dal 2,5 al 3,4 per cento nel triennio 2010 – 2013.

Oltre a questo, tale politica antifumo ha provocato un aumento del fenomeno della contraffazione dei prodotti del tabacco ed ha incrementato vertiginosamente il fenomeno del contrabbando: dal 2012 al 2013 i prodotti illeciti nel mercato australiano del tabacco sono passati dall’11,8 al 13,3 per cento e, nello stesso periodo, il governo ha perso oltre un miliardo di dollari australiani (circa 700 milioni di euro) in mancati incassi (fonte KPMG).

Anche da noi, in Italia, il problema del contrabbando non è trascurabile, anche senza pacchetti di sigarette anonimi. Alla fine del 2011 il contrabbando di sigarette nel nostro Paese ha raggiunto il picco: l’11,8% del mercato. E a pagarne le conseguenze è stato l’erario, basta pensare che tra Iva e accise, ogni anno se ne vanno letteralmente in fumo centinaia di milioni di euro.

Ma tornando ai paesi anglosassoni, anche Gran Bretagna e Irlanda sembrano voler seguire la strada tracciata dall’Australia. Se l’iter legislativo intrapreso andrà a buon fine, presto sarà possibile commercializzare le sigarette solo in confezioni “neutre” dove al posto dei celebri loghi verranno stampate impressionanti immagini di malattie legate al fumo. Oggi in Gran Bretagna almeno il 20 per cento degli adulti non riesce a rinunciare a smettere di fumare ed ogni anno iniziano a fare uso di tabacco almeno 200mila giovani di età compresa tra gli 11 e i 15 anni. In prima linea contro tabagismo c’è anche l’Irlanda, che da tempo ha avviato il progetto Free Ireland, per liberare il Paese dalle sigarette entro il 2015, che prevede l’omologazione dei pacchetti in quanto, si legge, “il confezionamento standardizzato riduce le convinzioni errate sui rischi del fumo, aumenta l’efficacia delle avvertenze sulla salute, riduce l’attrattiva al consumo tra i giovani e i giovani adulti e può promuovere la cessazione del fumo tra i fumatori abituali”.

Dieci i paesi membri però (tra cui l’Italia) che hanno bocciato le due iniziative, vediamo cosa accadrà. Intanto gli scarsi risultati che ci si può aspettare da questo genere di operazioni vengono sottolineati da più parti, non da ultime dalle multinazionali de tabacco: “Non ci sono evidenze né ricerche scientifiche che suggeriscono che i giovani comincino a fumare perché attratti dal logo del brand e dai colori stampati sui pacchetti” spiega il responsabile delle relazioni istituzionali di Imperial Tobacco Italia Valerio Forconi. Ovviamente nessuno nega i rischi per la salute, in discussione, semmai, è l’efficacia dissuasiva delle nuove confezioni neutrali. Vale dunque forse la pena riflettere ed intervenire sull’approccio culturale a tali prodotti invece di imporre regole ferree che, in fin dei conti, si rivelano (e si sono rivelate in passato) inefficaci e controproducenti, anche per coloro che dovevano da esse venire tutelati: i cittadini.

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