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Russia, “nessuno sa cosa vuole fare Putin ma la tregua con l’Ucraina è lontana”: testimonianza della giornalista Zoja Svetova

INTERVISTA A ZOJA SVETOVA, giornalista russa di Novaja Gazeta che dopo la chiusura della rivista diretta dal Nobel Muratov anima il sito “L’aria libera” e ha appena pubblicato un libro in Italia su “La giustizia ingiusta nella Russia di Putin”

Russia, “nessuno sa cosa vuole fare Putin ma la tregua con l’Ucraina è lontana”: testimonianza della giornalista Zoja Svetova

Chi incontra e ascolta per la prima volta la giornalista russa Zoja Svetova resta impietrito per la tranquillità con la quale parla della deriva autoritaria che ha sconvolto il suo Paese. Ma non ha paura? Poi è lei stessa a svelare le basi del suo coraggio: figlia di dissidenti e prigionieri politici ai tempi dell’Unione Sovietica, Zoja con l’autoritarismo ci fa i conti da sempre.

“I miei figli sono al sicuro ed è questo che conta. Quanto a me, bisogna pur vivere e io non posso farlo fuori da Mosca”. “E poi – si schermisce – io non sono così famosa, non sono un obiettivo. Il direttore Dmitrij Muratov, sì lo è. E infatti lo hanno già aggredito, accecandolo quasi con uno spray chimico”.

È successo nel mese di luglio mentre il premio Nobel per la Pace 2021 si trovava su un treno fra Mosca e Samara.

Zoja Svetova, 63 anni, 3 figli, ha appena pubblicato in Italia, edito da Castelvecchi e a cura di Vittoria Massimiani, il suo libro più importante: “Gli innocenti saranno colpevoli-Appunti di un’idealista”, che ha un sottotitolo chiarissimo: “La giustizia ingiusta nella Russia di Putin”. È una giornalista che non ha più un giornale, perché Novaja Gazeta, la rivista dove lavorava, è stato chiusa dal governo di Putin, con l’accusa di essere manovrata da agenti stranieri perché aveva criticato l’invasione dell’Ucraina. Aveva fatto scandalo, nel giorno dell’invasione, il 24 febbraio scorso, la scelta del direttore di pubblicare l’edizione cartacea del giornale anche in lingua ucraina per dimostrare la solidarietà verso il Paese aggredito; mentre sul sito egli aveva parlato di “dolore e vergogna” per quello che era accaduto. Troppo per lo zar.  E infatti il mese successivo tutte le edizioni del periodico erano stato oscurate.

Diciamo subito che Novaja Gazeta, fondata nel 1993 da giornalisti fuoriusciti dalla Pravda e della quale era stato azionista fino al giorno della sua morte Michail Gorbaciov, ha avuto un ruolo straordinario nella Russia post-comunista. Indipendente, autorevole, audace, è stata la spina nel fianco del nuovo potere fin dal primo momento. Fra le inchieste più esplosive quelle sul comportamento dell’esercito russo durante la guerra cecena: gli stupri delle donne, le fucilazioni di civili inermi, tutto documentato con nomi e cognomi dei colpevoli. Molti di questi articoli erano stati firmati da Anna Politkvoskaja uccisa a Mosca nel 2006 in un agguato di cui non si è mai saputo il mandante. Ma altri quattro giornalisti della Novaja sono stati uccisi in circostanze misteriose.

Zoja, qual è il vero stato economico e politico della Russia e qual è la percezione dei cittadini russi dell’operazione ucraina dopo quasi 8 mesi dall’avvio della cosiddetta operazione speciale di Putin in Ucraina che noi occidentali chiamiamo semplicemente l’invasione russa?

“Non sono un economista e non potrei descrivere un quadro dello stato economico in Russia, ma so che i prezzi sono aumentati molto e molti negozi e aziende hanno lasciato la Russia, tra cui Ikea, Apple, Zara, Max Mara, H&M, McDonald’s e altri. Cosa che fra l’altro si sa in tutto il mondo. Così come si sa che il bilancio russo ha subito un grave colpo a causa del blocco di diversi grandi progetti con partener occidentali. Progetti in settori industriali, nella costruzione di aerei e automobili, nell’estrazione mineraria ed altri. Quanto alla percezione che hanno i russi di quello che accadendo, voglio ricordare che in Russia già da oltre venti anni, da quando è salito al potere Putin, vige una politica da regime autoritario con tratti di dittatura. Tutte le libertà fondamentali, compresa la libertà di parola, la libertà di eleggere e di essere eletti, la giustizia indipendente sono state abolite e distrutte. Se confrontiamo lo stato politico e sociale della Russia contemporanea con l’Unione Sovietica troviamo molti tratti simili. E c’è ancora da considerare una cosa che pochi sanno in Occidente: il governo russo post-comunista non ha ancora sollevato la cortina di ferro e i russi ora possono lasciare il Paese è vero, ma solo con alcune restrizioni. E anche con un visto turistico Schengen non possono ancora andare nei paesi baltici o in Finlandia”.

