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Quirinale: Berlusconi più debole e Draghi avanza

A pochi giorni dall’avvio delle votazioni per il Presidente della Repubblica, i giochi sono tutti aperti ma lo stop di Renzi e la frenata di Salvini spengono quasi del tutto i sogni di Berlusconi, mentre si fa largo l’ipotesi Draghi, anche se trovare un nuovo premier all’altezza delle sfide che attendono il Governo non sarà semplice

Quirinale: Berlusconi più debole e Draghi avanza

A quattro giorni dall’inizio delle votazioni, qualche elemento di chiarezza comincia a spuntare sull’orizzonte del Quirinale, ma le incognite e i nodi da sciogliere non mancano davvero. L’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” da Matteo Renzi il 17 gennaio e quelle diffuse il giorno dopo da Matteo Salvini hanno segnalato un netto indebolimento dell’ipotesi Berlusconi, già all’origine problematica.

Questo non esclude che, mentre si sta, come in queste ore, passando dalla pretattica al gioco effettivo, l’anziano leader di Forza Italia possa ancora far valere il suo peso, specie nell’area di destra, ma certo mette meglio a fuoco le dinamiche della complicata partita politica che comincia dal prossimo lunedì. E qualche segnale significativo potrebbe emergere dal nuovo confronto, previsto per questa sera, dai vertici di questo schieramento.

Un contributo alla chiarezza potrebbe paradossalmente derivare – astuzia della ragione – anche dalla vicenda dei parlamentari e delegati regionali che risultassero positivi al virus; malgrado fosse ampiamente prevedibile, essa è stata affrontata dalla Presidenza della Camera in ritardo e con mano incerta ed ha assunto l’aspetto d’ uno sgradevole rompicapo.

Ma, al di là della scelta di merito che dovrà comunque essere compiuta, è emerso che questa condizione riguarderà una cinquantina di Grandi elettori: un numero abbastanza consistente da tramutarsi in un altro argomento per restringere la scelta solo a personalità in grado di raccogliere un consenso esteso. Infatti, un eletto con un vasto suffragio svuoterebbe di peso la questione positivi e stroncherebbe sul nascere eventuali polemiche o, peggio, contestazioni delle quali non si sente certamente il bisogno.

D’altra parte, è ormai purtroppo evidente che il 2022 sarà un anno molto difficile. Al devastante connubio tra la pandemia e la corsa dell’inflazione si stanno aggiungendo tensioni internazionali sempre più inquietanti, mentre, in Europa, incalza l’esigenza di affrontare nuove regole per la finanza pubblica e la gestione del debito. Tutti temi scottanti, sui quali l’Italia dovrà inevitabilmente operare scelte precise, alle quali, sul piano interno, se ne aggiungono altre ugualmente impegnative. Un sistema giudiziario investito da polemiche inconsuete; un imponente Piano di Ripresa e Resilienza impostato ma da realizzare; lo spread che sale. Per citarne solo alcune.

Di un contesto del genere i cittadini mostrano di percepire le asprezze: un sondaggio della SWG (16 gennaio) segnala che la percentuale di quanti giudicano la situazione economica in peggioramento, pur essendo più bassa di quella di un anno fa, sta rapidamente crescendo. Riuscirà la classe politica ad eleggere un Presidente della Repubblica che abbia quell’alto grado di autorevolezza indispensabile in un simile frangente? Questo requisito scaturisce anche da un esito del voto netto e, auspicabilmente, messo a segno rapidamente. Si tratta di un traguardo che sarebbe stato conseguibile attraverso la conferma di un Capo dello Stato destinatario di una crescente e diffusa fiducia, come l’attuale.

L’aperto diniego espresso da Sergio Mattarella verso una simile prospettiva sarà probabilmente rispettato, salvo ripensamenti che sarebbero del tutto comprensibili nella situazione attuale. Se perciò si deciderà di individuare una personalità diversa, si può sperare che il campo si restringa a pochi eleggibili, fra i quali – come anche il “New York Times” di ieri ricorda – va posto in primo piano Mario Draghi. Una simile scelta non sarebbe priva di controindicazioni perché, di riflesso, renderebbe incerto il futuro del Governo e arduo individuare chi chiamare a presiederlo. Tuttavia, in un’ottica di medio periodo, essa avrebbe il vantaggio non secondario di ancorare l’Italia a scelte di fondo (Occidente, Europa, fiducia nei valori della Repubblica) molto precise.

Si tratta di indirizzi che, beninteso, sono condivisi da numerose altre personalità. Draghi, tuttavia, ispirando con fermezza a questa linea, ormai da quasi un anno, l’azione dell’Esecutivo ha dimostrato che ricondurre ad unità, nell’interesse nazionale, la spinta di forze diverse e, fra loro, spesso ostili, è impresa laboriosa ma realizzabile. Con risultati, va aggiunto, nel loro insieme – pur con qualche limite – positivi. Esprime perciò un valore aggiunto che, anche in una più elevata posizione istituzionale, potrebbe mettere a disposizione del Paese. E che sarebbe, oggi più che mai, sbagliato sottovalutare.

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