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Serie A più povera e la Juve non parte favorita: le pagelle di Beccantini

INTERVISTA a ROBERTO BECCANTINI, decano dei giornalisti sportivi- “Senza CR7 e Lukaku il calcio italiano è più povero” e nella corsa allo scudetto la Juve non è più la favorita perchè sul mercato ha fatto peggio delle altre candidate al titolo – Ecco i voti alle sette sorelle

Serie A più povera e la Juve non parte favorita: le pagelle di Beccantini

Una sosta per tirare il fiato, ma soprattutto per riflettere. Le prime due giornate di campionato hanno già dato qualche indicazione, ora però, a mercato concluso, si fa sul serio. La pausa Nazionali ci dà così, come di consueto, l’occasione di fare un po’ il punto sulle big della Serie A, in procinto di prendere i primi voti dell’anno, alla luce delle scelte operate sull’insidioso terreno delle trattative di mercato. Ne parliamo con Roberto Beccantini, decano del giornalismo sportivo, firma storica de La Stampa e osservatore autorevole e imparziale, che si è divertito a fare per noi le pagelle del mercato. 

È stata un’estate a due facce per il nostro calcio: l’Italia ha vinto gli Europei, ma le stelle come Cristiano Ronaldo, Lukaku, Donnarumma e Hakimi sono andate tutte all’estero. Il nostro campionato, insomma, riparte più forte o più debole?

«Riparte più povero, indubbiamente. Ma è una indigenza così diffusa che, per paradosso, potrebbe sfociare in emozioni forti. La tiranna non c’è più, ci sono sette sorellastre pronte a tutto e capaci di molto. Insomma: poveri ma belli».

Entriamo ora nello specifico, a cominciare dalla Juventus, molto criticata per il mercato, in entrata e in uscita. Che voto diamo alla prima campagna di Arrivabene e Cherubini?

«Premesso che “Arrivamaluccio” si occupa di conti e Cherubini di mercato, e che l’ultimo Paratici qualcuno e qualcosa sbagliò, al massimo 5. Più Kean e Locatelli meno Cristiano Ronaldo: serve dire altro? Poi magari Allegri si inventa uno squadrone, ma oggi è così».

Ora un giudizio sull’Inter, che ha dovuto vendere i suoi pezzi più pregiati, oltre che sopperire all’addio di Conte…

«6,5. La staffetta Conte-Inzaghi mi ricorda il trasloco fra Conte e Allegri. Funzionò. Senza Lukaku e Hakimi l’Inter, sulla carta, è più debole. Ma ha saputo limitare i danni, e questo è il grande merito di Marotta. Penso a Dzeko e Correa per l’attacco, a Calhanoglu trequartista, a Dumfries e Dimarco sulle fasce. Nella mia griglia, dopo la fuga di Cierre, ha scalzato la Juventus dal ruolo e dal rango di favorita. Con tanti auguri a Christian Eriksen».

Pure il Milan ha iniziato con due partenze pesanti, poi però si è mosso molto, anche se qualcuno lo accusa di aver puntato più sulla quantità che sulla qualità: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

«6,5 pure al Diavolo. Giroud con o per Ibra, visto che a ottobre ne farà 40. Maignan per Donnarumma. E al posto di Calha, Brahim Diaz, già in rosa, o Messias, un tipo dal dribbling facile. A corredo, nessun solista e una manica di coristi. La continuità di Pioli è la garanzia. Tonali sta crescendo e, se Kessié firma, potrebbero crescere persino le ambizioni».

Veniamo ora al Napoli, sostanzialmente immobile, in entrata ma anche in uscita…

«In generale, voto 6. Però Osimhen non è più in pista di rullaggio, Ounas è un’aletta che mi intriga e Spalletti la prolunga cagliostresca di Gattuso. Il nodo è il contratto di Insigne. Dunque, De Laurentiis. Napoli vive di eccessi, e il boss ci sguazza. Ma la squadra c’è».

La Roma invece si è mossa, ma soprattutto ha speso, tanto: voto ai giallorossi di Mourinho?

«Calcolando l’allenatore, 7. Abraham è un giovane cacciatore, non sarà ancora Dzeko ma mi pare molto funzionale al progetto. Come Shomurodov. E poi Veretout, Lorenzo Pellegrini, lo Zaniolo di ritorno, Mkhitaryan. E un portiere, finalmente: Rui Patricio. In attesa di Spinazzola. Se il Vate registra la difesa, occhio».

Arriviamo poi alla Lazio, che dopo tante estati in sordina ha dovuto far fronte alle richieste “rivoluzionarie” di Sarri…

«E bene ha fatto. Per questo, 7. Nonostante il sacrificio di Correa. Zaccagni, l’ultimo arrivato, mi piace un sacco. Il problema era la panchina, di qualità non eccelsa: si è corso ai ripari. Pedro, Felipe Anderson, Hysaj sono ali o esterni, li chiami come crede, che sposano la filosofia sarriana. Alla Juventus, ubi maior, subì il mercato, alla Lazio lo ha suggerito: “C’era Guevara” riabbraccia, così, il suo mestiere di rivoluzionario, anche se Lotito proprio un Fidel Castro non mi sembra. Ci divertiremo».

Infine l’Atalanta, per qualcuno addirittura pronta a lottare per lo scudetto: che giudizio dà sull’operato della Dea?

«Ha perso Romero, ha preso Demiral. In generale, 6. La Dea viene da tre terzi posti, un quarto di Champions e due finali di Coppa Italia. E’ esploso Pessina, è rimasto Ilicic, è arrivato Musso. Di solito, parte male. Questa volta, è partita così così. Fate che il Gasp recuperi Zapata e ne riparliamo. Se non ora, quando?».

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