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Salva-Berlusconi, Renzi: “La manina è la mia”

Il Premier all’assemblea Pd: “E’ una normativa che non ha niente a che vedere con le leggi ad personam. Quello che va modificato si modifica” – Civati: “Renzi non può banalizzare dicendo che la manina è la sua e che in Cdm si è discusso quando i ministri non ne sapevano nulla” – Bersani: “Secondo la norma, chi ha di più ha diritto ad evadere di più”

Salva-Berlusconi, Renzi: “La manina è la mia”

“Se vogliamo continuare a farci del male per altri dieci giorni sulla delega fiscale parlando della manina, si sappia che quella manina è la mia”. Con queste parole il premier Matteo Renzi, intervenendo ieri all’assemblea Pd, ha cercato di smorzare le polemiche sulla norma salva-Berlusconi comparsa il 24 dicembre nel decreto legislativo approvato in via preliminare dal Governo. Si tratta dell’articolo 19, che prevede la non punibilità per chi ha evaso fino al 3% del reddito dichiarato. 

“La ritengo una normativa che non ha niente a che vedere con le leggi ad personam – ha aggiunto il Presidente del Consiglio –. Quello che va modificato si modifica, nell’interesse degli italiani. Abbiamo discusso e approfondito punto per punto, siamo entrati nel merito. Questo è il modo in cui un governo governa, l’idea che qualcuno si confeziona un pacchetto a me non va. Noi non facciamo leggi ad personam e non ne facciamo contra personam”.  

La norma, in ogni caso, avrebbe estinto la condanna per frode fiscale a quattro anni di reclusione (di cui tre indultati) inflitta al leader di Forza Italia nell’ambito del processo sui diritti tv Mediaset. Berlusconi, inoltre, si sarebbe visto cancellare l’incandidabilità per 6 anni prevista dalla legge Severino. Da qui le polemiche sollevata dalla minoranza Pd sulla “manina” che ha materialmente inserito la norma nel testo, malgrado l’Esecutivo abbia promesso di modificare l’articolo, rinviando la discussione dell’intero decreto al Consiglio dei ministri del 20 febbraio, ovvero dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

“Questo gennaio bisogna allacciarsi le cinture – ha detto ancora Renzi –. Non solo per le riforme e la legge elettorale e non solo per il Jobs Act o per il fisco”. Quanto al termine della presidenza italiana dell’Unione europea, secondo il Premier “in questi sei mesi il vocabolario è cambiato. C’è stato un lavoro straordinario, ma o noi ci mettiamo a lamentarci anche delle virgole o capiamo che c’è un Paese da rimettere in moto. O lo facciamo noi o non lo farà nessun altro”. 

Tornando alla norma salva-Berlusconi, Pippo Civati ha ribadito la linea critica della minoranza Pd: “Questa è talmente grossa che qualcuno potrebbe sospettare che forse è voluta, un incidente per destabilizzare. Renzi non può banalizzare dicendo che la manina è la sua e che in Cdm si è discusso quando i ministri ci dicono che non ne sapevano nulla. È un gioco pericoloso e ora serve una verifica di governo. La norma in questione poi, al di là di Berlusconi, è da rivedere”.  

Critico anche Bersani: “Nella norma sul fisco c’è una regola di proporzionalità – ha detto l’ex segretario –. Chi ha di più ha diritto ad evadere di più. Lo stesso criterio di proporzionalità manca però nel Jobs Act”, in particolari nei licenziamenti disciplinari, dove non c’è equilibrio tra il fatto passibile di provvedimento disciplinare e il licenziamento, “come se nel calcio un giocatore, per aver sbagliato una rimessa laterale, venisse espulso”. 

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