Cosa succederà dopo i controversi referendum nelle repubbliche del Donbass: l’annessione alla Russia sarà per sempre o è un atto compiuto da Putin per rafforzare la sua posizione negoziale all’apertura del tavolo dei negoziati?

“Il presidente Putin ha annesso i nuovi territori ucraini; quindi, quando l’Ucraina cercherà di recuperare questi territori, i russi diranno che l’Ucraina sta attaccando la Russia. È questo quello che è accaduto. E al momento non ci sono possibilità di trattativa sull’argomento”.

Che effetto ha avuto la chiamata alle armi di 300mila riservisti in Russia?

“L’effetto che ha avuto la chiamata alle armi sta nei numeri: è vero, i militari sono riusciti a reclutare circa 300mila riservisti. Ma allo stesso tempo più di 700mila russi sono fuggiti dal Paese non volendo essere uccisi o uccidere. È evidente il giudizio che è stato dato su Putin e il suo regime”.

Da parte del Cremlino, si moltiplicano i riferimenti alla possibilità di ricorrere alle armi nucleari tattiche come ultimo rapporto dello scontro con l’Ucraina e l’Occidente: secondo lei sono minacce puramente tattiche o aumenta il pericolo di una vera guerra nucleare?

“Nessuno sa cosa vuole fare Putin, tutto è possibile. È possibile che sia un bluff, ma è anche possibile che voglia davvero ricorrere alle armi nucleari tattiche”.

Dopo il 24 febbraio, il dissenso politico e civile nei confronti della politica di Putin è aumentato o si è indebolito?

“Anche qui meglio chiarire con i fatti. All’inizio di marzo 2022 il Parlamento russo ha adottato un nuovo articolo del Codice penale che accusa di “discreditare l’esercito russo” chiunque disapprovi ‘l’operazione speciale militare’. Si tratta di centinaia di persone, arrestate e detenute non solo ai sensi dell’articolo sul discredito dell’esercito russo, ma anche in virtù di altri articoli amministrativi. Un deputato municipale di Mosca, per esempio, Alexej Gorinov, è stato condannato a 7 anni di prigione per aver criticato durante la sessione plenaria del parlamento municipale quanto sta accadendo in Ucraina”.

Che cosa è accaduto al suo giornale, la Novaja Gazeta? E qual è oggi lo stato della libera informazione in Russia?

“Novaya gazeta è stata costretta a sospendere le sue pubblicazioni il 28 marzo 2022 a causa della repressione dello Stato. Ma pochi mesi dopo la redazione ha iniziato a pubblicare testi su un nuovo sito chiamato “L’area libera”. Pubblichiamo articoli e facciamo podcast. Centinaia di giornalisti che sono partiti dalla Russia continuano a fornire al pubblico molte informazioni, indagini investigative, interviste. Scrivono articoli e fanno film documentari. Il pubblico russo può seguirci su Youtube. Insomma, si continua a lavorare per il futuro, per quando saremo di nuovo in condizione di lavorare tranquillamente. Quanto a me, lavoro a podcast in cui racconto le storie dei russi che lasciano il Paese, storie di giovani che sono scappati perché temevano di essere inviati in Ucraina, a uccidere o a essere uccisi”.

Cosa possiamo fare in Italia per sostenere la causa della stampa democratica in Russia?

“Credo che dobbiamo continuare a parlare dell’Ucraina, ma dobbiamo anche descrivere come vivono i russi, cosa ne pensano. E dobbiamo sostenere i giornalisti russi che sono emigrati dal paese”.

Ad oggi, l’obiettivo di una tregua tra Russia e Ucraina rimane un miraggio o, prima o poi, la tavola dei negoziati di pace si aprirà davvero?

“Dopo i bombardamenti degli ultimi giorni, è difficile pensare a una tregua o a un tavolo dei negoziati. Siamo molto lontani da questo”.

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