Condividi

Reddito di cittadinanza, mina vagante sui conti pubblici

L’introduzione del reddito di cittadinanza è un salto nel buio per gli equilibri di finanza pubblica: nel bilancio dello Stato entra una nuova voce di spesa di natura permanente, con oneri di difficile previsione ma di sicuro effetto sul debito

Reddito di cittadinanza, mina vagante sui conti pubblici

Come si legge nei buoni manuali di scienza delle finanze, la dinamica di molte spese pubbliche dipende dagli effetti automatici e ampiamente imprevedibili sul bilancio generati dall’esercizio di alcuni diritti del singolo cittadino: così come si esemplifica nel caso del diritto alla tutela della salute e così come ci si dovrebbe predisporre e attrezzare per il caso del reddito di cittadinanza. È infatti un tema trascurato dal confuso dibattito sulle conseguenze finanziarie della legge che ha introdotto il reddito di cittadinanza. Tema per altro coperto dalla polemica sulla TAV che ha distrutto ogni credibilità scientifica relativa all’utilizzo all’italiana dell’analisi costi-benefici come strumento di supporto alle decisioni dei policy maker.

Ma l’incombente salto nel buio per gli equilibri di finanza pubblica è invece garantito, seppure nell’allegrezza generale del governo gialloverde quantomeno nel prossimo futuro, con inevitabili effetti sul perfido rapporto tra incertezza finanziaria e andamento dei tassi sui titoli pubblici.

Qui si rammenta soltanto che, ottenuto il via libera dalla Commissione europea per il finanziamento in deficit del reddito di cittadinanza, è stato messo sotto il tappeto il fatto che nel bilancio pubblico italiano è stata inserita una nuova voce di spesa di natura permanente cui dovrà essere garantita adeguata copertura finanziaria, auspicabilmente evitando di continuare a ricorrere a nuovo debito pubblico. Trattasi di spesa di natura permanente poiché l’esperienza insegna che una volta inserito tale provvedimento nell’armamentario del welfare, diviene politicamente impossibile una sua cancellazione quantomeno nel medio periodo.

Purtroppo, è un onere finanziario di difficile previsione poiché siffatta spesa non sarà governata dal ministro competente in carica, ma dalle diverse opzioni individuali e soggettive dei multiformi soggetti cui la legge ha assegna il diritto di richiedere il reddito di cittadinanza. Soggetti che si differenziano per età, sesso, condizione economica e famigliare, grado di istruzione, attitudine al lavoro, posizione geografica e via elencando, il cui incrocio non potrà che generare una serie di combinazioni che soltanto un apposito sistema informatico potrà gestire e via via correggere e adeguare in base alle prime sperimentazioni. Ma nell’allegria finanziaria della progettazione del provvedimento, di quanto sopra non vi è traccia, essendo anche i navigator persone fisiche e non una rete di calcolatori appositamente programmati e costosi.

In sintesi, il governo gialloverde ha messo nelle mani del popolo italiano un nuovo assegno in bianco che il popolo stesso potrà presentare all’incasso ogni qual volta ritenga di possedere i requisiti per goderne i benefici.

In previsione di una lunga fase di stagnazione dell’economia italiana nessuno si deve sorprendere, né oggi né domani, se sempre più difficile e dolorosa sarà la gestione del debito pubblico, via via crescente in percentuale del Pil: è soltanto il risultato dell’attuale mancato rispetto della legge ferrea che, superata la breve stagione della allegria finanziaria, dovrà guidare la prossima predisposizione del Documento di programmazione economica e finanziaria per gli anni a venire, insieme ai successivi i bilanci pubblici. Riuscirà il governo populista gialloverde ad abbandonare l’allegria finanziaria o preferirà lasciare in mano altrui la patata bollente che esso stesso ha cucinato?

Commenta