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Rebus bad bank, tra numeri e dubbi

Il Financial Times scrive che Letta è contrario al progetto, ma da Palazzo Chigi arriva la smentita – Intanto arriva il nuovo record dei non performing loans stipati nei bilanci delle banche italiane: le sofferenze sono ancora in crescita a dicembre, con un aumento del +24,6% sui dodici mesi contro il +22,7% di novembre.

Rebus bad bank, tra numeri e dubbi

Letta non è mai stato contrario alla bad bank. La smentita al Financial Times è arrivata a metà giornata dalla Presidenza del Consiglio. Oggi il quotidiano della City aveva sostenuto, citando una fonte governativa, che Letta considererebbe l’ipotesi di bad bank controproducente per l’Italia e sarebbe preoccupato per le conseguenze sul rating sovrano. 

“Letta crede che l’idea di una bad bank possa essere controproducente per l’Italia, e teme che questo acceleri il processo di un ulteriore downgrade da parte delle agenzie di rating nel prossimo mese”, ha scritto il Ft, attribuendo la frase a un ufficiale governativo. Non a caso proprio alla fine di questa settimana, venerdì 14, giorno di San Valentino, arriva il temuto aggiornamento del rating Italia da parte di Moody’s. Dopo l’apertura del presidente di Bankitalia Ignazio Visco dal ventesimo congresso del Forex a una soluzione di sistema, il dibattito sulla bad bank si è fatto ancora più vivace.

Anche perché a ribadire l’esigenza di una “valutazione” più che concreta della cosa è arrivato il nuovo record dei non performing loans stipati nei bilanci delle banche italiane: le sofferenze sono ancora in crescita a dicembre con un aumento del +24,6% sui dodici mesi contro il +22,7% di novembre (che ormai viaggiano a quota 156 miliardi di euro). Nel frattempo dal Forex Visco ha ricordato che i prestiti alle imprese, soprattutto quelle più piccole, sono caduti del 9% negli ultimi due anni.

E l’asset quality review non è più solo uno slogan ma una realtà che inizia a essere tradotta in cifre. Per il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, intervistato da Bloombeerg, dall’analisi della Bce sulle banche italiane potrebbero emergere carenze tra i 10-15 miliardi di euro. Si tratta comunque, per Sabatini, di una cifra gestibile e in linea con le stime di Bankitalia. Intanto la nuova supervisione europea affila le armi: “Dobbiamo accettare che alcune banche non hanno futuro. E dobbiamo lasciarle sparire in modo ordinato, senza necessariamente cercare di fonderle con altri istituti”, ha detto Danielle Nouy, presidente del consiglio di vigilanza sul sistema bancario europeo, in un’intervista al Financial Times, sottolineando comunque che le banche europee sono in uno stato di salute migliore rispetto a quello che gli investitori pensano.

In Italia il dibattito sulla bad bank, iniziato ormai tempo fa, si è fatto così in questi giorni più che pressante. Da un lato ci sono le diverse iniziative in ordine sparso che i singoli istituti hanno messo in cantiere (il veicolo interno di Intesa, il progetto di Unicredit e Kkr, e il dossier Mediobanca per altri istituti medio-grandi), dall’altro il dibattito sull’opportunità o meno su una soluzione che possa essere di sistema. Strada che da un lato pone il problema di reperire le risorse (e l’Italia non ne ha) e dall’altro chiama in causale la soluzione adottata dalla Spagna, che è passata per gli aiuti comunitari (con tutto ciò che questo comporta).

Nei giorni scorsi, in un’intervista a FIRSTonline, Adriano Bianchi, Managing Director di Alvarez & Marsal Italia, divisione italiana della società americana di consulenza che è al lavoro sul dossier aperto da Unicredit (con Kkr), ha rilevato che “ipotizzare che si proceda in ordine sparso pare irrealistico” ma che “Parlare di operazioni di sistema però non dovrebbe voler dire garantire la sopravvivenza di tutti i soggetti coinvolti (sia sul lato creditori che su quello dei debitori) e questo, in Italia (il paese dell’Efim, delle società di Stato in liquidazione da oltre 30 anni.), non è così evidente”. E le associazioni dei consumatori già hanno lanciato l’allarme sul rischio che le sofferenze miliardarie vengano addossate sulle spalle dei contribuenti e dei risparmiatori dopo le parole di Visco al Forex.

Visco non ha escluso “interventi più ambiziosi” di quelli finora in cantiere, privati o privato-pubblici, nel rispetto delle norme europee ma non ha spiegato a quali interventi più ambiziosi si riferisse.Anche i banchieri hanno detto la loro. Nei giorni scorsi l’ad di Bnl-Bnp Paribas, Fabio Gallia, ha rilevato che per risolvere il problema delle sofferenze “non servono necessariamente le operazioni di sistema, come l’idea della bad bank”. 

Per Pierfrancesco Saviotti, consigliere delegato del Banco Popolare, la bad bank nazionale “forse è la soluzione”. Saviotti si è detto “stupito” in senso positivo dalle parole del governatore Visco sul progetto “più ambizioso” sulla getsione dei crediti deteriorati. “Questo passaggio mi ha colpito piu’ di tutti – ha detto Saviotti – e fa nascere la domanda: è gestibile una bad bank a livello nazionale? Vediamo, bisogna capire. Se fosse così sarebbe forse la soluzione”. Dal canto suo invece Federico Ghizzoni, ad di UniCredit, rileva che una bad bank potrebbe essere “più utile” per le banche medie e non per banche come Unicredit che “può e deve risolversi i suoi problemi da sola”. “A meno non ci venga offerto qualcosa di veramente interessante noi andiamo avanti per la nostra strada”, ha precisato spiegando di non ritenere che il governatore di Bankitalia Ignazio Visco avesse in mente un intervento pubblico quanto una cooperazione fra banche.

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