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Roma-Liverpool, prove di rimonta ma soprattutto di civiltà

In un Olimpico esaurito, la Roma tenterà contro il Liverpool di replicare l’impresa realizzata contro il Barcellona per raggiungere la finale di Champions, che manca da 34 anni – Ma la cosa più importante è che, dopo gli scontri dell’andata che mettono a rischio la vita di un tifoso inglese, l’evento sia spettacolo di civiltà

Roma-Liverpool, prove di rimonta ma soprattutto di civiltà

AAA cercasi nuova impresa. È questo ciò che serve alla Roma per provare a superare il Liverpool e raggiungere la finalissima di Kiev, obiettivo impensabile a inizio stagione e ugualmente difficile ora, alla luce del 5-2 dell’andata che sembra aver già indirizzato la qualificazione.

La logica dice che a passare saranno i Reds, il calcio però spesso sfugge a pronostici e i giallorossi ne sanno qualcosa. Non è passato molto tempo infatti da quel 10 aprile in cui il Barcellona, forte del 4-1 del Camp Nou, fu letteralmente asfaltato dalla squadra di Di Francesco, ecco perché il sogno, se così si può chiamare, potrebbe ancora diventare realtà.

Certo, le rimonte epiche sono tali proprio perché accadono raramente e la Roma, quest’anno, ha già dato nella notte appena citata. Guai però a pensare che le cose non possano accadere due volte: notti così si decidono con la palla tra i piedi su un prato verde e quello, si sa, sfugge a ogni regola.

“Ripetersi non è mai facile ma ci proveremo con tutte le nostre forze – l’arringa di Di Francesco – Affrontiamo una squadra molto diversa dal Barcellona, sia dal punto di vista tattico che mentale. Dal punto di vista motivazionale però non cambia niente, abbiamo voglia di fare una grande rimonta e mettere in campo tutto ciò che abbiamo. Non ci vogliamo accontentare, ce la metteremo tutta”.

I giallorossi ci credono, o quantomeno hanno il dovere di farlo. Con un Olimpico strapieno (65 mila spettatori, circa 5 milioni d’incasso) e tutt’Europa davanti alla tv è necessario provarci, anche perché un’occasione del genere potrebbe non capitare mai più. La finale di Kiev è lontana ma non così tanto se si pensa ai pronostici d’inizio stagione, quando la Roma veniva data per spacciata già nel girone.

Invece il cammino è stato esaltante, come hanno capito a loro spese, fra le altre, Chelsea, Atletico Madrid e Barcellona, giusto per citare gli scalpi più nobili di questa campagna europea targata Di Francesco.

Molto comunque dipenderà anche dal Liverpool: dovesse segnare un gol diventerebbe quasi impossibile, ne facesse due ecco che allora solo un miracolo potrebbe salvare i giallorossi. Premessa doverosa con una squadra come quella di Klopp, che fa del gioco offensivo la sua arma migliore e che ha in dote un Salah decisamente più incisivo di quello ammirato all’ombra del Colosseo.

“Siamo qui per trasformare i nostri sogni in realtà e siamo ottimisti – il commento del tecnico tedesco. – Loro devono vincere 3-0, un risultato possibile ma molto difficile da raggiungere. Non vediamo l’ora di scendere in campo, questo è già di per sé un match storico, ora non ci resta che passare e raggiungere un qualcosa di straordinario come la finale”.

Difficile prevedere come andrà a finire, di certo però all’Olimpico sarà spettacolo. Di Francesco, dopo l’esperimento decisamente fallito dell’andata del 3-4-2-1, tornerà al 4-3-3 classico con Alisson in porta, Florenzi, Fazio, Manolas e Kolarov in difesa, Nainggolan, De Rossi e Pellegrini (Strootman è infortunato) a centrocampo, Schick, Dzeko ed El Shaarawy in attacco.

Stesso sistema di gioco anche per Klopp, che risponderà con Karius tra i pali, Arnold, Van Dijk, Lovren e Robertson nel reparto arretrato, Wijnaldum, Henderson e Milner in mediana, Salah, Firmino e Mané nel tridente offensivo.

Roma spera in una grande notte di calcio ma anche di civiltà: i fattacci dell’andata (Sean Cox, il tifoso del Liverpool aggredito da un gruppo di delinquenti italiani, è ancora in coma) hanno fatto grande scalpore e l’arrivo di migliaia di inglesi nella Capitale non fa dormire sonni tranquilli.

Ci vorrà tutta l’organizzazione del caso, ma anche il buon senso collettivo: perché l’immagine dell’Italia e della sua Capitale valgono molto di più di una finale di Champions.

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