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Roma, il flop della Raggi gioca per Renzi

Se la guida di Roma è uno stress test sulla capacità di governo nazionale del Movimento 5 Stelle per i grillini sono guai – Ma le origini degli autogol dei Cinque Stelle sono chiare fin dalla campagna elettorale e dal contratto capestro firmato dalla Raggi con lo staff di Grillo – In questi 70 giorni s’è capito che a Roma i peggiori avversari dei grillini sono proprio loro: i grillini – Altro che poteri forti – E il Pd risale nei sondaggi

Roma, il flop della Raggi gioca per Renzi

“Tutti parlano di caos e bufera a Roma, ma è solo l’inizio”. Chissà se, dopo essersi espresso in modo così spericolato, l’ineffabile aspirante premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, s’è reso conto dell’autogol che l’inequivocabile comicità delle sue parole ha segnato nella porta dei grillini. Il disperato tentativo del vicepresidente della Camera era evidentemente quello giustificare l’ingiustificabile e di ridimensionare la crisi della Giunta Raggi a Roma, chiedendo comprensione per amministratori ancora in rodaggio. Ma non è stata una buona idea, perché il rimedio è stato peggiore del male. Se è “solo l’inizio”, quali altre calamità devono attendersi i romani dopo le tribolazioni dei primi 70 giorni della Giunta Raggi?

La pioggia di dimissioni eccellenti che ha sommerso fino alle lacrime il sindaco Raggi è certamente clamorosa ma non è imprevista. E non solo perché s’era capito subito che il dilettantismo amministrativo era pari alla demagogia e all’ambiguità elettorale e nemmeno perché la trasparenza grillina era solo una promessa da marinaio.

Il punto chiave dei ripetuti sbandamenti della Raggi e della sua Giunta è molto semplice, ha un’origine ben chiara fin dalla campagna elettorale e si riassume in una sola domanda: il sindaco Raggi risponde ai cittadini romani o a Beppe Grillo e al Direttorio del Movimento Cinque Stelle? Chi ha firmato il contratto con i Cinque Stelle che impone di passare sotto le forche caudine dello staff di Grillo per tutti gli atti amministrativi importanti, nomine comprese? Ora le contraddizioni vengono al pettine e se Roma è lo stress test sulla capacità di governo nazionale dei grillini, la partita rischia di chiudersi prima del tempo. “E’ solo l’inizio”.

Alla base di tutti i guai della Raggi c’è la sua sovranità limitata che fatalmente la spingono o a piegare la testa davanti al Direttorio o a sfiancarsi in un braccio di ferro dall’esito assai incerto.

Ha perfettamente ragione chi sostiene che il Pd, che a Roma ha gravi responsabilità verso la città, non deve maramaldeggiare sugli autogol di Raggi e M5S ma non è questa la linea di comportamento che si è dato il premier Matteo Renzi che, come sul referendum, ha abbassato i toni e si tiene a rispettosa distanza dal testacoda grillino nella Capitale. Sarà un caso, ma gli ultimi sondaggi rivelano che il Pd ha scavalcato M5S: 32,6% contro 30,3%, che vale quel che vale ma che è, a suo modo, indicativo di come gli umori della gente possano cambiare rapidamente.

Stare sotto traccia e aspettare che la Giunta Raggi e il Movimento 5 Stelle cuociano a fuoco lento può essere una tattica vincente per chi ha capito subito che i più insidiosi avversari dei grillini sono proprio loro: i grillini. Altro che “poteri forti”.

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