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Ricerca Bocconi-Microsoft: la concorrenza sleale passa anche dai software illegali

Lo studio “Software contraffatti e concorrenza sleale. Il caso italiano”, condotto su un campione di 289 società quotate italiane, certifica che l’Italia è il secondo paese in Europa per uso di software contraffatti dalle aziende, con un tasso di pirateria che si aggira intorno al 48%, rispetto a una media europea del 34%.

Ricerca Bocconi-Microsoft: la concorrenza sleale passa anche dai software illegali

A lanciare l’allarme è Microsoft Italia, per ovvi motivi una delle principali parti lese dal fenomeno dell’utilizzo di software contraffatti. Anche se, come spiega la ricerca realizzata in collaborazione con il Centro di Ricerche su Sostenibilità e Valore (CReSV) della Bocconi e presentata ieri nell’università milanese, il malcostume non solo ha un impatto negativo nel settore in cui esse operano, quello informatico, ma finisce per intaccare anche l’insieme del sistema produttivo del Paese.

E non solo: l’utilizzare software illegali non porta a evidenti vantaggi dal punto di vista finanziario alle imprese, a fronte invece di elevati rischi dal punto di vista legale. “Microsoft ritiene sia importante evidenziare come l’utilizzo di software contraffatto abbia un forte impatto negativo anche sul fronte della concorrenza e sull’intera economia locale”. Queste le parole di Thomas Urek, direttore antipirateria – legal and corporate affairs, Microsoft Emea. “La ricerca dimostra infatti come la pirateria del software continui a drenare risorse all’economia legale, a danneggiare il nostro sistema produttivo e l’ecosistema delle startup italiane. Per questo a nostro avviso i governi dovrebbero accelerare l’evoluzione normativa a tutela sia della proprietà intellettuale che della libera concorrenza”.

Non solo un problema legale, dunque, ma uno dei tanti casi di economia sommersa. E, come spesso capita, un fenomeno molto italiano. Lo studio “Software contraffatti e concorrenza sleale. Il caso italiano”, condotto su un campione di 289 società quotate italiane, certifica infatti – avvalendosi del confronto con i dati del rapporto annuale BSA (Business Software Alliance) – che l’Italia è il secondo paese in Europa per uso di software contraffatti dalle aziende, con un tasso di pirateria che si aggira intorno al 48%, rispetto a una media europea del 34%. Per capire se la pirateria abbia un impatto sulla competitività del sistema-paese e per comprendere quali siano gli effetti specifici dal punto di vista finanziario che i concorrenti sleali generano sulle imprese oneste, i ricercatori del CReSV hanno analizzato le relazioni statistiche tra l’investimento in software e tutte le principali variabili economico-finanziarie delle aziende, partendo dal presupposto che maggiori investimenti in software siano sinonimo di minor ricorso a software illegali.

In primo luogo, dallo studio emerge che vi è una correlazione positiva tra capitale circolante e investimento in software, ovvero che alti livelli di investimenti in software sono correlati ad alti livelli di capitale circolante nelle aziende. Quindi le aziende con livelli più bassi di capitale circolante (che sono quindi più abili nel generare flussi di cassa) ricorrono mediamente di più ai software contraffatti. Questa pratica distorce il mercato, sostengono i ricercatori, poiché le imprese con maggiori livelli di capitale circolante (principalmente le start-up e le imprese giovani), che già tendenzialmente hanno una peggiore situazione finanziaria e maggiori difficoltà a generare flussi di cassa, si trovano a dover fronteggiare una difficoltà in più. Finché le imprese capaci di un elevato autofinanziamento, che è inversamente correlato all’ammontare del capitale circolante, agiscono illegalmente e rendono difficile il compito delle imprese che provano a espandersi, gli effetti dell’utilizzo di software contraffatto saranno negativi per il settore e la generalità degli stakeholder, intaccando la capacità di crescita del sistema nel suo complesso.

Sul fronte della profittabilità dell’uso di programmi pirata e le conseguenze legali alle quali si espongono le aziende, lo studio mostra che vi è un collegamento statistico neutrale tra la struttura finanziaria delle imprese (nel dettaglio, il rapporto tra debiti finanziari e capitale netto) e gli investimenti in software. In altre parole, un investimento in software legale non danneggia l’equilibrio finanziario poiché le società che necessitano di risorse da investire in proprietà intellettuale si approvvigionano proporzionalmente di capitale proprio e di terzi, quindi la struttura finanziaria non viene intaccata. Almeno da questo punto di vista, quindi, usare software pirati non è conveniente, visto invece il forte rischio sul fronte legale.

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